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The Walking Dead – Speciale, i videogiochi dedicati agli zombie

Il panorama seriale internazionale è sempre più vario. Eppure, in questo ormai sconfinato universo nel quale è possibile trovare i format più svariati possiamo comunque individuare alcuni mostri sacri. Uno di questi è sicuramente The Walking Dead, serie tv ideata e diretta da Frank Darabont e ispirata all’omonima serie a fumetti di Robert Kirkman, trasmessa sul canale americano AMC e portata in Italia da FOX. La sesta stagione è in procinto di esordire negli USA il prossimo 11 ottobre, mentre il giorno dopo sarà già disponibile nel nostro paese proprio su FOX.

La trama dello show segue il filone del fumetto, pur discostandosi sempre di più dall’opera originale per numero e caratterizzazione di alcuni personaggi. Il vice sceriffo Rick Grimes, ferito gravemente in uno scontro a fuoco, si risveglia dal coma nel caos più totale: un’epidemia sconosciuta, scoppiata già da diverse settimane, è completamente dilagata e i morti, tornati in vita sotto forma di zombie, stanno decimando i vivi. Rick, ricongiuntosi alla moglie e al figlio, dovrà quindi sopravvivere insieme a un gruppo di superstiti in un mondo nel quale non sembra più esserci posto per gli esseri viventi.

Un successo inaudito dovuto alla moltitudine di temi e sottogeneri inglobati sotto il brand dei morti viventi: drama, sopravvivenza, horror, action. Tutte caratteristiche che ben si sposano con i videogiochi survival e sparatutto, ma non solo. The Walking Dead ha ispirato due diverse filosofie e riproposizioni videoludiche, ovvero un FPS e un’avventura grafica: il primo un flop clamoroso, la seconda un capolavoro.

Il mainstream non sempre paga

A inseguire a tutti i costi le tendenze del momento, senza investire seriamente e puntare al top, si rischia soltanto di finire risucchiati in un vortice di mediocrità. È quanto accaduto ad Activision, che nel 2013 ha pubblicato The Walking Dead: Survival Instinct, sviluppato da Terminal Reality su Playstation 3, Xbox 360, PC e Wii U. E, dovendo esprimere un parere personale, a parlare di mediocrità son stato persino gentile.

Si tratta di un first person shooter, ispirato alla serie tv e ambientato poche settimane prima lo svolgimento della storia principale, che ha per protagonisti Deryl e Merle Dixon, due personaggi che i dedicated conoscono molto bene e che non hanno bisogno di presentazioni. Le sembianze e il doppiaggio dei due sopravvissuti rispecchiano quelli originali, poiché Norman Reedus e Michael Rooker hanno prestato il loro volto e la loro voce per lo sviluppo del titolo.

The Walking Dead Survival Instinct Gameplay

Nel corso della storia il giocatore impersona Daryl, anche se nelle prime sequenze di gioco si vestono i panni di suo padre. Il gameplay proposto è un classico del genere, un ibrido tra sparatutto e survival: è possibile spostarsi in mappe molto grandi e scegliere se sgominare gli zombie con armi da fuoco, oppure adottando metodi più furtivi e farli fuori silenziosamente usando coltelli, martelli e qualunque altro tipo di armi bianche. Inutile dire che, essendo un gioco essenzialmente di sopravvivenza, munizioni e oggetti di qualunque tipo sono reperibili in quantità molto ridotte e non è possibile portarne più di un certo numero. Tutto è estremamente ridotto all’osso, persino il carburante necessario per spostarsi da una città all’altra.

Fin qui tutto molto bello, i presupposti sono quelli del gioco che i fan dello show hanno sempre desiderato. The Walking Dead: Survival Instinct ha invece riscosso giudizi negativi su tutti i fronti. Fandom e critica sono stati impietosi con lo shooter dedicato ai fratelli Dixon per una serie di svariati motivi: innanzitutto non ha funzionato il feedback con i giocatori, che hanno ritenuto il gioco obsoleto in tutti i suoi aspetti. Tutte le maggiori testate internazionali gli hanno affibbiato voti molto inferiori alla sufficienza, principalmente per un comparto tecnico deludente e uno grafico ancora peggio. I fan di The Walking Dead, inoltre, hanno lamentato il fatto che il finale del gioco non si sia allacciato in alcun modo alla fiction, pur definendosene un prequel. Bocciato. Torna da Rick, Daryl, sei ubriaco.

Lee e Clementine

Dico solo una cosa: grazie, Telltale Games. Nel biennio 2012-2014 usciva una delle avventure grafiche meglio realizzate di sempre: The Walking Dead: The Game, sviluppato appunto da Telltale Games per Playstation 3, Xbox 360, PC, versione mobile e, in tempi più recenti, anche su Playstation 4 e Xbox One. Questo capolavoro, osannato da critica e fandom, si ispira al fumetto di Kirkman più che allo show televisivo e si compone di due stagioni, composta ognuna da cinque episodi che sono stati rilasciati con una cadenza più o meno mensile. Ogni episodio ha una durata media di 2-3 ore di gioco, per un totale di 12-15 ore di puro spettacolo.

Racconta una storia parallela alla trama principale, con pochi riferimenti ai protagonisti che abbiamo imparato ad amare: nella prima stagione, infatti, è possibile incrociare il proprio cammino con Herschel e Glenn, ma si tratta solo di brevi apparizioni per contestualizzare la trama. Alcune citazioni dei personaggi stessi ci fanno capire, infatti, che l’inizio della storia sia cronologicamente situato poco prima del risveglio di Rick Grimes dal coma, per poi svilupparsi in contemporanea con gli eventi dello show e del fumetto.

È la toccante storia di Lee Everett, un professore universitario che poco prima dell’epidemia viene arrestato per omicidio, e la piccola Clementine. La bimba viene trovata proprio da Lee in seguito a un attacco zombie. Quest’ultimo, impietosito dall’innocenza della piccola (che aspetta da settimane il ritorno dei suoi genitori), decide di portarla con sé e proteggerla dalla imminente fine del mondo. Tra i due si creerà, fin dai primi minuti di gioco, un legame indissolubile e profondo che si protrarrà fino a un finale così struggente, ma al tempo stesso coinvolgente, da meritare un posto tra i dieci più belli dell’intero panorama videoludico. Della trama della seconda stagione non posso parlare nello specifico, altrimenti vi svelerei troppe cose sulla prima: se non l’avete ancora giocato, dunque, fate tesoro delle mie parole e correte a rimediare!

The Walking Dead: The Game non è un’avventura grafica particolarmente degna di nota dal punto di vista tecnico: il comparto grafico, che si basa su uno stile fumettistico chiaramente ispirato a quello dell’opera originale di Kirkman, è tutto sommato pregevole, con bei colori a fare da sfondo a uno scenario post-apocalittico. Nella seconda stagione i modelli dei personaggi e le espressioni dei volti migliorano di molto, giovando alla narrazione e ai dialoghi. Il gameplay si basa su un classico “punta e clicca” in terza persona con una regia fatta di inquadrature molto cinematografiche e poco videoludiche: le sequenze video presentano svariati movimenti di camera, mentre nelle fasi esplorative prevalgono inquadrature fisse.

Ciò che eleva questa serie da tutte le altre (anche rispetto ad altre produzioni Telltale, come Game of Thrones o The Wolf Among Us, che comunque restano delle perle) è la qualità delle scelte che ci mette davanti, ma soprattutto al peso delle loro conseguenze. In una manciata di secondi il giocatore è chiamato a decidere quale vita salvare, in che modo stroncarne un’altra o semplicemente quale decisione prendere per il bene del proprio gruppo. E vi garantisco che ogni strada intrapresa vi corroderà l’animo e vi metterà nella condizione di chiedervi cosa sarebbe successo se aveste agito diversamente: in questo modo sarete portati a rigiocare l’intera serie per scoprire ogni sfaccettatura possibile.

Dopo due stagioni eccezionali sembra che TellTale abbia deciso di puntare sulla produzione di una terza, che dovrebbe essere pubblicata in un generico 2016. Non solo: sembra che sia in progetto, a fare da prequel alla terza stagione, un episodio speciale alla stregua di quello rilasciato a cavallo tra la prima e la seconda, dal titolo 400 Giorni. In questo mini spin-off è stato possibile giocare alcune storyline che il giocatore ha poi reincontrato nella “Season Two”. Insomma, che sia uno spin-off o un titolo principale, l’hype non può che essere alto. Visti i presupposti e soprattutto la qualità narrativa e tecnica dei videogiochi marchiati da questo team di sviluppo, mi viene da (ri)dire solo una cosa: grazie, TellTale.

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