In attesa della nostra recensione di The Order 1886 che arriverà a giorni sulle nostre pagine, abbiamo fatto due chiacchiere con Andrea Pessino, il cofondatore di Ready at Dawn. Gli abbiamo fatto delle domande sul gioco per toglierci qualche dubbio, oltre a qualche stuzzicante curiosità su di lui… e sul futuro dell’esclusiva Playstation 4.
– Durante la demo, ci hai mostrato il minigioco per scassinare le serrature. Quanto questo influisce nel level design? Voglio dire: posso trovare una porta e usare la via scoperta come metodo secondario per raggiungere il mio obiettivo?
Andrea Pessino: No, non influisce tantissimo sul level design. Vorrei che ci fosse più di quello ma in realtà è abbastanza lineare. È un interruzione per farti fare qualcosa di diverso piuttosto che una forte scelta. Se non apri una porta non prendi ciò che trovi dentro, farlo o non farlo non è una grande differenza. Magari nel futuro potrebbe essere così.
– Qual è stato l’ostacolo più grande affrontato nello sviluppo di The Order? E la parte più divertente?
A.P: La parte più difficile è la logistica, è difficile crescere e coordinare il lavoro. Molti si dimenticano che quando vedono questo gioco, ogni singolo poligono è stato creato, ogni texture è stata dipinta, ogni animazione ha voluto attori per il motion capture. Coordinare tutto quanto tenendo presente i limiti economici che hai è di una difficoltà enorme. Più i giochi diventano grandi più difficile diventa.
La parte più divertente sono le sfide che capitano durante il percorso di lavorazione, fare una nuova tecnologia e vederla in azione è stato molto gratificante.
– Qual è il tuo personaggio preferito di The Order? Quale ti affascina di più?
A.P: Il mio preferito è Lafayette, ci sono dei momenti dove è simpaticissimo. Ma anche Galahad, è il più complicato di tutti quanti e quello che attraversa la trasformazione più grossa.
– The Order ha una grafica piena di particolari, mi chiedevo: un’ambientazione ricca di dettaglia non è un problema per un designer, nel momento in cui il giocatore deve sapersi orientare?
A.P: Sì esatto, c’è un sacco di lavoro. Abbiamo avuto problemi in testing perché le persone si perdevano. Anche se non te ne rendi conto, bisogna sempre dare un aiuto al giocare per fargli sapere dove andare, cosa fare, se sparare o meno. I designer spendono un sacco di tempo a cercare di fare in modo che il giocatore non si perda.
– Dal tuo punto di vista personale, questo gioco può cambiare l’idea che il giocatore ha di questo medium?
A.P: Io lo spero veramente. Tutto ciò che volevamo fare è che fosse divertente da giocare ma che avesse anche un impatto dal punto di vista narrativo. Era un esperimento per vedere se era possibile integrare storia e gameplay risultando entrambi soddisfacenti. Se avremo successo o no, questo si vedrà.
– Avete avuto paura di provare a proporre un nuovo prodotto? E quanto è difficile oggi proporre delle novità?
A.P: È difficilissimo, senza dubbio. Una delle grandi cose di Sony è che è uno dei publisher che ha il coraggio di prendere rischi e di investire in progetti come il nostro.
– Considerando il vostro background e il vostro curriculum, passare da una piattaforma come PSP a PS4 – quindi saltando una generazione – cosa ha rappresentato per voi? Quali sono state le difficoltà?
A.P: Quando abbiamo iniziato nel 2003 l’idea di andare con PSP era un’idea intenzionale in modo da far crescere il team in maniera controllata. Al tempo per fare un gioco su Playstation 3 ci volevano 60/65 persone, invece per lavorare su PSP ne bastavano 25. Nessuno di noi aveva mai fondato uno studio di sviluppo e quindi nessuno sapeva cosa fare, è stato meraviglioso iniziare lenti e costruire il nostro futuro in questo modo. Dai 25 di Dexter siamo passati ai 45 di God of War Chains of Olympus, 65 con Ghost of Sparta. A quel punto era troppo tardi per iniziare a lavorare su PS3 pensavamo di avere il talento e il team pronto per affrontare lo sviluppo di un titolo così enorme (riferito a The Order n.d.r). Siamo andati da Sony e gli abbiamo presentato il mondo che Ru Weerasuriya aveva creato, gli è piaciuto molto e da lì è iniziato tutto quanto.
– Andrea, come hai iniziato il tuo percorso nell’industria? Che consiglio daresti a chi vorrebbe entrare nel mondo dello sviluppo di videogiochi?
A.P: L’unica cosa che conta è sapere quello che vuoi fare, avere un’idea chiara di quale è la tua passione. Negli anni 80 non c’era internet, eri tu da solo. Trovare libri era un’impresa, soprattutto in Italia. Oggi è tutto diverso, c’è talmente tanta informazione che il problema è l’opposto. Non sai distinguere le cose utili da quelle inutili. Se vuoi fare giochi tutto quello che hai bisogno è un computer con internet e il desiderio di farlo.
– Noi azzardiamo, magari ci risponderai con un no comment: ci sono possibilità per un God of War su PS Vita?
A.P: Ahm… no. (ride) Non da noi per lo meno.
– E un sequel di The Order?
A.P: Quello dipende da quanto questo venga apprezzato. Ru ha già scritto tutto. La saga è così fantastica che sarebbe veramente deprimente per noi se non avessimo l’opportunità di raccontare il resto di questa storia. Spero che lo faremo.