Quello che leggerete tra poco è un editoriale scritto da Anthony Gatto. Le considerazioni riportate in questo scritto sono prettamente personali e non rispecchiano il pensiero delle altre firme di Kingdomgame.it
Square Enix, da quando ha acquisito il nome attuale, è sempre stata un’azienda abbastanza controversa, certamente creatrice di grandi opere di culto e capolavori della storia videoludica, essendo responsabile per titoli e saghe importantissime come Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dragon Quest, un produttore che in questo senso merita molto rispetto, ma non ha sempre avuto questa faccia così positiva, anzi: la nomea di questa software-house soffre di alcune scelte mal gestite attuate nel passato, anche per via dell’acquisizione di una maggiore importanza nel settore, che ne hanno in piccola parte danneggiato l’immagine. Ad oggi questo atteggiamento è cambiato? La risposta potrebbe non essere positiva, come andremo a vedere in questo lungo editoriale dedicato proprio al colosso giapponese.
Sembrerà sicuramente un concetto già sentito centinaia di volte in merito a questa azienda, ma la gestione delle IP di Square Enix non è e non è mai stata delle più brillanti, soprattutto per quanto riguarda la costanza e il rispetto nei confronti dei videogiocatori; non possiamo non notare il ben noto trattamento riservato alla saga di Kingdom Hearts, con un terzo capitolo che sembra non arrivare mai e una serie di remastered d’intermezzo che paiono inutili e senza scopo alcuno, se non quello di continuare a guadagnare ulteriormente sulle tasche degli appassionati che ancora aspettano questo definitivo suggello alla saga, o un altrettanto lungo rinvio per Final Fantasy XV che ha portato ad un rilascio disastroso sul mercato (ma di questo parleremo più avanti).
Ciò – molto probabilmente – è dovuto alla grande consapevolezza e potenza di questa software house, che dalla sua parte è un publisher che sotto la propria ala ha un sacco di sviluppatori che portano un importante profitto all’azienda, grazie a titoli del calibro di Tomb Raider, Hitman, lo stesso Deus Ex, Just Cause e molte altre serie di grande fama e prolificità. Questa agiata situazione economica permette a Square Enix di adagiarsi abilmente sulla sua attività da publisher, senza dover necessariamente concentrare le sue forze sullo sviluppo, o almeno non in quantità così elevata, e permettersi di trascurare per lungo tempo determinati progetti anche importanti. Questo comportamento però va a scapito degli utenti, che continuano invano ad attendere uscite importanti che poi non avvengono o quando lo fanno sono troppo tardive per mantenere l’hype generale, eccezion fatta proprio per Final Fantasy XV.
E’ una manovra sicuramente usata ed abusata da tante altre aziende nel settore, ma questo non giustifica un atteggiamento poco professionale ed inadeguato da parte di un colosso di tale rilevanza come questa azienda, che per altro spesso si rifiuta di dare spiegazioni o motivazioni valide alla continua dilazione temporale dei propri titoli, molto probabilmente per le motivazioni di cui sopra. Disattendere le attese o non dare voce ai dubbi degli utenti è sempre un cattivo segno, perché cela qualche problema interno che non è dato sapere e comunque manifesta una grave mancanza di chiarezza, noncurante della costruzione di un rapporto con chi di fatto supporta e aiuta l’azienda stessa a vivere. Questo è il primissimo segno di una cattiva gestione dei propri prodotti, che parte direttamente dall’interno e che si rifrange inesorabilmente sul consumatore, che si ritrova spaesato e confuso davanti ad una palese indecisione aziendale ormai ben nota, che a sua volta trasmette la mancanza di un’identità creativa e produttiva, cosa molto grave per una realtà così tanto rilevante nel mondo videoludico.
Proprio parlando di identità creativa, un altro dei gravi problemi che attualmente affliggono Square Enix è proprio una latente mancanza di spinta creativa nel corso degli ultimi anni, ed è quindi un discorso che si espande ben più indietro nel tempo rispetto agli ultimi mesi, come abbiamo visto sopra. Facendo qualche esempio pratico anche qui, il calo qualitativo della saga di Final Fantasy dal capitolo XIII in poi è ben conosciuto da tutti, ma anche i capitoli intermedi citati sopra di Kingdom Hearts che hanno saputo offrire ben poco di significativo alla serie sono un esempio lampante di questa crisi creativa, un aspetto forse ancora più preoccupante che si aggrava ulteriormente quando ci rendiamo conto che esso stesso va ad influenzare altri aspetti dello sviluppo di un videogioco, se parliamo dell’attualità di Square Enix.
Torniamo a Final Fantasy XV, in questo caso, perché ricade perfettamente all’interno di questa categoria ed è l’esempio più recente di cui possiamo parlare: forse molte persone non lo sanno, ma quest’ultimo capitolo della saga è stato sviluppato per ben 10 anni, ben prima di questa attuale generazione videoludica. Le numerose problematiche produttive legate alla creazione del gioco e a problemi tecnici hanno portato lo stesso titolo ad essere sviluppato da zero nel 2012, a causa anche del cambio totale dell’intera build strutturale del gioco, del team interno di sviluppo e del game director, che passò da Tetsuya Nomura ad Hajime Tabata, arrivando quindi a fine novembre 2016 con la pubblicazione finale del titolo. Il risultato? Il gioco, seppur apprezzato in molteplici sue componenti, viene ancora oggi considerato un lancio disastroso, e tra le cause dobbiamo considerare il famoso “cut content” che tagliava molteplici parti della storia del gioco e lo rendeva di fatto incompleto, molte meccaniche poco rifinite o deludenti e un open-world molto limitato per via dell’omissione totale di alcune zone di gioco inizialmente esplorabili, ma che per via di uno sviluppo affrettato non hanno visto la luce.
Tutto questo rappresenta un significato molto preciso e che è importante ricordare al fine di comprendere questo concetto: una pessima gestione interna del proprio lavoro, del personale e una mancanza di obiettivi aziendali che compattino la visione d’insieme e diano forza ai progetti sviluppati, non potranno far altro che avere sempre conseguenze negative, perché uccidono l’arte, la creatività e la libertà delle proprie risorse umane, creando dei mostri che, oltre a dare un indelebile precedente, affossano delle belle idee e sprecano delle opportunità, non solo di fare bene, ma di lavorare bene e serenamente, e non potrebbe esserci cosa peggiore in un gruppo di persone che collaborano per un unico obiettivo. Certo, parte di queste parole potrebbe essere trasportata da un senso di nostalgia nei confronti dei cosiddetti “tempi d’oro” in cui chiunque invidiava Square Enix, ma è proprio per questo e per ciò che potrebbe fare che sono profondamente dispiaciuto del periodo che stia passando sotto questo punto di vista.
Insomma, il quadro generale non lascia spazio a molti spiragli di luce ed è davvero difficile vederne se consideriamo il declino che la società ha percorso e sta percorrendo, e soprattutto a che cosa ha portato fino ad ora. Ci sono molte cose che letteralmente non funzionano e che hanno mandato in tilt la struttura lavorativa, finendo per influenzare anche il processo creativo, portando a problemi che purtroppo non si fermano qui e che dovranno essere doverosamente trattati nella seconda parte di questo lungo editoriale, in cui parliamo ed analizziamo la lenta ma poderosa discesa qualitativa di una software-house un tempo grandissima, che deve ritrovare la propria identità per tornare ai fasti di un tempo.