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Nel corso degli ultimi anni, in molti hanno tristemente denotato una sempre minor cura in uno tra i brand automobilistici più amati dai videogiocatori, ovvero Need for Speed. Dopo capolavori di elevato spessore quali Most Wanted ed Underground 2, la serie si è infatti incagliata in una lunga sequela di dimenticabili rivisitazioni fino a spingersi verso quello che, a mio modesto parere, rappresenta il punto più basso mai raggiunto con l’opera di EA, ovvero quel The Run che con così tanta impassibilità riuscì a rovinare quanto di buono era stato fatto in quasi vent’anni, un prodotto talmente privo di mordente che gli sviluppatori finirono con l’inserire dei QTE per cercare di aggiungere qualcosa di nuovo, indipendentemente dal risultato finale.
Oramai si era persa l’idea di sfida, le possibilità di tuning si facevano man mano sempre più limitate e minimali mentre lo stesso concetto di corsa clandestina stava venendo meno. In una situazione così drammatica, era ovvio che in milioni di fan da tutto il mondo scoppiasse un pessimismo generale a dir poco dilagante; oramai nessuno credeva più nella possibilità di ritrovarsi tra le mani un vero Need for Speed che fosse degno di questo nome. Nel corso dell’E3 2015, però, Electronic Arts riuscì nel non facile compito di far sussultare tutti i suoi fan con l’annuncio di Need for Speed, reboot della serie che avrebbe dovuto riportare il brand ai fasti di un tempo. Arrivati oramai a pochi giorni dall’uscita ufficiale del gioco, però, non ho potuto fare a meno di chiedermi quante delle promesse fatte cinque mesi fa siano state effettivamente mantenute e quante, al contrario, potrebbero essere già state infrante senza alcuna pietà.
Nel corso dei diversi annunci divulgati e delle prove effettuate sul campo nel corso dei mesi che ne hanno preceduto l’uscita, è stato possibile approfondire numerosi degli aspetti su cui poggia tutta l’esperienza di Need for Speed. In primis, la narrazione offerta dal gioco è stata affidata a filmati d’intermezzo tra una gara e l’altra realizzati con attori in carne ed ossa. Non semplici pixel con i quali interagire, insomma, ma veri e propri volti in grado di donare una maggior espressività e profondità alle vicende narrate, in un turbinio di eventi che risultano interessanti già solo dalle premesse, seppur il tutto si baserà comunque sulla classica scalata verso il successo che ci vedrà sconfiggere corridori sempre più rinomati fino a diventare una vera e propria leggenda nel campo delle corse clandestine. Quando il gioco fu annunciato, inoltre, gli sviluppatori vollero puntualizzare con forza il loro scopo, ovvero realizzare un titolo nel quale il videogiocatore potesse riscontrare tutti i punti di forza che da sempre hanno contraddistinto il brand.
Innanzitutto, non si può non nascondere che le possibilità di personalizzazione della propria vettura sono praticamente infinite. Dai cerchioni al cofano, dal motore al parafanghi fino ad arrivare agli specchietti, gli i ragazzi di Ghost Games hanno inserito infinite possibili variabili per permettere al videogiocatore di realizzare la macchina dei suoi sogni. Unica nota stonata riguardo questo aspetto è rappresentata dalle affermazioni di alcuni membri della sfotware house, i quali hanno affermato che ogni bolide, anche quello più debole ed insignificante, potrà raggiungere livelli di potenza inauditi, fattore da non sottovalutare poiché potrebbe portare il videogiocatore di turno a prediligere una singola macchina per tutta la sua partita senza che si provi mai una qualsivoglia spinta a cambiarla. Anche a livello d’ambientazioni ci troviamo in un pericoloso mix di luci ed ombre. Da una parte, infatti, troviamo texture delle vetture e delle ambientazioni magistralmente realizzate, riflessi a dir poco perfetti e giochi di luci ed ombre al limite del fotorealismo, ma dall’altro lato dovremo fare i conti con una città immaginaria (tale Ventura Bay) piuttosto anonima, spoglia, con strade semi-desertiche e, soprattutto, colpita sempre e comunque dai raggi della Luna. Nel gioco, infatti, non vedremo mai la luce del Sole e questo fattore, alla lunga, rende l’intero mondo di gioco piuttosto statico e monotono.
È quando si arriva a parlare del puro e semplice gameplay che, però, le cose si fanno quantomeno preoccupanti. Il gioco, infatti, non sembrerebbe essere in grado d’offrire una gran quantità di eventi diversificati tra loro, con un senso di generale monotonia che è possibile avvertire fin dall’inizio della propria partita. Il tutto viene poi ulteriormente accentuato dalla presenza, in gara, di vetture che a livello di potenza e di prestazioni si equivarranno sempre tra loro. Il vero problema, però, è rappresentato da ciò che, dal mio punto di vista, rappresenta un insulto nei confronti di qualsiasi titolo automobilistico degno di questo nome, ovvero l’effetto elastico. Per chi fosse poco avvezzo in materia, l’effetto elastico rappresenta un particolare metodo di gestione dell’intelligenza artificiale atto a ridurre le distanze tra noi e i nostri avversari nei diversi eventi intraprendibili.
In tutte le dimostrazioni che gli sviluppatori hanno messo in mostra, infatti, è possibile denotare una generale facilità nel superare le vetture che poi, inspiegabilmente, ci superano con eccessiva semplicità non appena si raggiungono le prime posizioni, solo per poi farsi inspiegabilmente riprendere nei pressi del traguardo. Tale scelta è dettata dal volere degli sviluppatori di realizzare un titolo dove ogni gara sia combattuta dall’inizio alla fine, ma dal mio punto di vista non posso fare a meno di vedere il tutto come una sorta d’inganno nei confronti del videogiocatore che, indipendentemente dalle sue abilità, non potrà mai riuscire a raggiungere e mantenere la prima posizione di una qualsivoglia gara.
In un titolo facente parte di un brand tanto importante come quello di Need for Speed trovo a dir poco imbarazzante che gli sviluppatori debbano ricorrere a tali mezzi per aggiungere un po’ di pepe alla loro opera. Se già ai tempi stroncai tale scelta con il fallimentare The Crew, ora non posso fare a meno di definirmi, se non disgustato, quantomeno tradito dai ragazzi di Ghost Games. Ovviamente, e ci tengo a specificarlo, quelle che state leggendo sono solo le considerazioni di un videogiocatore che non ha potuto approfondire ogni particolare del gioco in questione, il quale sembrerebbe anche avere diversi problemi di frame-rate su console Xbox One, ma le premesse che sono state messe in luce dal team di sviluppo, il quale ha anche confermato che sarà necessario rimanere perennemente connessi online per poter giocare, non hanno fatto altro che alimentare i miei già enormi timori sul titolo.