Quando viene a mancare la libertà di giocare, viene a mancare anche il divertimento.
Negli ultimi anni abbiamo avuto, grazie alla spinta nostalgica, un quantitativo immenso di prodotti ripescati dai ruggenti anni ’90. Nei cinema abbiamo quindi potuto assistere al ritorno dei Ghostbusters in salsa femminile o di un nuovo capitolo di Jumanji, mentre nei videogiochi abbiamo visto il ritorno di icone oramai scomparse dai radar come Crash Bandicoot e Spyro che, grazie ai remake sviluppati da Activision, detentore dei diritti di questi due personaggi, sono tornati nelle menti e nei cuori dei videogiocatori ormai adulti.
Ed è proprio Spyro il principale soggetto di questo articolo, non per elogiarne l’elaborato bensì per analizzare criticamente il contenuto di questo gioco e della linea aziendale di Activision.
Il primo punto su cui vorrei far luce è il grave errore da parte di Activision relativo alla mancata aggiunta di sottotitoli, problema che nelle ultime settimane ha mobilitato la rete sollevando diverse polemiche in merito alla scelta della casa produttrice. Le critiche mosse dal popolo del web non riguardano tanto l’esperienza videoludica del giocatore medio, ma hanno lo scopo di far comprendere all’azienda di Santa Monica che la vera vittima di questa mancanza è colui che, di fatto, “giocatore medio” non è.
A chi mi riferisco con “giocatore medio”? Parlo di un insieme di persone comprese tra i 10 ed i 50 anni che non possiedono nessun problema a livello mentale o fisico per continuare a coltivare la loro passione. Non esistono per questi giocatori delle “barriere videoludiche” (passatemi il termine) da superare e per questo possono tranquillamente rilassarsi davanti al televisore col joystick alla mano. Dall’altra parte però, esiste tutta una serie di persone che amano i videogiochi, vogliono coltivare il medium videoludico, ma che per una disabilità (o handicap) non possono farlo.
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Prendendo in esempio il caso della trilogia remake di Spyro, la necessità di sottotitoli è obbligatoria per tutti coloro che hanno problemi uditivi, tutt’ora il 15% della popolazione americana sopra i 18 anni riscontra questa problematica, ciò non toglie che proprio questa minima percentuale potrebbe essere la prima a voler sfruttare appieno quello che l’industria videoludica ha da offrire.
Eppure Activision si è mostrata, attraverso un comunicato, completamente contraria a questa politica, nascondendosi dietro alla banale scusa che non ci siano degli standard nei videogiochi per quanto riguarda il settore dei “sottotitoli”. Qualcosa di inammissibile da sentir dire da parte di un’azienda così importante, considerando che molti sviluppatori – sotto un articolo di Dualshockers che riportava il comunicato dell’azienda – hanno rivelato che ci vogliono dai 3 ai 5 giorni per aggiungere dei sottotitoli, confermando come la scusa di Activision non sia assolutamente valida.
E non è solamente Activision Blizzard alla gogna, anche Pokemon Company ha dimostrato attraverso il suo ultimo Pokemon Let’s GO Pikachu & Eevee di non aver assolutamente pensato, durante lo sviluppo, a una parte di giocatori che potrebbero avere problemi a lanciare pokèball o joycon verso il televisore.
La soluzione di questo contesto è tanto semplice quanto dei sottotitoli, basterebbe dare la possibilità al giocatore di rimappare i tasti, evitando così di utilizzare una feature utile solo all’immersione. Lo stesso Austin Creed, lo youtuber e wrestler americano della WWE, si è lamentato attraverso il suo profilo Twitter di questa imposizione da parte di Let’s GO nel dover utilizzare obbligatoriamente il braccio per tutta la durata dell’esperienza, esprimendo il bisogno di lasciare maggiore libertà ai giocatori di adottare espedienti più adatti alle loro esigenze.
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La prima azienda a rivolgersi a questo tipo di videogiocatori e a sensibilizzare questa libertà è stata sicuramente Microsoft, che ha rilasciato quest’anno (estate 2018) un controller che si adegua a qualsiasi tipo di handicap, una mossa lodevole che ha sicuramente regalato gioie a quelle persone che prima potevano unicamente giocare con joystick alternativi, non sempre compatibili o adatti al loro problema.
Se vogliamo però vedere ancora prima dell’adaptive controller di Microsoft, possiamo prendere in causa il PC come vero e proprio capostipite di questa sensibilizzazione. La possibilità di poter cambiare e gestire i vari tasti di un gioco permette infatti alla persona portatrice di handicap una miglior gestione della propria partita e anche se molte delle personalizzazioni non sono perfette, è un primo passo verso un lasciapassare incredibile.
Per chi stesse leggendo questo articolo e per gli sviluppatori di videogiochi in erba, suggerisco 3 video del giornalista videoludico inglese Mark Brown, che sul suo canale Youtube consiglia e guida in questa implementazione. I 3 video possono essere ricercati come “Designing for Disability” e toccano problemi uditivi, motori e anche di daltonismo.
Confido che questo articolo possa essere stato utile a molti per comprendere appieno quanto gesti come quello di Activision e Pokèmon Company siano errati e facilmente risolvibili e che, in un futuro prossimo, qualsiasi tipo di giocatore potrà avere piena libertà senza alcun genere di complicazione.
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