Quando nell’ormai lontano 1984 venne rilasciato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo Ghostbusters – Acchiappafantasmi, nessuno si sarebbe mai potuto immaginare un successo di così ampia portata. L’opera immaginata da Ivan Reitman, tanto semplice nella sua idea di fondo quanto geniale nella sua realizzazione sul grande schermo, riuscì a conquistare il cuore di milioni e milioni di spettatori, un piccolo capolavoro del cinema che ancora oggi risulta capace di far mangiare la polvere a numerose pellicole dal budget hollywoodiano. Ovviamente, un successo planetario di tale portata non poteva che portare ad uno sfruttamento intensivo del brand, tra gadget, giocattoli e videogiochi.
Come però è ormai purtroppo noto, ben pochi titoli tratti da pellicole cinematografiche sono stati capaci d’impressionare critica e pubblico, costretti a dover fare i conti con tempi di sviluppo spesso fin troppo limitati uniti a finanziamenti non sempre entusiasmanti che ne hanno gravemente compromesso lo sviluppo, con risultati tutt’oggi a dir poco imbarazzanti. Con l’arrivo del nuovo film dei Ghostbusters in salsa femminile, abbiamo quindi deciso di ripercorrere la lunga storia videoludica degli acchiappafantasmi più famosi di sempre, tra qualche successo inaspettato e numerosi fiaschi fin troppo prevedibili.
Volendo andare a trattare il ricco assortimento di titoli con protagonisti i nostri amati eroi di Manhattan, risulta impossibile non citare Ghostbusters, titolo del 1984 sviluppato da David Crane per Commodore 64 in sole sei settimane per poi essere trasposto anche su Atari 2600, Sega Master System e NES.
Il gioco ricevette critiche piuttosto variegate, tra chi lo definì un’opera di qualità e chi, al contrario, lo sconsigliò vivamente. Indipendentemente dalle opinioni della stampa specializzata, comunque, fu il pubblico di videogiocatori ha decretare un buon successo di vendite per Ghostbusters, che ancora oggi viene considerato da alcuni un piccolo cult.
L’idea alla base del titolo ci vedeva intenti a gestire le entrate economiche della squadra di acchiappafantasmi, chiedendo prestiti monetari alle banche con cui acquistare attrezzature e veicoli per andare a caccia di mostri sparsi per tutta la città, mostri che una volta catturati ci avrebbero fatto ottenere ingenti somme di denaro da sfruttare per ripagare i debiti impostici nel corso del gioco.
Nonostante il generale apprezzamento, è interessante notare come la sua riedizione per NES sia stata aspramente criticata a causa di numerose problematiche, più o meno estese, che ne hanno gravemente compromesso la godibilità generale, tra controlli imprecisi, assenza totali di qualsivoglia riferimento alla pellicola originale e numerosi errori grammaticali a dir poco tragicomici.
A seguito del buon successo ottenuto da Ghostbusters in termini di vendite, non ci volle molto prima che qualche altra software house tentasse la fortuna sfruttando il marchio ed infatti, nel 1987, fu il turno della compagnia giapponese Data East, la quale rilasciò The Real Ghostbusters, gioco arcade basato sulla serie animata degli acchiappafantasmi. Il titolo, in seguito rilasciato anche per Amiga, Amstrad CPC, Atari ST, Commodore 64, e ZX Spectrum, permetteva a tre giocatori d’impersonare i tre protagonisti del cartone animato, ognuno dei quali distinguibile per il diverso colore dei vestiti, con il compito di catturare tutti i fantasmi presenti nei 10 livelli che componevano il gioco.
Merita una menzione speciale la versione giapponese del titolo, intitolata Meikyū Hunter G, per le numerose differenze presenti con quella occidentale. In particolare, solo fino ad un massimo di due utenti potevano giocare contemporaneamente, le armi utilizzabili erano presenti in numero maggiore, così come più variegato era il numero di nemici, i livelli di gioco vennero completamente rivisti e, soprattutto, venne eliminato qualsiasi riferimento a Ghostbusters in quanto la società sviluppatrice non poté acquistare i diritti necessari per mancanza di fondi.
Con il successivo arrivo nel 1989 di Ghostbusters II nei cinema di tutto il mondo, seguito del primo Ghostbusters accolto freddamente dalla critica a cui fece però capolino un successo d’incassi al box office senza precedenti, Activision volle prendere la palla al balzo e sfruttare il più possibile la risonanza di un tale successo pubblicando Ghostbuster II su DOS nel 1989, solo per poi approdare successivamente anche su NES e Game Boy. Esattamente come per il film, però, neanche il videogioco riuscì ad impressionare la critica, la quale non apprezzò la brevità del titolo e la sua estenuante difficoltà, in particolar modo nella versione NES, da alcuni ritenuta addirittura impossibile da completare.
A partire dai primi anni 2000, Light and Shadow Productions diede ufficialmente inizio alla trilogia Extreme Ghostbusters, apprezzata serie videoludica nata nel 2001 con Extreme Ghostbusters per Game Boy Color, divenuta famosa con Extreme Ghostbusters: Code Ecto-1 per Game Boy Advance e conclusasi con Extreme Ghostbusters: The Ultimate Invasion per Playstation 1, tre titoli che ai tempi furono capaci di guadagnarsi una considerevole fetta di fan.
Dopo una breve e dimenticabile parentesi per mobile con Ghostbusters, titolo uscito nel 2006 e attribuibile al genere dei puzzle-game, è però nel 2009 che l’IP videoludica degli acchiappafantasmi acquisisce nuova linfa vitale grazie all’uscita di Ghostbusters: The Videogame. Il gioco, sviluppato da Terminal Reality ed approdato su Playstation 3, Xbox 360, PC, Nintendo DS e Wii, non solo ricevette critiche estremamente positive dalla stampa specializzata, ma riuscì a conquistarsi l’amore indiscusso di milioni e milioni di videogiocatori che, ancora oggi, definiscono tale opera come il terzo film della serie Ghostbusters che tutti hanno sempre sognato ma che nessuno ha mai avuto la fortuna di vedere.
Il gioco, dalla formula di gameplay similare ad uno sparatutto in terza persona, ci avrebbe visto impersonare i panni di una nuova recluta appena entrata a far parte del gruppo che, desiderosa d’imparare tutti i segreti e trucchi del mestiere, avrebbe dovuto aiutare i nostri impavidi eroi nella liberazione della città di New York da tutte le forze ultraterrene improvvisamente apparse e pronte a far danni.
Il titolo venne particolarmente apprezzato per le infinite citazioni ai film precedenti, per un gameplay semplice ma appagante, per il doppiaggio inglese a cui hanno partecipato gli attori originali dei film e, in particolar modo, per la sua capacità di mantenere intatto il feeling provato guardando le pellicole cinematografiche. Dopo il meritato successo ottenuto dal titolo, nel 2011 si ritentò il colpaccio con il rilascio di Ghostbusters: Sanctum of Slime, titolo disponibile solo in digital download su Playstation Network ed Xbox Live e rappresentante un vero e proprio seguito di Ghostbusters: The Videogame.
Il gioco, però, si rivelò essere un fiasco sotto ogni fronte, tra valutazioni fortemente insufficienti della critica specializzata ed insulti tra i più variegati da parte del pubblico, un violento odio generale venutosi a creare per colpa di protagonisti scialbi, meccaniche di gioco frustranti e livelli incredibilmente ripetitivi. Il terribile responso di critica e pubblico nei confronti di Sanctum of Slime spinse numerosi sviluppatori a frenare possibili progetti riguardanti l’IP di Ghostbuster, la quale però si arricchì comunque di due ulteriori titoli che in pochi ricorderanno, ovvero Ghostbusters: Paranormal Blast e Ghostbusters Pinball, entrambi per dispositivi mobile. Tornati ai giorni nostri, e quindi all’uscita del nuovo film di Ghostbusters, non possiamo non citare l’ultimo titolo di questa lunga lista, per l’occasione intitolato proprio Ghostbusters.
Il gioco, sviluppato da Activision per Playstation 4, Xbox One e PC e da noi recensito proprio in questi giorni, rappresenta a tutti gli effetti un tie-in del film appena uscito nelle sale, ponendosi come suo diretto seguito. Nonostante le speranze di qualche fan nostalgico desideroso di tornare a cacciare fantasmi, risulta impossibile non constatare il pessimo lavoro svolto dalla software house, la quale ha dato vita ad un titolo spaventosamente lento, banale in tutte le sue meccaniche di gioco, ricco di bug e capace di far sfoggio di un umorismo spesso quanto un foglio di carta, il tutto aggravato da protagonisti poco caratterizzati e da un design dei livelli completamente da rivedere.
Insomma, siamo davanti all’ennesimo tie-in rilasciato in concomitanza di un film e sviluppato con l’unico obiettivo di sfruttare il momento d’euforia generale che il film ha generato, un vero e proprio spreco di tempo e denaro.