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Recensione

Trials of the Blood Dragon – Recensione, moto, neon e draghi

Un'espansione deludente che non rende giustizia a Blood Dragon

Trials Fusion, nel suo primo periodo di rilascio, fu per me una sorpresa molto più che gradevole: vedere una serie di titoli originariamente per smartphone passare su console e PC era un passo avanti enorme anche per gli sviluppatori, che esordirono su piattaforme casalinghe con un gioco divertente, ben fatto e piuttosto longevo, che riusciva a non tradire il cuore pulsante dei giochi precedenti portando anche un livello di sfida piuttosto alto e un comparto visivo di tutto rispetto.

Un po’ di tempo dopo, all’E3 2016, è stata annunciata la prima espansione ufficiale del gioco, Trials of the Blood Dragon; ne rimasi in realtà piuttosto indifferente e anzi abbastanza dubbioso in merito: come si fa a prendere a piene mani qualcosa di facente parte di un’altra IP – parliamo ovviamente del meraviglioso standalone di Far Cry 3: Blood Dragon – e portarlo di forza in un altro universo videoludico? Mi sembrò una mossa forzata e come vedremo nella recensione i miei dubbi sono stati confermati.

Mark VI, a rapporto!

Il titolo figura il nome Blood Dragon, infatti la sua storia è un vero e proprio seguito della narrativa dell’espansione di Far Cry 3: andremo ad interpretare, in questa occasione, i figli del leggendario Rex Colt, ormai trasformatosi infaustamente in un militante comunista, che dovranno scoprire come mai il loro amato padre abbia preso tale strada, combattendo di nuovo i V-Kong in una nuova ed iper-tecnologica Guerra del Vietnam e scoprendo anche loro di avere il “Blood Dragon”

Che bravi ragazzi!

La storia è ovviamente molto semplice e anche il suo svolgimento è diretto e senza fronzoli. Nonostante ciò, la storia in sé, pur venendo sempre narrata con le classiche cutscene disegnate ed animate, presenta qualche problema, non riuscendo ad avere lo stesso carisma e la stessa carica caciarona e citazionista della precedente trasposizione, nemmeno i personaggi riescono a colpire particolarmente.

Slayter e Roxanne non sono particolarmente stereotipati, ma sicuramente mancano di una caratterizzazione forte e smaccata che li renda memorabili, rimanendo anonimi e non lasciando alcun segno alla fine dell’esperienza. Si nota molto anche l’assenza di battute o picchi di scrittura sagaci e davvero comici, quindi mettetevi l’anima in pace, amanti del primo Blood Dragon: il rollercoaster di umorismo macho di Rex Colt qua non c’è. Notiamo quindi come già in termini di sceneggiatura ci siano parecchie potenzialità sprecate.

Rombi di moto e… spari?

Arriviamo al discorso gameplay, che è quello che si nota maggiormente all’interno dell’esperienza complessiva. L’espansione nello specifico, essendo essenzialmente story-driven, sarà giocabile esclusivamente in singolo giocatore, scelta sicuramente funzionale alla storia e adatta alla tipologia di standalone che si è andata a creare.

Nel gioco ci troveremo davanti all’interfaccia iniziale, la vera e propria camera da letto dei pargoli Colt, in cui potremo navigare e avere accesso non solo alle missioni che andremo ad affrontare, ma anche ai collezionabili acquisibili con risultati ottimali in gioco – delle vere e proprie figurine che andranno a completare un album -, le varie traccie audio sbloccabili dopo ogni missione, i costumi sbloccati e la nostra “Bestia Interiore”, un piccolo pet aggiuntivo che si evolverà di missione in missione salendo di livello; un’aggiunta irrilevante, ma simpatica.

Inoltre, ritorna da Trials Fusion la classica valutazione di ogni singola missione, che andrà dalla A alla F e sarà calcolata come sempre in base ai parametri di velocità con cui finiremo il tracciato e il numero di tentativi che impiegheremo per portarlo a termine. Quindi anche qui, tra collezionabili, tempi record e valutazioni c’è del buon materiale per tutti i completisti.

Una situazione in sospeso!

Parlando invece nello specifico del gameplay sono state fatte alcune aggiunte atte ad amplificare l’esperienza di gioco. Di base rimangono sempre le classiche meccaniche di gioco: ci troveremo a correre con le nostre moto tracciati folli e con un design al limite dell’impossibile, con salti spericolati, giravolte enormi e pericoli in ogni dove pronti ad ostacolarci. Queste sono le fasi migliori, perché riescono a riproporre fedelmente l’esperienza di Trials Fusion, divertendo parecchio ed offrendo una sfida costante, ma ubriacante e piena di sorprese all’interno dei vari tracciati.

In queste fasi di gioco sono state aggiunte un paio di varianti, come la possibilità di usare un rampino atto a raggiungere punti particolarmente alti o lontani in zone strategiche con appigli appositi o la possibilità di sparare ai nemici che ci troveremo davanti, piccole novità che in queste sezioni di gameplay non stonano e sono ben integrate.

I problemi gravi cominciano a sorgere quando entriamo nella “seconda” fase di gioco: quella platform Sì, perché in questa espansione sono state aggiunte delle sezioni in 2D dove dovremo farci strada superando ostacoli, uccidendo nemici, saltando e attivando piattaforme. Queste sono le fasi peggiori, che per altro occupano circa la metà di tutto il gioco. Quella che già sulla carta sembra essere una mossa azzardata e poco adatta alla tipologia di gioco, in pratica diventa ancora peggio: il design delle stesse è spesso elementare o molto semplice, ma il problema principale si radica nell’esecuzione di tutto ciò; le animazioni sono brutte da vedere e spesso legnose, creando copiosi momenti di ingiustificata frustrazione e di staticità non indifferente, facendoci morire più e più volte.

Inoltre, queste fasi smorzano tantissimo il ritmo generale del gioco, che passano da quello indiavolato delle fasi in moto a quelle lente e stantie del platform. Persino le boss-fight mancano di carica epica e sono spesso anonime, non lasciando alcun segno. Le potenzialità per creare un diversivo interessante erano anche buone, ma gli sviluppatori si sono persi in uno sviluppo di queste parti molto approssimativo e decisamente manchevole, come se tutto ciò fosse creato solo per differenziare quest’espansione dal titolo originale e dare un contentino (decisamente non consono) ai giocatori. Se a ciò aggiungiamo anche una longevità davvero vergognosa anche per un’espansione – siamo intorno alle sole 4/5 ore -, si ottiene un quadro generale non proprio roseo.

Ci troviamo quindi davanti a due facce opposte del gameplay: da una parte delle fasi più classiche, ben fatte, divertenti e piene di idee sia di gameplay che di level design e dall’altra un tentativo mal riuscito di offrire qualcosa di diverso dal classico. Anche qui, occasioni mal sfruttate ed esperienza stroncata a metà.

Dammi un po’ di neon, baby!

Se c’è un vero punto positivo per Trials of the Blood Dragon, risiede sicuramente nel suo comparto tecnico. Qui probabilmente sono stati beccati tutti i punti giusti, in quanto al di là della presenza dello stesso motore di gioco di Trials Fusion – quindi una resa grafica davvero gradevole – il gioco ripropone in maniera molto fedele l’estetica già vista nel primo Blood Dragon, regalandoci un stile visivo tempestato di colori al neon e ambientazioni futuristiche anni ’80 “alla Tron”, inframmezzate dalle già citate fasi narrative caratterizzate da filmati d’intermezzo disegnati ed animati in maniera molto buona e spot pubblicitari, realizzati per l’occasione, tipici del periodo storico.

Ritroviamo la pulizia visiva e il colpo d’occhio di buon impatto già visto in Fusion, le texture sono ben rifinite e si notano poche sbavature nel lato tecnico. Come già detto, il level design e gli ambienti in alcuni punti sono davvero folli ed ispirati, pieni di soluzioni visive e concettuali grandiose e usi di prospettive e ambientazioni che avevano reso grandi e geniali i tracciati dei precedenti capitoli. A tutto ciò si aggiunge un’ottimizzazione davvero buona, che permette anche a PC di fascia più bassa di reggere il gioco in maniera fluida senza sacrificare troppo la definizione visiva.

Un amorevole cucciolo di Blood Dragon!

Non finisce qui, perché dobbiamo necessariamente parlare anche dell’ottimo comparto sonoro, che non si limita soltanto ai rumori di ambiente o il doppiaggio in inglese – comunque entrambi molto buoni – ma si estende anche e soprattutto alla deliziosa colonna sonora, con queste sonorità techno perfettamente calate nel contesto e qualitativamente meravigliose: ogni traccia è bella da ascoltare e ha un ritmo trascinante, accompagna perfettamente l’azione di gioco e riesce a coinvolgere ulteriormente nel gioco, diventando parte fondamentale dell’esperienza.

Una confezione musicale perfetta e ben fatta. È questo l’highlight principale del gioco; l’estetica è ottima e riprende fedelmente senza snaturarlo il precedente Blood Dragon, riportando in maniera efficace tutte le sfaccettature visive e sonore del suo capostipite.

I pro

  • Rimane la grandiosa estetica del primo Blood Dragon...
  • Sessioni in moto sempre divertenti e davvero folli
  • Level design a tratti davvero ispirato
  • Colonna sonora sempre infallibile
  • Grande il lavoro di ottimizzazione della versione PC

I Contro

  •  ...ma manca la sua sagacia e la sua grande comicità
  • Fasi platform stantie, legnose e inadatte al gioco
  • Inultilmente frustrante e poco bilanciato
  • Problemi di ritmo piuttosto evidenti
  • Longevità troppo bassa, anche per un'espansione
  • Finale davvero deludente per una storia con poco mordente

Voto Globale 6.5

I dubbi iniziali in merito a questa manovra di RedLynx sono stati confermati. Questa espansione a tratti sa divertire ed offrire dei momenti di buon intrattenimento, ma le aggiunte azzardate e mal inserite nel gioco, una longevità ignobile e un generale senso di castrazione dell'esperienza rendono Trials of the Blood Dragon un esperimento fallimentare.

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