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Recensione

The Walking Dead: A New Frontier – Recensione del quarto episodio Thicker Than Water

"Thicker Than Water", quarto episodio della stagione promette di riportare The Walking Dead sulla giusta rotta dopo qualche delusione di troppo. Missione compiuta o nuovo fallimento?

Se avete letto la nostra recensione del terzo episodio della serie Telltale dedicata all’universo di The Walking Dead (la potete trovare a questo indirizzo) avrete sicuramente capito che non siamo rimasti particolarmente soddisfatti dal proseguimento delle vicende che la software house di San Rafael ci aveva consegnato. Dopo una buona apertura, la terza stagione aveva deluso per ritmo e contenuti, lasciando ben più di qualche dubbio sul suo futuro. Ora, in corrispondenza con l’uscita del quarto episodio, intitolato “Thicker Than Water”, arriva l’ora di iniziare a tirare le somme e vedere se ancora qualche speranza c’è di assistere ad una degna ed emozionante conclusione.

Cliffhanger, cliffhanger, cliffhanger

L’ennesimo colpo di scena che aveva segnato la fine di “Above The Law” ci aveva lasciato in una situazione a dir poco spinosa, con i due fratelli imprigionati e nelle grinfie della perfida Joan, stagliatasi oramai come capo indiscusso della Nuova Frontiera. L’azione riprende esattamente da quel punto, inframmezzando la narrazione del presente con un paio di interessanti flashback che approfondiscono il rapporto tra Javi e Daniel, scavando nel loro confuso passato. Salti temporali che conferiscono una profondità nuova ai dialoghi tra i due familiari, chiarendo non solo le dinamiche del loro rapporto ma anche lo sviluppo di quelli che intercorrono con molti personaggi secondari, che siano Kate o Gabe, il figlio di Daniel.

Proprio lui è protagonista di corpose sezioni, che cercano infruttuosamente di indagarne il personaggio finendo invece per consegnarci un odioso contenitore per uno stereotipo semovente di un teen da serie tv anni ’90. Ciò che arriva al giocatore è infatti un lamentoso ragazzino che stupisce solamente per antipatia e banalità, incapace di tenere sulle spalle i lunghi minuti che vengono lui consegnati. The Walking Dead ritorna a pescare nell’immaginario comune e confeziona, con le medesime vesti dedicate al figlio di Rick Grimes nella controparte televisiva, un personaggio che in realtà sarebbe anche potuto essere interessante.

Ritmo, questo sconosciuto 

I continui spasmi d’odio causati da questo simpatico adolescente sono gli unici momenti d’azione in una prima parte d’episodio che stenta e a tratti non vuole nemmeno decollare. Tra flashback e dialoghi inconcludenti, un’ora buona trascorre senza che nulla venga a perturbare veramente il proseguire delle vicende. Una delusione che rientra nuovamente nella più grande problematica che affligge questa terza stagione sviluppata da Telltale, ossia la completa incapacità di gestire con efficacia il ritmo della narrazione. Una mancanza ancor più aggravata dalla natura episodica dell’opera, caratteristica che al contrario dovrebbe presupporre una gestione più accorta in modo da non incentivare eventuali abbandoni nel corso del tragitto. 

Fino ad un particolare punto di svolta degli eventi questo quarto episodio non fa poi molto per risollevare il destino della serie e continua invece nel solco tracciato dal suo deludente predecessore. Manca totalmente anche in questo caso l’impressione di una minaccia più grande che aleggi sopra i protagonisti e li costringa a decisioni sofferte e difficili. Minaccia che cerca di presentarsi in conclusione di episodio ma in una maniera così confusionaria da risultare ben poco credibile. Eppure, almeno sul finale, il ritmo inizia a acquistare forza e vigore con una serie di situazioni che prendono il giocatore per il colletto scaraventandolo in mezzo allo stile di decisioni difficili che da sempre hanno contrassegnato i prodotti Telltale ed hanno attratto milioni di giocatori.

Certo è che se anche stavolta non si tratta di nulla di particolarmente originale, al confronto con gli eventi delle precedenti ore è più che abbastanza per sperare in un finale di stagione interessante almeno dal punto di vista dell’adrenalina e della partecipazione, anche perché per una volta il colpo di scena appare ben costruito e sembra in grado d’indirizzarsi verso interessanti risvolti e conseguenze sia dal punto di vista della trama principale in sé che per quanto riguarda le relazioni tra i vari personaggi.

I pro

  • Interessanti flashback narrativi
  • Epilogo avvincente...

I Contro

  • ...dopo lunghe sezioni di noia
  • Gestione del ritmo fallimentari
  • Personaggi mal caratterizzati e banali

Voto Globale 7

Per ora, le impressioni che questo (e gli altri episodi) ci hanno lasciato non sono vicine alle meraviglie narrative che hanno reso così celebri le prime due stagioni, sia per le problematiche sopracitate che per l’evidente mancanza di particolari novità dal punto di vista delle meccaniche di gioco. “Thicker Than Water” è deludente per questo e molti altri motivi. Non riesce, nonostante un finale ben più adrenalinico di ciò a cui siamo stati recentemente abituati, a risollevare completamente la serie ed a riportarla in rotta dopo i numerosi passi falsi compiuti. Non ci riesce anche perché, per arrivare all’unico vero cliffhanger che fino ad ora ha colpito per intensità, drammatica ed importanza, sono necessarie decine e decine di minuti che alternano veri e propri momenti di noia a flashback interessanti ma ben poco movimentati. Le nostra speranze albergano oramai nell’ultimo episodio, in uscita probabilmente tra qualche mese, che sulle sue spalle porta il difficile compito di condensare in circa 2 ore tutto ciò che invece ci saremmo aspettati dalla serie intera. Certo è che dopo i fasti delle avventure di Clementine e Lee nessuna produzione proveniente da San Rafael è riuscita ad imporsi con la stessa forza.

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