Riuscite a distinguere la realtà dalla follia? L'esperienza di LKA saprà mettere la vostra capacità deduttiva a dura prova.
Per tutti i grandi cultori, il videogioco non rappresenta solo un’esperienza ludica di intrattenimento ma spesso si tramuta in un potente veicolo di sensazioni ed emozioni, capaci di colpire il giocatore lì dove forse non si aspettava e lasciando il ricordo di un’esperienza talvolta unica nel suo genere. The Town Of Light è un titolo dai tanti volti, capace di trasmettere al giocatore le sensazioni della propria protagonista in maniera impeccabile, trascinandolo in un vero e proprio incubo nel quale sarà davvero difficile distinguere tra realtà e follia. L’avventura grafica di LKA è una produzione artistica degna di notevole rilievo e sotto moltissimi aspetti rappresenta un’esperienza a dir poco innovativa. Lo studio nostrano è stato capace di realizzare un’opera non certamente esente da difetti ma di notevole sostanza e solidità, dimostrando come talvolta l’originalità e la cura del mondo costruito intorno al giocatore possano fare la differenza e competere con i grossi budget in mano alle software house più blasonate. Fatta questa doverosa premessa siamo finalmente pronti ad avventurarci nella recensione della versione PS4 di The Town Of Light, che avevamo avuto modo di recensire lo scorso anno su PC.
Nei primi anni del secolo scorso, durante l’epoca fascista in Italia, gli ospedali psichiatrici erano strutture largamente diffuse sul territorio italiano; tali complessi sono stati per tanti – forse troppi – anni teatro di disumane barbarie a causa dei metodi di cura rudimentali e perpetrati sino al 1978 con la legge 180, che mise al bando tali luoghi di tortura. Le vicende narrate in The Town Of Light si svolgono nell’ex ospedale psichiatrico di Volterra dove la protagonista Renè, un’ex paziente di tale istituto, decide di recarsi per rispondere ai tanti quesiti ancora senza una risposta che per molti anni hanno ottenebrato la sua mente. La nostra protagonista tornerà ad immergersi in un luogo spettrale, le cui mura trasudano gli orribili ricordi delle sevizie subite nel tentativo di curare la sua irrequieta e difficile personalità adolescenziale.
Durante la progressione della storia, Renè si troverà quindi costantemente a fronteggiare i suoi ricordi sbiaditi, nella speranza di poter ricomporre le proprie memorie perdute. Come mai è finita li dentro? Perché ha dovuto subire tali disumani metodi? Solo le stanze dell’ospedale sapranno dare un risposta, stanze che rievocheranno costantemente quanto da lei subito. Non sempre le vostre deduzioni troveranno riscontro negli indizi reperiti nella struttura; spesso quelle che all’inizio potevano sembrare solide certezze si tramuteranno in atroci dubbi che arriveranno a confondere persino il giocare che, in molte situazioni, si ritroverà quasi a sentire il peso del disagio di Renè e faticherà ad avere una chiara percezione di quello che accade di fronte ai suoi occhi.
Quanto si sussegue di fronte a noi è senza dubbio una narrazione raccontata in maniera magistrale, capace di coinvolgere il giocatore nei più profondi incubi della protagonista e rendendolo partecipe di scelte ed eventi che influenzeranno l’evoluzione della trama e i ricordi di Renè. Giungerete in molte situazioni a mettere in dubbio persino quello che fino a pochi minuti prima appariva una certezza; tutti gli eventi tracceranno una storia agghiacciante nel suo svolgimento ma allo stesso tempo appassioneranno il giocatore proprio per l’elevato grado di coinvolgimento emozionale. Insomma, una trama promossa non solo a pieni voti ma addirittura con la lode, che pone questo aspetto del gioco di sicuro tra le migliori espressioni narrative viste in un videogioco negli ultimi anni.
Sin dalle primissime battute vi sarà chiaro come The Town Of Light non trovi nella varietà del gameplay il suo punto di forza. Il titolo infatti si limita, per la totalità del tempo, a prendere il giocatore per mano in continue fasi di esplorazione che riescono comunque a non rendersi mai noiose, complici una storia ben raccontata e una longevità non elevata a creare un connubio molto convincente. Dovrete costantemente interagire con l’ambiente circostante alla ricerca dei numerosi indizi sul passato di Renè e mai vi ritroverete di fronte a qualche genere di ostacolo; i pochissimi puzzle all’interno del gioco non mirano in alcun modo ad innalzare il livello di sfida ma solo a creare un piccolo stacco dalla fase esplorativa vera e propria.
Non abbiate timore quindi di un gioco complesso nel suo svolgimento. La vera complessità del titolo sta infatti prevalentemente nel riuscire a ricomporre i ricordi della protagonista, cercando di farvi strada tra domande apparentemente senza risposta e altre dalle molteplici soluzioni, le quali non sempre potrebbero sembrare le più logiche. In un menù dedicato avrete in ogni caso sempre sotto controllo tutti gli indizi rinvenuti nella struttura e anche un diario che dovrete comporre proprio esplorando tutta l’area di gioco, che non spicca certamente per vastità ma che comunque risulta sempre suggestiva.
Grazie alla visuale in prima persona potrete interagire con l’ambiente circostante attraverso un puntatore; non potrete correte né tanto meno saltare o compiere qualunque altra azione più complessa di una semplice camminata. Proprio per questo motivo la progressione è sempre molto compassata ad eccezione di alcune sezioni che sapranno crearvi tensione ma mai alterare i ritmi di gioco sempre costanti. Non troverete nemmeno nemici da affrontare – in realtà non troverete anima viva – se non gli spiriti del vostro passato che torneranno a tormentarvi cercando di fornire una risposta a quanto accaduto alla protagonista nel periodo di permanenza nell’ospedale. Il gameplay, insomma, non eccelle per varietà ma non sembra in alcun modo aspirare ad farlo, lasciando chiaramente alla componente narrativa l’arduo compito di sorreggere l’intera struttura ludica.
La componente tecnica è forse il punto più nevralgico dell’intera opera. Il motore Unity utilizzato nello sviluppo della parte grafica del titolo appare senza dubbio decisamente poco curato, non tanto nell’estetica, con una soddisfacente qualità generale delle texture, quanto nella fase di ottimizzazione. I soventi episodi di stuttering e frame-drop riscontrati in questa versione PlayStation 4, rendono in molti casi l’esperienza visiva poco soddisfacente e l’aliasing dilagante non dona purtroppo quella qualità che il titolo avrebbe meritato proprio in virtù dell’impegno mostrato del team nelle fedeli ricostruzioni delle ambientazioni di gioco. Anche in stanze piccole con pochi dettagli il motore grafico mostra sempre troppo il fianco ai problemi sopra citati e questo è davvero un peccato. Il titolo riesce però a farsi apprezza per una soundtrack nel complesso più che soddisfacente e un comparto artistico degno di nota, complici anche le moltissime tavole disegnate a mano ed utilizzate in diverse cutscene. The Town of Light è quindi un titolo made in italy davvero ottimo, nonostante le criticità sopracitate, tanto da essere stato premiato dalla stampa italiana allo scorso Premio Drago D’oro con il titolo di “Miglior realizzazione artistica”.
The Town Of Light è un'opera di grande spessore che dimostra come anche in casa nostra vi siano studi indipendenti capaci di dare alla luce dei veri e propri capolavori. Con l’avanzare nel gioco la narrazione solida riesce sempre a tenere alta la concentrazione del giocatore permettendogli di apprezzare appieno ogni singolo tassello pensato dal team di sviluppo. Peccato solo che, tecnicamente parlando, il titolo mostri il fianco a qualche sbavatura di troppo che in alcuni frangenti non permette di apprezzare appieno la qualità del lavoro svolto in fase di riproduzione delle ambientazioni di gioco. Nel complesso, comunque, ci troviamo di fronte ad un'opera innovativa proprio per la carrellata di emozioni che investono il giocatore, trascinandolo in un’esperienza senza dubbio entusiasmante ma allo stesso tempo molto cruda per via delle tematiche trattate. The Town Of Light è un titolo che va giocato e rigiocato in quanto dimostrazione palese di come non siano solo i tripla A ad essere capaci di sfornare esperienze ludiche di rilievo.