L'interessante esperienza ludica di Morteshka punta a offrire un'avventura unica nel suo genere.
Con il sopraggiungere dell’enorme universo videoludico indipendente, fatto di team dalle medie/piccole dimensioni desiderose di mostrare al mondo le proprie capacità, sono cominciati a emergere dalla massa piccoli titoli – più o meno riusciti – caratterizzati da idee ludiche peculiari che mai si sarebbero potute sposare con le esose necessità che le grandi produzioni Tripla A si devono necessariamente portare dietro.
Tra le opere che si sono succedute in quest’industria ancora sconosciuta agli occhi di molti, figura anche The Mooseman, interessante creatura nata grazie al lavoro di Morteshka – software house composta unicamente da due ragazzi – che punta a immergere il giocatore in un mondo onirico e popolato da mistiche creature. Dopo aver potuto giocare nella sua interezza la versione Playstation 4 del titolo, studiandone nel dettaglio ogni più piccolo elemento distintivo e meritevole di nota, siamo finalmente pronti a dirvi la nostra a riguardo.
Le leggende raccontano che la vera conoscenza dell’intero globo sia posseduta da un solo individuo, un uomo capace di vedere ben oltre quello che appare alla vista del semplice occhio umano. Costui è colui il quale ha il potere di discendere nelle profondità del mondo dei morti, un infinito regno legato a quello dei vivi da un piccolo passaggio sorvegliato dal vigile spirito dell’Orso primordiale. Impersonando i panni di uno sciamano, dovremo quindi intraprendere il lungo viaggio che ci porterà a scoprire ciò che si nasconde nel piano ultraterreno, un cosmo di divinità e pericolose creature che andremo incontrando per raggiungere la nostra vera meta finale, l’ottenimento di quel sapere a cui solo pochi possono ambire.
The Mooseman è indubbiamente un esperimento ludico tanto atipico quanto intrigante, un vero e proprio percorso di studio verso le numerose leggende dei Komi, antiche tribù posizionate tra l’Asia e l’Europa che nel corso dei decenni sono però andate spingendosi fino alla Finlandia. Quello che andremo vivendo nel corso delle circa due ore necessarie per concludere l’opera si configura come un’esperienza difficilmente definibile come un effettivo videogioco, vantando invece un carattere unico e capace d’istruire l’utente alla vasta mitologia di codesto popolo per molti totalmente sconosciuto. Effettivamente, la parte più interessante e indubbiamente meglio riuscita di The Mooseman si riassume proprio nell’enorme lavoro portato avanti dal piccolo studio di sviluppo in termini di ricerche svolte per conoscere quanto più nel dettaglio possibile le numerosissime leggende dei Komi.
Giocando, verremo infatti letteralmente bombardati da storie estrapolate direttamente dai reperti di suddetta civiltà, una vera e propria enciclopedia su tutto ciò in cui codesto antico popolo credeva. In tal senso, il risultato finale si dimostra indubbiamente intrigante e riesce a catturare l’attenzione del giocatore di turno, il quale andrà studiando credenze e leggende di un universo a dir poco affascinante. Proprio in ragion di ciò, dispiace quindi constatare come l’avventura non presenti alcun tipo di localizzazione in italiano dei testi, mancanza che costringerà il pubblico a leggere numerosissime pagine informative unicamente in lingua anglosassone.
Ludicamente parlando, The Mooseman si configura come un’avventura 2D a scorrimento laterale in cui sarà nostro compito muoverci tra le lande dei vivi e quelle dei morti sfruttando i nostri poteri per superare gli ostacoli che ci si pareranno innanzi. Il nostro alterego digitale si caratterizza infatti per la capacità di poter vedere ciò che sfugge alla normale vista, un vero e proprio mondo interconnesso al nostro che ci aprirà nuove strade, offrendoci numerose possibilità. Lo sfruttamento di suddetta “visione” si rivelerà di primaria importanza per poter avanzare nel titolo, seppur si debba ammettere che in tal senso i ragazzi di Morteshka non sono purtroppo riusciti a convincerci.
Nonostante i due sviluppatori abbiano infatti tentato d’offrire una certa varietà in termini d’enigmi e situazioni affrontabili, pad alla mano bastano pochi minuti per rendersi conto di come il tutto risulti più come un contentino che come una vera e propria colonna portante dell’esperienza. L’avventura procede infatti senza mai mettere in reale difficoltà il giocatore, con puzzle estremamente semplici da completare affiancati da situazioni leggermente più complesse ma comunque ben lontane dall’essere indimenticabili. Di contro, però, il lavoro artistico posto nei confronti della produzione è a dir poco encomiabile.
Il peculiare stile portato avanti dal team ha infatti dato vita a una creatura che sembra un vero e proprio quadro in movimento, lì dove preponderanti pennellate di nero, grigio e bianco andranno a farla da padrone. Scenari e personaggi possono poi godere di un ottimo art-design rivelatosi capace d’offrire all’intera opera un carisma di fondo difficilmente dimenticabile, un lavoro di pregevole fattura che pone ancor di più l’accento sul gusto mitologico che il titolo si porta dietro. A chiudere il tutto ci pensa infine l’ottima colonna sonora, capace di seguire perfettamente il giocatore nel corso del suo pellegrinaggio alla ricerca del sapere tanto bramato.