I canonici anni 80 ritornano alla ribalta in questo RPG dal buon sapore retrò ma dalla sostanza adatta ai grandi appassionati di ieri più che di oggi.
NIS America porta sugli scaffali un’opera che tenta di presentarsi al pubblico come un’esperienza carismatica e meritevole che però mostra il fianco a qualche criticità di troppo.
Non è una novità nel mondo dei videogiochi aver a che fare con grandi ed impavidi eroi colpiti da amnesie sul loro passato. Lo sa bene Link, alle prese in Breath Of The Wild con una memoria tutta da ricostruire; ma cosa può succedere quando proprio al cospetto del grande Boss di turno si viene colti da un’improvvisa perdita di memoria? The Longest Five Minutes ci prende per mano e ci porta alla riscoperta dei ricordi misteriosamente perduti, in un JRPG dagli alti e bassi ma di buona sostanza.
La storyline principale del titolo ci racconta delle curiose avventure di Flash, protagonista di una più che bizzarra perdita di memoria presentatasi proprio durante la Boss Fight finale contro il temibile Re Demone. Durante lo scontro inizieranno a riaffiorare i ricordi del protagonista, frammenti che ritornano alla luce come porzioni di gioco in alcuni casi non connesse tra loro. Durante l’avventura sarete inoltre accompagnati da una squadra di fedeli alleati e la parte davvero interessante della narrazione non sarà solo scoprire il vostro passato ma anche il loro, annebbiato a tal punto da non riconoscerli persino durante la boss-fight iniziale.
Ogni porzione di memoria equivale sostanzialmente a uno spezzone ludico da completare attraverso missioni primarie e secondarie – alcune più o meno decisive ai fini della prosecuzione narrativa -, di fatto fornendo un’esperienza cumulabile nel tempo; discorso differente invece per quanto riguarda le risorse di gioco e l’equipaggiamento, i quali non rimarranno disponibili nei ricordi successivi, scelta discutibile considerando che, così facendo, il giocatore si sentirà ben poco spronato a esplorare l’area di gioco per raccogliere ulteriori risorse.
The Longest Five Minutes utilizza meccaniche di gioco abbastanza tradizionali che poco si discostano dai grandi classici del passato. Anche il sistema di combattimento si attesta su logiche consolidate negli anni e molto tradizionali, con un sistema di turnazione della lotta e un team ottimamente amalgamato composto da personaggi aventi ruoli ben precisi durante il combattimento.
In tutto questo, a penalizzare un po’ l’approccio al titolo ci pensa un sistema di progressione della difficoltà non propriamente omogeneo nel corso dell’avventura; difficilmente. infatti, gli scontri non ci hanno davvero messo in difficoltà e nel complesso tutta l’avventura si è rivelata particolarmente semplice da portare a compimento.
Ad inficiare altrettanto negativamente ci pensa infine un sistema di progressione del personaggio onestamente poco sviluppato; i livelli guadagnati appariranno più un pro forma che un qualcosa di tangibile, impedendo di fatto di percepire reali benefici dall’avanzamento di livello che, nei fatti, si limiterà a sbloccare nuove abilità. Nulla di frustrante, sia chiaro, ma di certo questa caratteristica ha come effetto negativo quello di spronare poco il giocatore ad aumentare il livello del proprio eroe.
La percezione che si avrà una volta terminata l’avventura sarà infatti quella di un titolo che più che essere basato sulla progressione del personaggio risulta poggiare le proprie basi su uno story telling accattivante, godibile ma che vede il gameplay più come un contorno che come un punto centrale dell’esperienza ludica stessa. Il vostro interesse nel titolo sarà infatti focalizzato più sul completamento dei vari ricordi, sbloccare i vari finali alternativi disponibili e godervi una narrazione senza infamia e senza lode ma sicuramente apprezzabile.
Dal punto di vista grafico e sonoro The Longest Five Minutes è certamente quanto di più classico ci può aspettare. La veste grafica così come il comparto sonoro rappresentano di fatto uno stile iconico, quello degli 8 bit tanto apprezzati ancora ai giorni nostri dai puristi del genere. Il tutto dona certamente all’opera un suo discreto fascino al netto però purtroppo di una soundtrack a tratti troppo monotona e ripetitiva (nonostante a livello generale ci siano comunque spunti davvero epici ed evocativi). Peccato purtroppo per la totale assenza della localizzazione in lingua italiana, che potrebbe quindi rendere il gioco frustrante e davvero poco amichevole nei confronti di giocatori poco avvezzi alla lingua inglese.