The Last Guardian è finalmente tra noi! Ecco la nostra recensione dell'esclusiva PlayStation 4 nata dalla mente di Fumito Ueda.
Per quanti anni si è sentito parlare di The Last Guardian? Tanti, francamente troppi. Se ne è parlato per quasi un decennio (9 al dire il vero), prima di poter mettere finalmente le mani sulla particolarissima avventura firmata da Fumito Ueda. Un’attesa che fu lunga, decisamente logorante e che arrivò a un punto di non ritorno: continuare lo sviluppo oppure far cadere The Last Guardian nell’oblio?
Un’esclusiva originariamente prevista per PlayStation 3, sviluppata poi su PlayStation 4. Tra l’entusiasmo di molti e la diffidenza di altri, The Last Guardian è divenuto finalmente realtà. Io mi sono preso tutta la calma di questo mondo per liberarmi da tutte le possibili influenze, come le opinioni altrui, al fine di godermi l’esperienza nel migliore dei modi. E sento di aver preso la decisione giusta. Scoprite che cosa ne penso di questo fantasioso ed incredibile viaggio con la mia recensione completa.
In molti, oramai, hanno riconosciuto l’altissimo valore del medium videoludico. I generi di videogiochi sono numerosissimi e ognuno di questi offre una diversa esperienza. The Last Guardian è un’avventura in terza persona focalizzata su un legame speciale tra un bambino, il personaggio di cui vestiremo i panni, e una bestia gigante a metà strada tra un cane per via del suo aspetto e un’aquila, vista la presenza delle ali e di quattro zampe simili a quelle del volatile. Quest’ultimo si chiama Trico e rappresenta, senza ombra di dubbio, il vero protagonista di The Last Guardian, guidato e controllato però dall’intelligenza artificiale. La trama quindi è incentrata su questo rapporto unico tra il giovane ragazzino e questa fantastica bestia e su un particolare punto di congiunzione; l’uno non può fare a meno dell’altro.
Una voce narrante racconterà passo dopo passo l’avventura dei due soggetti, svelando nuove informazioni riguardanti la storia. Quest’ultima non è variegatissima, né tenta di esserlo, ma fa leva sull’emotività dei videogiocatori, intenti e motivati a conoscere sempre di più il destino del bambino e di Trico e, ovviamente, del rapporto di cuore che lega entrambi.
Il lungo sviluppo che ha caratterizzato questa produzione e tutti i problemi riscontrati, francamente, potevano dare vita soltanto a un titolo non esente da problemi. The Last Guardian, come scritto nell’introduzione, ha rischiato veramente grosso ma, fortunatamente, Sony ha stretto i denti e ha concesso ulteriore tempo per il suo sviluppo. Finita la mia personale avventura, capisco il perché il colosso nipponico non abbia avanzato a una cancellazione. Fondamentalmente, The Last Guardian è un’avventura che merita di essere giocata, più poi che prima. Il gameplay è afflitto da alcuni problemi, relativi a un bilanciamento assolutamente inefficiente, da comandi un pò stampo classico (non mi capitava da molto tempo di dover saltare premendo il tasto triangolo) e dall’intelligenza artificiale di Trico, alle volte buona ed efficiente, altre decisamente meno. Detto in poche parole; in alcune occasioni Trico si perde in un bicchiere d’acqua, rendendo molto più difficili alcune fasi platform di quello che sarebbero invece in realtà. Sotto questo punto di vista, c’è però una precisazione da fare: l’intelligenza artificiale di Trico si prende tutto il tempo di cui necessita, senza alcuna fretta e – al contrario di quanto avviene in altri videogame – il tutto procede in maniera oculata e paziente. Quindi se siete alla ricerca di un videogioco frenetico e veloce da giocare, siete sulla strada sbagliata.
Contrariamente, se volete vivere un’esperienza particolare, condita da numerosissime fasi platform annesse a enigmi ambientali da risolvere per proseguire, allora, siete nel posto giusto. Giocare The Last Guardian, a parer mio, regala delle emozioni belle e significative, mi fa sentire bene, ma non solo: mi fa anche sentire male. Questo perché alcune letture sbagliate di Trico potrebbero vanificare delle buone sessioni di gameplay, mentre la grafica ispirata, bella artisticamente ma poco pulita, è messa a soqquadro dal verificarsi di cali improvvisi di frame rate che compromettono i buoni propositi dell’avventura.
Considero The Last Guardian un’opera valida sotto l’aspetto di voler dare voce a un’avventura particolare, emozionante, bella da giocare e da portare a termine. Il lungo sviluppo ha – di fatto – compromesso buona parte di queste parole. Il passaggio dei lavori da PlayStation 3 a PlayStation 4 è stato davvero una brutta botta sotto il profilo grafico e sotto quello dell’ottimizzazione del codice. La forma presa da The Last Guardian è intermedia tra la vecchia generazione e quella attuale. La grafica, in fin dei conti, è più che soddisfacente, lo sono meno le texture, poco definite e gli sfondi, coperti da una soave nebbia per rendere l’effetto migliore. D’altra parte il bambino, ma soprattutto Trico, presentano una realizzazione davvero di gran livello. L’espressività, le movenze e lo stato d’animo dell’animale riescono ad uscire fuori dallo schermo e, per più tratti, ad entusiasmare ed emozionare chi gioca. Ovviamente questa è una cosa che ho provato in prima persona, quindi è assolutamente soggettiva.
L’avventura si è protratta per circa 13-14 ore, una durata tutto sommato giusta se consideriamo il concept di gioco a cui ci si trova davanti. The Last Guardian propone delle fasi gameplay lineari ma assolutamente non immediate. A tal proposito, si dovrà prestare una certa attenzione e sprigionare il proprio spirito di osservazione per leggere il level design e capire come e in che modo proseguire. Il gioco non vi verrà incontro, al contrario, vi lascerà soli in questo fantastico mondo, in cui risolvere rompicapi a mo di platform e ad indirizzare al meglio il vostro caro amico a quattro zampe, grazie alla successiva possibilità di impartirgli ordini.
Concludendo, il sonoro è sinceramente l’unica componente che non ha sofferto lo sviluppo travagliato. Anche nei videogiochi l’audio costituisce un elemento fondamentale che può aiutare ad alzare l’asticella di qualità ed è questo il caso delle musiche (annesse le brevi fasi di doppiaggio in giapponese – sono presenti i sottotitoli in italiano) e degli effetti ambientali.
The Last Guardian è riuscito a scuotere il mio animo di videogiocatore, facendomi capire i motivi che hanno portato la Sony a continuare a credere in questa produzione. D’altro canto, le problematiche sopra evidenziate non possono essere tollerate in questi anni, in cui abbiamo potuto ammirare e giocare titoli quasi perfetti dal punto di vista del gameplay e ottimizzati davvero bene graficamente, rispettando gli standard qualitativi anche con le altre componenti. Non c’è bisogno di fare nomi, anche perché alcune di queste produzioni sono arrivate come esclusive sulle ultime due console di Sony.