Uno sfaccettato esperimento videoludico dalle fattezze narrative e di gameplay particolari.
Nell’ambito dei videogiochi indipendenti, molto più che nel mercato Tripla A o comunque dei prodotti maggiormente conosciuti e sotto gli occhi del grande pubblico, emerge il costante tentativo di sperimentare con i generi, in quanto spesso le opere indie hanno meno costrizioni produttive e più possibilità di provare nuove soluzioni ludiche, che permettono agli sviluppatori di plasmare e spesso innovare a proprio piacimento lo sconfinato mezzo videoludico, sempre in continuo divenire e in forte evoluzione nel corso degli anni.
Tocca quindi ai ragazzi di Sunburned Games, provenienti proprio dalla nostra Europa, più precisamente la Spagna, cercare attraverso il loro ultimo titolo, The Great Whale Road, di portare avanti questa particolare filosofia del videogioco, creando un’opera quantomeno visionaria e concettualmente interessante, che si pone l’obiettivo di portarci dentro un’atmosfera e un contesto storico ben definiti, anche attraverso l’unione di elementi di gioco molto diversi tra loro. Un progetto rischioso e molto arduo da sviluppare e portare a compimento in maniera coerente e ben riuscita; vediamo insieme qual è stato il risultato finale.
La cosa più interessante e sicuramente ben riuscita della produzione Sunburned Games è sicuramente il comparto narrativo, che decide di adottare uno stile di scrittura e soprattutto di delineazione di un contesto decisamente interessante, in quanto la linea narrativa centrale è fittizia, con personaggi, situazioni e luoghi inventati, mentre tutto ciò che verte attorno alla trama principale è preso direttamente dalla Storia vera e propria, quindi tutto ciò che osserviamo attorno alla nostra storia è vero ed autentico, impiantato su una realtà ben identificata, in questo caso quella dei Vichinghi, più nello specifico i Danesi del 650 a.C. circa, con tutti i crismi del caso. Questo specifico elemento rende le vicende narrate molto più autentiche e realistiche di una qualsiasi altra storia, calandoci in un compendio riuscitissimo tra realtà contestuale e finzione narrativa, oltre a suscitare un naturale e inevitabile plagio nei confronti dei creatori del titolo, che hanno seguito degli studi minuziosi e dettagliati atti a rievocare un medioevo altrimenti sepolto sotto secoli di civiltà ed ere successive.
Se già la presenza di un’ambientazione e una ricostruzione storica fedelissimi alla realtà non fossero un elemento di enorme spessore, anche la storia principale è grandiosamente scritta e gestita in maniera davvero magniloquente. In termini narrativi, impersoneremo infatti i panni di un giovane ragazzo che dopo esser venuto a conoscenza della morte misteriosa dello jarl della popolazione in cui abita, si ritroverà costretto suo malgrado a prendere il comando del popolo indagando, al contempo, sulla morte del suo capitano; per farlo, dovrà viaggiare attraverso i Mari del Nord, nella via della Grande Balena, e questo darà vita ad un’avventura epica e coinvolgente, che si muove tra cospirazioni, intrighi politici, tradimenti, eventi passati che torneranno a tormentare i protagonisti della storia stessa. Tutto questo è perfettamente condito da una scrittura diretta ma efficace e carismatica, che anche per via della forte natura testuale della narrazione riesce ad imbastire uno stile accattivante, caratterizzato da una gestione corale dei personaggi bilanciata perfettamente, poiché ogni individuo ha una personalità ben precisa, dubbi, problemi personali e delle motivazioni credibili che li rendono umani e tridimensionali. Oltre a questo, è impossibile non notare l’abilità di narrare il tutto attraverso un umorismo provocatorio, talvolta tendente al nero, assieme a dialoghi affilati e dal taglio sorprendentemente contemporaneo, scelta stilistica molto efficace per rappresentare la crudezza del contesto rimanendo accessibile a tutti, senza la necessità di ricorrere a linguaggi inutilmente aulici o avulsi tipici del genere storico, innalzando inoltre l’importanza della storia con la presenza di molteplici scelte morali che diverranno importantissime e determinanti per gli esiti della trama.
Un altro elemento peculiare di questa produzione indipendente è il tentativo di creare una struttura di gioco complessa, unendovi molteplici generi videoludici differenti, proprio per dare al giocatore un’esperienza che possa coprire nella maniera più completa possibile il ruolo di jarl medievale, attraverso gli stilemi di tipologie ludiche tra le più disparate, che andremo a vedere a breve discernendo il gameplay del titolo. Innanzitutto, ci troveremo davanti alla primissima fase gestionale, che ci darà la possibilità di gestire la nostra popolazione incaricando i nostri abitanti a varie attività, tra cui la coltivazione, la produzione di armi, l’economia e altri metodi di sostentamento per il proprio villaggio. A questo andranno ad aggiungersi la possibilità di gestire la propria compagnia, che potremo potenziare attraverso nuove abilità di combattimento, la possibilità di acquistare per sé e per i compagni nuove armi o armature (il che si ricollega alla componente più ruolistica del titolo), gestire lo stato del proprio drakkar – la nave che verrà usata per il trasporto marino -, scegliere la quantità di merci da portare nel percorso ed infine curare i tre parametri di salute, fame e umore dell’intero party.
Nonostante tutte queste cose possano sembrare sinonimi di un sistema di gioco profondo e ben gestito, in realtà il risultato è ben diverso: ci ritroveremo a fare i conti con uno sviluppo delle meccaniche prossimo allo zero e un’evoluzione delle fasi di gioco praticamente nulla, che sfrutta in maniera rudimentale tutto ciò che il titolo offre e limitandosi a dare solo un’impostazione di gioco terrena e fin troppo asciutta. Troppe volte si avrà la sensazione di trovarsi di fronte qualcosa di estremamente embrionale e fin troppo basilare, che non sa evolversi dalle sue fondamenta e che offre soluzioni di gioco già viste in passato, aggravate anche da una ripetitività asfissiante che colpirà l’intera campagna dall’inizio alla fine, a causa anche di eventi poco variegati e i cui esiti varieranno davvero poco, non riuscendo così a trasferire al giocatore attraverso il gameplay l’imprevedibilità e il senso di scoperta di una grande avventura.
Un’altra meccanica molto presente nel corso del gioco sarà il combattimento, strutturato come un tipico sistema a turni, in cui spesso dovremo affrontare nemici durante i viaggi in mare o nei villaggi in cui approderemo. Il combat system figura la possibilità, oltre a poter fuggire dalla battaglia nelle situazioni più scomode, di muoversi limitatamente in più direzioni, agire attraverso l’attacco, infliggendo danni taglienti, d’urto o di stordimento a seconda dell’arma che staremo utilizzando con la relativa percentuale di riuscita dello stesso, e la difesa, piazzandosi in una posizione specifica coprendosi con il proprio fidato scudo ed aumentando la probabilità di parata dei colpi avversari; in questo senso è interessante notare una piccola chicca, ovvero il fatto che ogni colpo parato andrà a diminuire la resistenza, spezzando definitivamente la difesa ed esponendo il combattente a danni emorragici o altri collaterali, dando una piccola parvenza di tatticismo. Inoltre, il giocatore avrà modo di usare delle abilità passive specifiche per ogni personaggio, che permetteranno di migliorare parametri come la precisione e l’efficacia dei colpi, curare sé e i propri compagni vicini o abbassare le difese dei nemici. Finiscono qui però gli elementi principali del combat-system, che quindi anche in questo caso fa riecheggiare le sensazioni già percepite in precedenza: il gameplay naviga in acque già viste, che riciclano meccaniche ben collaudate ma che non riescono a dare all’opera una sua identità personale, anzi asciugando il tutto ad un’essenzialità troppo deficitaria per essere definita un punto di forza, poiché proprio per questa sua caratteristica risulta molto ripetitivo e fin troppo quadrato, incapace di proporre delle possibili strategie diverse dall’attacco diretto.
The Great Whale Road, poi, si compone anche di una parte ruolistica, che va a completare il quadro ludico dell’intera esperienza e che risulta essere la parte più interessante del gameplay offerto, seppur anche questa poco sviluppata. Infatti, potremo innanzitutto affrontare missioni primarie o secondarie, che aumenteranno la longevità del titolo in maniera esponenziale ma che risulteranno inutilmente poco ispirate e, ancora una volta, ripetitive, per via di un incedere di eventi, scelte, sviluppo strutturale e soluzioni di gioco identiche l’una dall’altra, sprofondando in un circolo vizioso decisamente fastidioso e poco appassionante. E’ presente anche una nicchia di altri incarichi e attività secondarie attuabili nei piccoli villaggi che andremo a scoprire, come andare a caccia per procacciarsi cibo, dormire e ristorarsi in sale comuni o più classiche taverne, o anche fare compra-vendita, acquistando beni di consumo, armi, armature e strumenti per proseguire nell’avventura, magari curandosi con l’aiuto di guaritori. Come detto all’inizio della recensione, tutti questi elementi potranno essere gestiti tra i vari personaggi, il che si riallaccia alla parte gestionale del gioco, rendendoli complementari e dando ad entrambi solo un pizzico di profondità in più. Il problema però rimane identico, perché non si può non considerare un’ennesima dimostrazione di povertà nelle diramazioni dell’organico da GDR, che rimane incastrato in una dimensione primitiva ed estraniante che non aiuta ad arginare i già evidenti problemi del gioco nel suo insieme.
Tra un combattimento e l’altro, infine, avremo a che fare con la navigazione via mare, veicolo fondamentale per condurre il neo-jarl e i suoi compagni in questa lunghissima avventura che si espanderà nel corso di diversi anni. Essa sarà accompagnata dal nostro drakkar, che dovremo mantenere intatto assieme al nostro equipaggio, e una serie di eventi casuali interni o esterni alla nave che accadranno nel corso dei viaggi e che metteranno alla prova le capacità decisionali del capitano. Si tratta di un’altra meccanica di gioco fiacca, poiché gli eventi casuali non godono di un buon numero e una buona varietà atti a renderla più interessante, e soprattutto non vi è la possibilità di scegliere la propria destinazione, se non quelle predefinite dalle missioni, fattore che rende l’intero titolo troppo ingessato e pilotato, non regalando una supposta libertà che dovrebbe essere onnipresente in produzioni che fondono molti generi differenti. Anche la scansione in giorni dei viaggi, per quanto necessaria a dare un senso di realismo, risulta statica e dà problemi di ritmo al gioco, mal amalgamandosi alla miriade di altri stilemi presenti.
Il comparto visivo ed artistico di questo titolo ha certamente dei lati estremamente suggestivi, alternati ad altre cadute molto ingenue che ora vedremo insieme e che smorzano fortemente anche questo promettente lato del gioco. Partendo dal comparto grafico, creato attraverso il motore di gioco Unity, l’opera non usa il motore 3D nativo come molti altri giochi che ne fanno uso, ma si forgia del disegno a mano, con un tratteggio semplice ma efficace e marcato dell’intero contesto medievale in cui siamo immersi. I colori vividi tra il verde delle infinite distese montuose e pianeggianti e gli azzurri cieli limpidi di questa parte di mondo incontaminata danno vita a scorci meravigliosi, molto attinenti e fedeli all’ecosistema di quel periodo storico, sprizzanti un’anima contemplativa e un certo lirismo poetico dato dalla sconfinata grandezza di questi luoghi, da ammirare e respirare a pieni polmoni. Peccato però che si mostri sin da subito una pecca gravissima, che riesce quasi a far passare la forza espressiva del visivo in secondo piano, ovvero la ripetizione di design di villaggi e campi fin troppo simili tra loro e spesso addirittura identici, elemento di disturbo molto forte e che spezza il coinvolgimento per via di una presenza asfissiante delle medesime infrastrutture, mostrando il fianco ad un riciclo poco felice di scorci, case, abitanti e morfologia delle ambientazioni. Uno degli errori più elementari ma fatali quando si plasma ciò che vediamo.
Il sonoro si compone di ben pochi effetti contestuali specifici, che si attestano tutto sommato nella norma, accompagnati però da una colonna sonora che fa la parte del leone, con il preciso intento di adottare una linea compositiva orchestrale caratterizzata dall’uso estensivo di trombe, strumenti a corda, tamburi che creano una sonorità pomposa, epica e carica di pathos anche grazie ad un ritmo incalzante e galvanizzante. La colonna sonora risulta essere ben eseguita e intensa sia nei momenti più concitati che nelle fasi distese o narrative, rimanendo sempre bilanciata e coerente pur riuscendo a mostrare in maniera potente i suoi picchi e ad imporsi sulla scena quando necessario, divenendo parte integrante dell’intera esperienza di gioco. Avrei preferito, però, un maggior numero di brani presenti, poiché quelli ascoltati – seppur bellissimi – sono troppo pochi ed un ventaglio musicale più ampio avrebbe giovato moltissimo, soprattutto vista l’importanza della soundtrack appena accennata; la scelta o necessità di far comparire pochi pezzi ha avuto una forte ripercussione nel complesso, suscitando un effetto ridondante e noioso che uccide il buon intreccio creato dalla storia e dai personaggi.
In sostanza, The Great Whale Road è un Icaro videoludico fatto e finito, vittima della sua stessa ambizione e di una cattiva gestione da parte degli sviluppatori di ogni arto che compone scheletro, muscoli e corpo di quest’opera indipendente; un titolo che tenta di creare qualcosa di nuovo da qualcosa di ben collaudato, ma che collassa su sé stesso salvando solo alcuni pezzi di fondamenta, rappresentati da una grande capacità di catturare delle atmosfere azzeccate e mostrare una narrazione e uno studio storico davvero precisi e coinvolgenti, portandosi dietro dei punti di merito molto rari per questa tipologia di giochi, che altrettanto paradossalmente non salvano l’intera produzione da un’infausta mediocrità generale. Attualmente l’interezza della produzione non è ancora completa, poiché in futuro arriveranno altre due campagne principali, ovvero quella dei Franchi e dei Frisoni, che chiuderanno il trittico storico trattato in questo titolo e che si spera possano portargli delle forti migliorie in termini ludici, ma dobbiamo basare il giudizio su quanto è stato possibile provare fino ad oggi, e il risultato non è dei più soddisfacenti.
The Great Whale Road è un gioco brillante, sulla carta, oltre che particolarmente coinvolgente nella sua parte narrativa, ma che finisce per tradire una certa carenza nello sviluppo di tutto il resto, risultando deludente e monotono, privo di un carattere definito e molto problematico nella realizzazione, sufficiente solo per il concept di base e un'atmosfera azzeccata.