Il vero survival horror torna con il nuovo The Evil Within diretto da Shinji Mikami? Scopritelo nella nostra "terrificante" recensione!
Negli ultimi tempi i survival horror sono tornati decisamente in voga, vista la grande richiesta del pubblico che ha applaudito di fronte a un titolo come Outlast, ottimo horror in prima persona grazie ad un gameplay divertente, un’ottima resa grafica e delle ambientazioni davvero evocative e ispirate. I videogiochi che purtroppo hanno visto spegnersi la vena creativa e hanno di conseguenza lasciato un po’ la scena, sono quelli che hanno dato il via al genere survival horror. In particolare ci riferiamo a Resident Evil di Capcom che – dopo il quarto capitolo uscito nel 2005 (sviluppato proprio da Shinji Mikami) – non è riuscito negli ultimi episodi a soddisfare appieno i fan di vecchia data, per via di alcune scelte piuttosto discutibili, come quella di snaturare un po’ la serie con l’inserimento di meccaniche più orientate all’action game, piuttosto che al nudo e crudo survival.
Come ha spiegato nel suo editoriale il buon Valerio Zavaglia, queste scelte sono state dettate dai publisher per rendere i titoli appetibili a una cerchia di pubblico più variegata e ampia, a scapito però di coloro che hanno riconosciuto nelle maggiori serie di questo genere, l’esperienza di provare una paura impressionante e arrangiarsi per la sopravvivenza con ogni oggetto a propria disposizione.
Questa tendenza è stata – per così dire – interrotta da The Evil Within, il nuovo survival horror diretto dal creatore di Resident Evil, Shinji Mikami, che insieme a Tango Gameworks ha voluto dare una netta sterzata a questo processo, cercando di proporre un survival horror che desse una strizzata d’occhio al passato del genere. Il titolo è stato pubblicato in questo mese da Bethesda e noi lo abbiamo sviscerato per vedere se le premesse iniziali sono state rispettate.
Gli omicidi sono sempre enigmatici e nascondono delle verità occulte. Quello ispezionato da Sebastian Castellanos e la sua squadra, però, ha dell’inverosimile. Nei panni del detective perlustriamo l’ospedale di Crimson City, la città immaginaria dove è ambientata l’avventura, ma siamo ben presto vittime di un terribile episodio, decisamente paranormale, in cui perdiamo improvvisamente conoscenza. Più tardi con il rumore del nostro sangue sgocciolante, ci risvegliamo legati a testa in giù all’interno di una struttura, dove un mostro dalle sembianze umane con un aspetto nauseante – anche per via degli indumenti intrisi di sangue – si adopera per macellare tutte le carcasse dei cadaveri.
Certamente questa non è ancora la nostra ora per diventare carne da macello… A questo punto, una volta liberati, inizierà una fuga a mille all’ora per scappare dal mostro e metterci in salvo. La storia non presenta niente di originale, difatti non dovremo far altro che salvare la nostra pelle e quella del nostro team, andando ad uccidere (o meglio ancora, distruggere e bruciare) i non morti. Ebbene sì, in The Evil Within vengono riproposti i nemici classici, gli zombie, ma non saranno soli. Ci saranno infatti altre entità spettrali e tattili da affrontare, però lasciamo a voi il piacere – anzi il terrore – di fare la loro conoscenza, e successivamente ucciderli “brutalmente”. È proprio di questo che si tratta, Sebastian dovrà spazzare via ogni presenza sinistra e scoprire cosa si cela dietro a questo angosciante mistero che ha portato le tenebre in quel di Crimson City. Insomma, ci troviamo davanti a un’avventura che mischia realtà con finzione e che porterà il protagonista a chiedersi effettivamente se ciò che gli si para davanti è reale oppure se è frutto della sua immaginazione malata che lo sta – piano piano – rendendo pazzo.
Da quando è stato annunciato fino al giorno del suo rilascio, The Evil Within è riuscito ad acquistare una certa notorietà e onda di interesse. Tutto questo grazie a colui che ha coordinato lo sviluppo, ossia Shinji Mikami, il padre dei survival horror. Cionostante, le nostre preoccupazioni sono nate dal materiale rilasciato che – il più delle volte – non ci ha piacevolmente sorpresi. Inoltre, l’indecisione del team di sviluppo su quando rilasciare il gioco, visti i vari posticipi e anticipi del caso, ci ha lasciati un po’ interdetti e preoccupati. Abbiamo interpretato queste decisioni, come un modo per evidenziare le titubanze del team sullo stadio di sviluppo della nuova proprietà intellettuale. L’importante quindi era quello di trovarci dinanzi ad un videogioco interamente sviluppato, senza fretta e mancanze.
Quando abbiamo iniziato l’avventura, le sequenze scriptate del primo “capitolo” ci hanno fatto un po’ impallidire, anche perché – francamente – questo era uno degli elementi di preoccupazione che più ci attanagliavano. Fortunatamente con l’avanzare dei livelli, abbiamo notato una certa libertà proposta al giocatore, ma con il solo scopo di andare alla ricerca di nuovi approvvigionamenti e cure mediche, indispensabili per la sopravvivenza. All’inizio l’equipaggiamento a disposizione si contano sul palmo di una mano, ovvero una pistola, una lanterna utilissima per scovare negli angoli più bui ed infine l’utilizzo massiccio di armi da taglio per uccidere le presenze ostili con attacchi brutali. Il gameplay quindi non si discosta dagli altri esponenti del genere, risultando bilanciato, divertente ma alla lunga ripetitivo, nonostante le buone aggiunte a livello di armamenti. Per fare un confronto, The Evil Within sembra apparentemente un seguito spirituale di Resident Evil 4 che – come dicevamo ad inizio recensione – è l’ultimo capitolo di Capcom ad essere stato sviluppato senza contaminazioni dal genere degli action.
Il nuovo gioco di Mikami è in grado di mettere paura ai giocatori, ma in maniera più dosata ed improvvisa. Si ha sempre l’impressione di essere presi alla sprovvista, grazie alle cupe ambientazioni, piene di dettagli angoscianti come chiazze di sangue sulle pareti e pezzi di cadaveri buttati qua e là. L’aspetto visivo è abbastanza buono, con un sistema di illuminazione che garantisce luci e ombre realistiche. Purtroppo però alcuni elementi spigolosi, la caratterizzazione dei personaggi poco ottimale e alcuni rallentamenti del gioco, inficiano l’esperienza. Dal punto di vista delle ambientazioni, la produzione di Tango Gameworks e Bethesda non ha nulla da invidiare alle altre, ma offre qualcosa in più, proponendo spazi aperti come villaggi abbandonati e cimiteri, luoghi perfetti per tenere in ansia il giocatore finché non arriverà la fine del capitolo. Siamo dello stesso avviso per i luoghi chiusi che propongono stanze di media grandezza e corridoi veramente claustrofobici. Dunque, sarà sempre meglio agire con cautela e contare qualche secondo prima di sprecare le pochissime e indispensabili munizioni, perché combattere a mani nude sarà quasi deleterio, visto che gli zombie potrebbero afferrarci e succhiarci quel sangue tremolante che gira ancora nelle nostre vene.
In alcune occasioni – specialmente nelle prime battute di gioco – ci è stato permesso di attaccare i nostri nemici in maniera furtiva e all’occorrenza di nasconderci negli armadietti o sotto i letti per metterci al riparo dalle inquietanti creature. Ma andando avanti nell’avventura, i ripari si faranno sempre più rari, a maggior ragione quando occorrerà in nostro aiuto uno dei partner.
Il gioco presenta un sistema di progressione assolutamente importante per rendere il nostro detective più forte e abile. Ad esempio, c’è la possibilità di rendere il suo scatto più lungo, di avere una mira più efficace e di caricare più proiettili nel caricatore. Questo è senz’altro un modo per rendere più impegnativa l’avventura e mettervi alla prova su quale potenziamento puntare, perché i nemici con il progredire della campagna diventano sempre più ostici. Tuttavia, su questo c’è da fare una precisazione; al momento The Evil Within propone due livelli di difficoltà sbloccati. Il primo è dedicato agli inesperti e risulta essere più alla portata di tutti con la possibilità di trovare spesso e volentieri approvvigionamenti nelle casse e nei barili delle ambientazioni, mentre “incubo” è più impegnativo e i proiettili a disposizione saranno una vera e propria manna dal cielo. Fortunatamente gli sviluppatori hanno deciso di inserire la possibilità di diminuire il livello di difficoltà anche nel corso dell’avventura, visto che risulta davvero ostico. Successivamente però non sarà possibile aumentarlo nuovamente. Gli ultimi due aspetti da evidenziare riguardano entrambi il sonoro. Il doppiaggio in italiano è buono, ma l’espressività amorfa e i lunghi silenzi del protagonista – se non durante le scene di intermezzo – pesano come un macigno sulla produzione. Infine le musiche di accompagnamento svolgono il proprio compito in maniera magistrale, dandoci un’insicurezza e lasciandoci presagire il pericolo dietro l’angolo, anche se spesso e volentieri non è presente. Gli effetti sonori danno quel pizzico di sale in più al tutto e rendono l’azione di gioco ancora più inquietante e piena di suspance.
La speranza era quella di rivivere nuove emozioni con un vero survival horror. Shinji Mikami e Tango Gameworks ci sono riusciti efficacemente, realizzando un videogioco validissimo con le meccaniche proprie del genere offrendo una sfida ad alti livelli. Anche il sistema di progressione del protagonista è stato ben integrato e riesce sicuramente a rendere l'esperienza di gioco sempre più viva. Infine le ambientazioni sono ben fatte, ma alcuni elementi rendono la grafica sottotono. Non è esente da difetti e da fastidiosi rallentamenti quindi, i quali intaccano le sessioni di gioco. The Evil Within è un buonissimo survival horror che consigliamo a tutti gli appassionati, mentre coloro che - pur non digerendo questo genere di giochi - sono allo stesso tempo attratti e curiosi di provarlo, potrebbero farlo in compagnia di un amico. Che ne dite?