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Recensione

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – Recensione, una pizza uscita male

La nuova fatica di Platinum Games ci fa rivivere le avventure di un gruppo cult degli anni Novanta.

Le Tartarughe Ninja hanno vissuto la loro golden age negli anni novanta, quando serie tv animata e lungometraggi hanno consacrato il franchise tra i pilastri della cultura pop. Su grande schermo i quattro fratelli mutanti hanno subito un revival con la pellicola del 2014 diretta da Jonathan Liebesman.

In ambito videoludico sono diversi anni che il brand è orfano di un titolo che gli renda davvero onore. In occasione dell’annuncio da parte di Activision, le aspettative per Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan erano piuttosto alte.

La nuova fatica di Platinum Games sembrava incarnare tutto quel che un fan delle Tartarughe Ninja potesse desiderare, ovvero sbaragliare orde di nemici a suon di kung fu mutante. Purtroppo, dopo avervi finalmente messo le mani sopra, ne abbiamo tirato le somme e il verdetto ha più bassi che alti.

Il piano super cattivo di Shredder

La nuova avventura di Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Donatello passa inevitabilmente per i piani del loro più acerrimo nemico, Shredder. Il leader del Clan del Piede progetta, insieme al malvagio Generale Krang, un’invasione aliena che getterà New York nel caos.

Il gioco si divide dunque in nove livelli, nel corso dei quali i quattro fratelli dovranno affrontare svariati nemici e raccogliere sempre più indizi per arrivare alla verità e affrontare i due perfidi villain. Ogni livello, chiamato “Fase”, è strutturato in maniera identica agli altri e consiste nel portare a termine alcuni incarichi – che quasi sempre coincidono col menare mazzate contro ninja o mutanti avversari – fino ad arrivare ai boss finali.

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – recensione, una pizza uscita male

Ritroverete i nemici più iconici delle Tartarughe Ninja: da Bebop a Rocksteady, passando per Slash, Wingnut e Karai, fino alla battaglia finale contro Krang e Shredder. Una trama senza infamia né lode, che vi farà sentire come se stesse leggendo un albo qualunque o guardando un episodio speciale della serie tv animata.

Dal canto vostro potrete impersonare Leo, Raph, Mickey e Don a vostro piacimento e durante il gioco potrete cambiare tartaruga in qualunque momento. Ogni guerriero ha il proprio stile a seconda dell’arma che utilizza, ma la variante è puramente estetica: utilizzare l’una o l’altra tartaruga non vi darà alcun vantaggio o svantaggio in potenza o velocità

È questo uno dei principali difetti di TMNT: Mutanti a Manhattan, una disarmante superficialità nel concept generale del titolo. Anche con l’assegnazione di quattro Ninjutsu – acquistabili e potenziabili – la musica non cambia, poiché è possibile equipaggiare qualsiasi abilità a qualsiasi tartaruga, ragion per cui vi ritroverete ad assegnare sempre le stesse tecniche in base alla maggiore efficacia o al maggior livello piuttosto che all’abilità del personaggio.

Pizza per tutti

Non aiuta neanche il combat system, piuttosto macchinoso e basato sulla pressione di pochi tasti: uno di attacco leggero, uno di attacco pesante e le diverse combinazioni per i Ninjutsu, oltre che un utile attacco di schivata che si rivelerà prezioso contro i nemici più ostici.

La struttura del gameplay, però, farà sì che non baderete troppo alle combo per sgominare i vostri avversari, ma il tutto si ridurrà a una bolgia caotica nella quale passerete da una tartaruga all’altra per sfoderare i Ninjutsu disponibili, spesso e volentieri scatenando mosse combinate tra due fratelli.

E qui arriviamo al difetto più grave di Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan, una ripetitività a dir poco frustrante. Per tutti i nove livelli la musica sarà sempre la stessa: sconfiggere piccole ondate di avversari, riportare un oggetto in base o distruggerne altri entro il tempo limite. Questo, unito alla linearità del titolo – ovvero proseguire in ogni livello secondo uno schema fisso – rende TMNT: Mutanti a Manhattan privo di rigiocabilità.

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – recensione, una pizza uscita male

In multiplayer la longevità e la godibilità del titolo potrebbero leggermente gonfiarsi, ma i grandi limiti tecnici del gameplay si fanno sentire sia in co-op che in single player. Anche la difficoltà del gioco in sé, pur variando a seconda di quella che sceglierete, non dovrebbe crearvi troppi grattacapi, anche perché se tutti e quattro i fratelli vengono sconfitti verrete teletrasportati nel covo, dove potrete rifocillarvi a suon di abbuffate di pizza e tornare in campo. Questo, però, non vale con i boss: essere sconfitti in questi frangenti significa dover ripetere la boss fight da capo.

Ovviamente non è totalmente un disastro: il comparto grafico è gradevole agli occhi, facendo sfoggio di un apprezzabile cell shading e una grafica cartoon che strizzano l’occhio al mondo dei fumetti e della serie tv animata e che di certo sarà apprezzata dai fan delle Tartarughe.

Anche il sonoro fa il suo, tra un doppiaggio italiano ben realizzato – anche se è un peccato non avere le voci ufficiali delle Tartarughe Ninja – e musiche coinvolgenti durante il gioco. A fronte di un comparto grafico e sonoro accettabili, ma purtroppo di una componente tecnica e narrativa completamente prive di spessore, dobbiamo affermare con rammarico che Mutanti a Manhattan è un’occasione sprecata per Platinum Games.

Ancora una volta, purtroppo, per scovare un titolo ispirato a questo franchise degno di questo nome dobbiamo scavare nella storia dei videogiochi e tornare indietro di più di una generazione. Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è un ibrido tra musou ed action game senza tuttavia emulare le eccellenze dell’uno o dell’altro genere.

L’acquisto è certamente consigliato esclusivamente agli appassionati  di questo universo, che tuttavia non si troveranno di fronte al miglior esponente videoludico del franchise. 

I pro

  • Le Tartarughe Ninja sono sempre spassose
  • Grafica vivace che strizza l’occhio al cartoon

I Contro

  • Trama senza infamia né lode
  • Eccessiva fragilità nel concept generale del gioco
  • Gameplay troppo ripetitivo

Voto Globale 5

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è come quando vai in una pizzeria rinomata, ma ti rifilano una pizza mediocre. Platinum Games ha sciupato un’occasione d’oro per far rivivere un brand glorioso e dargli vita su console new gen. Comparto grafico e sonoro affascinanti e che strizzano l’occhio alle controparti cartacee e televisive dei quattro fratelli mutanti, ma purtroppo i pregi del titolo finiscono qui: il concept generale del gioco è di una semplicità disarmante e il gameplay ripetitivo. Siamo ben lontani dall’emulare produzioni che, nelle passate generazioni di console, ci hanno fatto divertire in compagnia di Leo, Raph, Mickey e Don; l’acquisto di Mutanti a Manhattan è quindi consigliato unicamente ai fan più accaniti del franchise che hanno voglia di vedere qualcosa di nuovo, pur rischiando di rimanerne comunque delusi.

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