Dopo Nex Machina arriva nel panorama PC un altro esponente dei twin-stick shooter. Ecco che cosa ne pensiamo in questa recensione!
Le prime impressioni contano. Ma non sempre riescono a raccontare con pienezza una particolare realtà. È il caso di Solstice Chronicles MIA che ci ha prima messo alle strette con una versione alpha impacciata e malamente realizzata, salvo poi redimersi (almeno in parte) grazie ad un prodotto finale dal sapore più gustoso. Vediamo quindi in questa recensione pregi e difetti del twin stick shooter di stampo classico sviluppato da Ironward.
Abbiamo avuto alcune settimane fa il piacere di recensire Nex Machina, nuovo titolo della software house finlandese Housemarque. Si trattava dell’ennesima conferma riguardo la bravura di uno studio di sviluppo capace di regalarci perle come Resogun ed Alienation e dell’interpretazione di un genere, quello dei twin stick shooter, in una visione frenetica e ricca di adrenalina. Solstice Chronicles MIA si presenta in tutt’altra maniera prediligendo una progressione maggiormente ragionata che posiziona il proprio focus più sulla presenza di abilità ed armi che sulla rapidità di movimento.
Non serve poi molto per capire le prerogative di Solstice Chronicles MIA. Bastano un paio di livelli (dei molti disponibili) per capire in che direzione spiri il vento. Il ritmo non dipende infatti dal giocatore, quanto dalla presenza e dal numero dei nemici. Stiamo parlando infatti di vere e proprie orde di mostri, orridi mutanti e schifosi risultati di un virus che ha messo in ginocchio una delle colonie umane presenti su Marte. Cosa abbia precisamente originato questa epidemia e quali siano le reali implicazioni di ciò sta a noi scoprirlo durante l’avventura, ma il sapore generale del contesto non è sicuramente qualcosa di nuovo ed inedito.
Dalla presenza sullo sfondo di misteriose corporazioni (no, non la Weyland Yutani di Alien), al particolare design dei nemici o delle meccaniche di gioco, sono molti i dettagli che ricordano produzioni ben più note; si tratta di una scelta che sembra giovare al gioco fino ad un certo punto. Se infatti fornire la produzione di Ironward di elementi già rodati riduce da un lato il margine d’errore, è anche vero che rivedere in un prodotto diverso nemici che sembrano essere presi a forza da contesti differenti fa stonare l’impatto generale. Uccidere per l’ennesima volta mostri che somigliano pericolosamente ai face-hugger disegnati da Giger nel 1979, ai demoni del recente Doom o all’odiato Nemesis di Resident Evil 3 non è qualcosa che potrà mai instillare grande gioia nel giocatore. D’altronde questa mancanza di originalità permea non sono la caratterizzazione dei nemici ma anche degli ambienti e degli scenari di gioco, fin troppo basilari nell’impatto visivo nonostante la loro articolata conformazione.
Il nostro procedere nel corso del gioco non sarà solitario. Ad assisterci, aiutarci e tenerci compagnia sarà infatti un drone ricco di abilità utili per la nostra sopravvivenza. Inutile dire che il suo ruolo sarà fondamentale all’interno del titolo, soprattutto qualora si decida di affrontare il gioco alle difficoltà più elevate, ricche di sfida e talvolta frustrazione. Le meccaniche basilari non permettono grosse distrazioni nemmeno ai livelli più semplici, dipendendo infatti da una barra di stato posizionata in alto a sinistra nello schermo che ci segnala la presenza più o meno massiccia di nemici ed il relativo livello di minaccia. Aiutare la nostra avanzata con le capacità aggiuntive del drone ci fornirà sì maggiori margini di manovra ma aumenterà anche il livello di pericolo del suddetto indicatore, svantaggiandoci qualora non facessimo buon uso delle carte in nostro possesso.
È anche vero, però, che le armi disponibili sono spesso più che sufficienti per porre un freno all’avanzata delle mostruosità presenti nei vari livelli. Tra pistole semiautomatiche, fucili a pompa, mitragliette e fucili d’assalto esiste solamente l’imbarazzo della scelta, ulteriormente ampliato dalla presenza di armi speciali disponibili in particolari zone dei livelli e necessarie per portare la morte nelle dimore dei “boss” presenti in alcune ambientazioni. Le masse enormi di nemici presenti all’interno del gioco ci avrebbero fatto sperare in sequenze di gioco più ritmate ed adrenaliniche, ostacolate invece alla prova dei fatti da un sistema di movimento la cui libertà dipende da un accurato uso della stamina. Schivare gli attacchi dei nemici non è quindi agevole come dovrebbe, specialmente nel caso dei pattern delle più grosse mostruosità.
La parziale mancanza di originalità di Solstice Chronicles MIA impatta non solo la componente narrativa (peraltro non una delle prerogative principali), ma soprattutto l’impatto visivo di un’opera che non spicca purtroppo per qualità generale ed unicità. Gli ambienti appaiono sì ben fatti eppure la definizione degli stessi è vittima di un visibile riuso di asset lungo tutto il corso del gioco, che rendono troppo simili tra di loro anche ambientazioni che dovrebbero al contrario essere ben differenti.
Nonostante questo aspetto marginale per alcuni giocatori, il titolo si presenta piuttosto bene nella sua semplicità (che coinvolge anche interfaccia e il menù). Certo, la visuale isometrica aiuta molto, ma rimane comunque percepibile un buon lavoro nel level design non per quanto riguarda l’impatto estetico quanto piuttosto per il posizionamento dei nemici, dei loro punti di spawn, di munizioni ed armi speciali. A differenza della versione alpha di Solstice Chronicles MIA che avemmo inizialmente avuto modo di provare, merita inoltre di essere menzionata la mancanza di particolari magagne tecniche, se non qualche sporadico calo di frame in occasione di alcune cut-scene. Un miglioramento sensibile e sostanziale rispetto ai numerosi problemi precedentemente riscontrati, che permette una fruizione dell’opera più che positiva.