Shiness: The Lighting Kingdom è un ambizioso videogame indipendente. Saranno riusciti gli sviluppatori a trarre il meglio dalle risorse a loro disposizione?
Shiness: The Lightning Kingdom è un videogame della casa francese indipendente Enigami, pubblicato da Focus Home Interactive e realizzato attraverso una campagna Kickstarter lanciata nel 2014 che fece raccogliere alla software house $139.865, un ottimo risultato se si considerano i $100.000 che costituivano l’obiettivo del team di sviluppo. Dobbiamo farvi notare, però, che nonostante Enigami avesse stabilito che al raggiungimento dei $110.000 il gioco sarebbe stato tradotto anche in italiano, ciò non è avvenuto, il che ci ha lasciati abbastanza delusi.
Chado, il nostro protagonista, è un giovanissimo Waki (questo il nome della sua specie), originario di Kimpao, dall’animo fortemente avventuroso. Da qualche tempo sostiene di riuscire a vedere e parlare con uno spirito, lo Shiness Terra, che rappresenta uno dei quattro elementi magici, chiamati per l’appunto “Shi”, presenti nel mondo di gioco, Mahera. Chado decide di partire alla ricerca delle Lands of Life con Poky, il suo ingenuo amico meccanico, dopo aver costruito la loro personalissima aeronave, che finisce immediatamente per schiantarsi. Dallo schianto in poi iniziano le avventure del gruppo, che arriverà ad essere composto da cinque personaggi in tutto.
La narrazione è molto lineare: le informazioni per proseguire il viaggio si acquisiscono semplicemente tramite dialoghi e cutscene. Durante i dialoghi è possibile scegliere che tipo di risposta dare, grazie ad un sistema costruito su “faccine”: una faccina con un punto interrogativo servirà per porre domande, una faccina dallo sguardo furbo fornirà l’opzione di risposta più astuta, una faccina arrabbiata farà ingaggiare il combattimento, e così via. In base alle (poche) decisioni che prenderemo e alle risposte che decideremo di dare, l’avventura potrà concludersi in due modi diversi, in cui a cambiare sarà sostanzialmente il boss finale. Le cutscene, invece, non sono le classiche scene in stile anime o in CGI, bensì delle piacevolissime vignette in stile manga. Queste sono anche le uniche scene ad essere doppiate, ma sfortunatamente il doppiaggio fa calare vertiginosamente il livello della componente narrativa a causa di un cast di doppiatori veramente poco ispirati; spesso, inoltre, ciò che viene recitato differisce leggermente da ciò che troviamo scritto nei baloon. In generale i dialoghi, doppiati o meno, non riescono a denotare una buona qualità, dimostrandosi invece spesso banali, ridondanti o smielati da cariare i denti.
In parallelo alla main-quest, parlando con alcuni NPC, si attiveranno alcune side-quest, mentre sulle bacheche sparse per mappa sarà possibile raccogliere una lunga serie di contratti, in tutto e per tutto simili a quelli già visti in The Witcher 3; parla con il diretto interessato, indaga, uccidi la creatura. Passando invece ai personaggi, durante la nostra avventura avremo la possibilità di accogliere altri tre compagni nel party, oltre ai già citati Chado e Poky. Affermare che questi nuovi membri del gruppo siano i meglio caratterizzati non è, effettivamente, un complimento; se già i quattro protagonisti (escludendo Chado, che è il più approfondito psicologicamente) sono tristemente scialbi, privi di motivazioni capaci di giustificare le loro azioni e praticamente in balia degli eventi che gli si presenteranno davanti, incapaci di prendere qualsivoglia decisione, vi lasciamo immaginare a cosa siano ridotti gli NPC e gli altri personaggi “di rilievo” che incontriamo durante la storia; burattini con un paio di frasi ciascuno. Purtroppo, anche l’antagonista principale non spicca, soprattutto perché le sue motivazioni restano prevalentemente in ombra rispetto alla trama ed emergono solo nelle battute finali del gioco.
Lo stile di combattimento è sicuramente l’aspetto su cui il team ha lavorato di più, e in fin dei conti è anche quello meglio riuscito; sfortunatamente, però, anch’esso non è esente da problemi, ben più gravi di un doppiaggio scadente o una sceneggiatura poco brillante. Il combat system di Shiness si divide infatti in due fasi: il melee e l’attacco magico a distanza. Nella fase melee, ogni personaggio ha il suo moveset di calci e pugni, concatenati in semplici combo; in più, quando la barra apposita si riempie, è possibile sferrare un attacco decisamente più potente tramite un quick time event (che purtroppo può essere interrotto molto facilmente dal nemico). Sono però le magie a rappresentare il meglio che il comparto ludico del titolo è in grado d’offrire. Nel momento in cui si ingaggia il combattimento, attorno agli sfidanti viene a crearsi un’arena a cupola, che assumerà a intervalli di tempo regolari un colore diverso per ogni elemento magico: terra, fuoco, acqua, aria. Mentre l’arena è di colore rosso, ad esempio, le magie di fuoco saranno più efficaci, aumenterà la resistenza ad esse e così via. Inoltre, sarà possibile ripristinare le “cariche” necessarie a scagliare incantesimi di quell’elemento.
I combattimenti sono rigorosamente uno contro uno: il primo che va a terra viene sostituito dal membro seguente del party e si procede finché tutto il party non è K.O, con la possibilità di switchare il combattente in base alle esigenze, dal momento che ogni nemico ha le sue resistenze e debolezze. Allo stesso modo, nel nostro roster sono presenti personaggi più portati per il combattimento melee, altri più efficaci con le magie e quelli a metà fra le due cose. Nel frattempo, chi è in panchina può usare delle skill di supporto (da impostare manualmente prima della battaglia) per curare, migliorare il danno o la resistenza, eliminare gli status negativi inflitti dal nemico e molto altro ancora.
Questo sistema incredibilmente equilibrato è, comunque, vessato da problemi di natura tecnica più o meno gravi. La telecamera, ad esempio, fa rimpiangere quella tanto criticata della serie dei Souls, poiché assume automaticamente le posizioni più scomode per lo scontro: il nostro combattente si impalla davanti al nemico e viceversa; si allontana fino a non farci vedere più la battaglia; finisce dentro cespugli, muri e qualsiasi elemento ambientale presente nell’arena, facendo scappare qualche imprecazione anche al giocatore più paziente. In più, quello che ci viene presentato come “lock” non serve effettivamente a fissare la visuale sul nemico e mantenerla in posizione, ma solo a riposizionare la visuale alle spalle del personaggio in uso. Un altro problema riguarda la reattività e i tempi di schivata del nostro personaggio; spesso il parry si attiva infatti solo dopo ripetute e convulse pressioni del tasto apposito, oppure i nemici ci incastrano letteralmente in combo infinite, ad esempio quando eseguono delle spinnate con l’arma o piazzano per terra delle magie-tornado che ci inseguono per l’arena.
Il mondo di Shiness non è vastissimo, ma è sicuramente molto vario. Si passa rapidamente da castelli fantasma a praterie sconfinate, dalla cima innevata di una montagna ad una città costruita sul dorso di un’enorme creatura volante. L’atmosfera è da sogno, tipica dei videogame fantasy, grazie anche alla colonna sonora che, seppur non particolarmente ispirata, è sempre azzeccata al contesto e all’atmosfera del luogo. Tutto lo stile grafico è in generale accattivante, non solo per quanto riguarda l’ambientazione ma anche per il design dei personaggi.
La progressione nella mappa è collegata ad alcuni enigmi, risolvibili grazie alle abilità specifiche di ogni membro del party: c’è chi usa la telecinesi, chi usa dei Menhir come oggetti da lanciare o come pesi, chi collega i flussi di Shi con i suoi strumenti. Inizialmente questi enigmi-puzzle sono semplici e intuitivi; la difficoltà aumenta col tempo, ma solo perché non ci vengono effettivamente spiegati tutti i modi in cui questi poteri possono essere effettivamente utilizzati. In alcune zone, la mappa di gioco può non risultare chiarissima poiché si estende verticalmente, e spesso ci costringe a seguire percorsi intricati, mentre altre volte dobbiamo affrontare delle brevi sessioni di platforming, purtroppo per niente preciso.
Concludiamo con un breve excursus sugli altri problemi tecnici che abbassano drasticamente il livello del gioco. Se vedete una zona che vi sembra facilmente raggiungibile, non fatevi ingannare: quasi sicuramente ci sarà un enorme muro invisibile che vi costringerà a cambiare strada. Molti geodata sono completamente sballati: si può attraversare il corpo di un animale o stare in piedi su cristalli appuntiti, fluttuare nell’aria o precipitare in un pavimento che sembrava solido. Infine, se vi capita di ingaggiare un combattimento in un’area in cui è presente un dirupo, una sporgenza o qualsiasi cosa dalla quale sia possibile cadere, state sicuri che il vostro personaggio ci finirà dentro, a volte col risultato di respawnare al centro dell’arena, a volte crepando malamente. Infine, anche se raramente, meritano di essere menzionati alcuni fastidiosi cali di frame-rate nelle fasi esplorative.
Shiness: The Lightning Kingdom è un gioco molto ispirato dal punto di vista del design e delle atmosfere; prende il meglio dagli RPG e dai picchiaduro ad arena e li unisce in un mix tutto nuovo. Risulta, comunque, troppo spesso soggetto a problemi tecnici gravi, che abbassano il livello generale dell’esperienza insieme ad una trama poco coinvolgente, personaggi trattati superficialmente e una recitazione piuttosto scialba.