Dopo averne perso ogni traccia, Tequila Works è finalmente riuscita a portare sugli scaffali il tanto atteso Rime.
In quella che è l’industria videoludica dell’ultimo decennio, capita oramai non di rado che titoli appena annunciati ma comunque largamente attesi dal pubblico scompaiano improvvisamente da ogni radar per anni ed anni solo per poi riapparire dal nulla, pronti a far stragi, nel bene e nella cattiva sorta; successe ai tempi di Duke Nukem Forever, recentemente lo abbiamo vissuto tutti con Final Fantasy XV e The Last Guardian, è riaccaduto con Rime. Presentata alla Gamescom dell’ormai lontano 2013, la nuova creatura di Tequila Works fu inaspettatamente capace di rapire l’intera platea lì presente con un piccolo quanto evocativo trailer che conquistò immediatamente cuori e menti di critica e pubblico.
Tra chi lo comparava alle opere del Team Ico e chi, ancora, già andava decantando le lodi del videogioco per antonomasia, dai più definito come un diamante grezzo il cui carisma traspirava da ogni più insignificante pixel, fu subito chiaro a tutti che la neonata esclusiva di casa Sony aveva indubbiamente fatto centro, riuscendo nel non facile compito di spianarsi la strada verso un sicuro traguardo di successi e scroscianti applausi entusiasti; ma poi, il castello di carte crollò. A poche settimane di distanza da quel primo video gameplay, cominciano a circolare voci sempre più insistenti che vedrebbero una situazione dei lavori tutt’altro che rosea, tra blocchi lavorativi, trattazioni fallimentari ed incapacità creative e ludiche difficilmente aggirabili, un susseguirsi di spaventosi rumor che, infine, si concretizzano in un tanto inquietante quanto esplicativo silenzio tra Sony ed i ragazzi di Tequila Works.
D’un tratto, Rime scompare dai riflettori che lo avevano elevato verso l’Olimpo dell’industria videoludica per poi svanire definitivamente nel nulla, inghiottita da quel pericoloso e confusionario vaporware tanto discusso tra i videogiocatori odierni. Passano circa tre anni e della nuova IP di casa Tequila si è ormai persa ogni traccia, da molti utenti data come definitivamente cancellata, con buona pace di tutto coloro i quali avevano confidato nel progetto, ma nel marzo 2016 ecco che si riaccende la fiamma della speranza, più vivida che mai.
Il team di sviluppo annuncia ufficialmente il taglio dei rapporti con Sony ed il riacquisto della proprietà intellettuale, confermando successivamente l’arrivo della sua travagliata creatura per la primavera 2017 su PC, Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch, una dichiarazione che venne presa dall’utenza con isterica felicità ma anche con un pizzico di preoccupazione, conscia del fatto che sviluppi videoludici così ricchi di problematiche possono spesso portare sui nostri schermi titoli tutt’altro che memorabili. Dopo aver atteso per anni questo momento, anche noi abbiamo finalmente potuto mettere le nostre mani sulla versione Playstation 4 del titolo, studiandone nel dettaglio ogni più piccolo particolare; se siete tra coloro i quali temevano di potersi ritrovare con un risultato finale non all’altezza delle aspettative, vi anticipiamo fin da subito che potete tirare un lungo e liberatorio sospiro di sollievo.
Quella di Rime è una storia che inizia lanciando l’utente di turno direttamente nel cuore dell’avventura. Niente spiegazioni, niente preamboli, solo un bambino appena risvegliatosi in una spiaggia ed un’isola tutta da esplorare, una scelta tanto spiazzante quanto funzionale allo scopo programmato dagli sviluppatori. Uno degli elementi indubbiamente più riusciti dell’esperienza offerta dall’opera di casa Tequila Works riguarda infatti proprio la sua capacità nel conquistare fin da subito l’interesse del videogiocatore che, anche grazie alla totale mancanza di qualsivoglia dialogo o testo scritto, si ritroverà immediatamente travolto da una miriade di domande diverse; chi siamo? Da dove veniamo? Dove ci troviamo? Qual è il nostro compito?
Dopo i primi minuti in-game, durante i quali prenderemo rapidamente dimestichezza con i comandi di gioco, ci ritroveremo intenti ad esplorare più in profondità l’affascinante isola che si staglierà davanti a noi, rimanendone incantati. Dopo pochi passi, eccoci all’interno di una fitta foresta ricolma di fauna diffidente nei nostri confronti; qualche veloce arrampicata, un sentiero da seguire, ed ecco che ci ritroveremo davanti alle rovine di quella che sembrerebbe essere una città ormai abbandonata, lì dove troveremo ad attenderci un volpino dai poteri magici ed una misteriosa figura umana ben attenta a non avvicinarsi troppo al nostro alter-ego digitale. Cos’è successo in questo luogo? Chi ci osserva nascosto nell’ombra? Questi sono solo alcuni degli innumerevoli quesiti che vi porrete nel corso del vostro viaggio, un’esperienza ludica che nel suo volerci raccontare una storia riesce a tenere perennemente sulle spine l’utente, invischiandolo in un vortice di dubbi ed interrogativi che renderanno praticamente impossibile appoggiare il pad fin quando non saranno sopraggiunti i titoli di coda.
Rime è la rappresentazione più vivida e lucida di un viaggio dalla meta incerta ma comunque sempre palpabile, sempre a portata di mano, un’avventura affascinante ed incapace di far perdere interesse nei suoi confronti; il pathos emotivo che il titolo riesce a trasmettere ha dell’incredibile, ancor più se si pensa che l’intero intreccio narrativo è per buona parte messo nelle mani di semplici immagini e pitture da dover interpretare, ma è indubbio che la vera ciliegina su questa prelibata torta sia rappresentata dal tanto imponente quanto evocativo epilogo, un pugno nello stomaco che già da solo varrebbe il prezzo del biglietto. Se volessimo fare un confronto diretto, potremmo affermare che Rime ci ha dato, oggi, ciò che Journey ci diede anni ed anni fa, con però una maggiore attenzione ai dettagli. Al contrario della creatura targata Thatgamecompany, Rime non commette infatti l’errore di mettere da parte la componente ludica che un videogioco dovrebbe saper offrire.
Nel corso delle circa sei ore necessarie per concludere la propria avventura, che possono però arrivare anche alla decina abbondante nel caso in cui decidiate di puntare al raccoglimento di tutti i collezionabili sparsi per la mappa di gioco, vi ritroverete infatti a dover fare i conti con una struttura in-game indubbiamente lineare ma costellata di puzzle ambientali da dover risolvere per avanzare. Nonostante sia assolutamente indubbio che in certi frangenti si sarebbe potuto fare decisamente di più per rendere tali fasi maggiormente godibili e complesse, i numerosi enigmi che vi si pareranno davanti riusciranno comunque nel loro compito più importante, variegare l’esperienza senza far dimenticare al videogiocatore di stare effettivamente videogiocando.
Giochi di prospettiva, luci ed ombre da dover sfruttare a proprio vantaggio, statue da attivare per poter accedere a nuove aree, queste sono solo alcune delle possibilità che verranno poste di fronte all’utente, piccoli intervalli ludici mai troppo complessi e dalla risoluzione facilmente intuibile – a tratti anche troppo facilmente – capaci di rendere più piacevole un’opera che, altrimenti, avrebbe rischiato di venire facilmente a noia per una consistente fetta di pubblico.
Tecnicamente parlando, Rime vive di alti e bassi che riescono indubbiamente a soddisfare l’occhio del videogiocatore senza però riuscire a soddisfarlo in toto. Il titolo sfoggia infatti una direzione artistica di gran livello, con ambientazioni ben variegate e capaci di mettere in mostra un forte carisma in grado di catturare fin da subito l’utente, il quale in più di un’occasione si ritroverà intento ad osservare paesaggi semplicemente indimenticabili. Tra foreste lussureggianti, deserti soleggiati ed abitazioni fatiscenti, verrete velocemente rapiti nei morbidi colori pastello che abbelliscono con magnificenza ogni superficie, regalando un risultato finale a dir poco invidiabile.
Sfortunatamente, su di una normale Playstation 4, il titolo soffre di numerosi ed ingiustificabili cali di frame-rate che, seppur non vadano ad intaccare la giocabilità dell’opera, finiscono irrimediabilmente con l’irritare ed infastidire. Degni di nota anche i giochi di luci ed ombre che, rappresentando parte integrante del gameplay, sono stati realizzati con grande cura ed attenzione, seppur qualche bug occasionale potrebbe creare non pochi grattacapi nelle fasi più avanzate dell’avventura. Menzione d’onore, infine, per la componente audio di cui si compone l’opera, con una colonna sonora d’incredibile qualità, capace di mescolarsi alla perfezione con le variegate situazioni che vi ritroverete a dover affrontare, ed una campionatura degli effetti sonori assolutamente di buon livello.
Nonostante si sia fatto attendere a lungo, Rime è riuscito nel non facile compito di superare ogni nostra più rosea aspettativa. I ragazzi di TequilaWorks hanno portato sui nostri schermi un’opera maestosa, capace di conquistare fin da subito il videogiocatore immergendolo nelle sue meravigliose ambientazioni e coinvolgendolo nelle vicende "narrate", capaci di tenere sulle spine fino ad un indimenticabile finale che difficilmente vi lascerà indifferenti. Un art-design da urlo ed una colonna sonora d’altissimo livello chiudono il cerchio di un'opera strepitosa ma che non riesce a toccare l’agognata perfezione per colpa di un'attenzione ludica sì presente, ma comunque visibilmente migliorabile, a cui vanno poi ad unirsi tanto numerosi quanto fastidiosi cali di frame-rate che sporcano la resa finale. Di una cosa, però, siamo certi; se avete amato Journey, non lasciatevi scappare questa piccola perla.