Con non pochi problemi, Rainbow Six Siege è infine arrivato nei negozi, ma il risultato finale si è rivelato ben diverso da quanto inizialmente pronosticato
Quando Ubisoft presentò per la prima volta il suo Rainbow Six: Siege, milioni di videogiocatori da tutto il mondo rimasero con il fiato sospeso, speranzosi di aver finalmente trovato una nuova perla nel panorama degli sparatutto competitivi. Fin dalle sue prime presentazioni, infatti, la software house francese sembrava avere le idee ben chiare per lo sviluppo di un titolo qualitativamente eccellente, con una campagna single-player di spessore unita ad un comparto multiplayer profondo e caratterizzato da meccaniche di gameplay all’insegna del lavoro di squadra. L’intera opera sembrava inattaccabile e le premesse non potevano essere più rosee, eppure, tutto d’un tratto, la magia e le belle parole dovettero fare i conti con la dura realtà dei fatti.
Prima, gli sviluppatori decisero di cancellare totalmente qualsiasi campagna single-player all’interno del titolo e poi, con forza ancor più devastante, venne rilasciata una beta pubblica in grado di mettere in mostra tutte le basi scricchiolanti di una struttura di gioco ancora grezza. Dopo quell’evento decisi comunque di confidare nel progetto, speranzoso di ritrovarmi con un titolo limato in quei numerosi dettagli da dover rivedere il prima possibile, dettagli che però non solo sono rimasti immutati nell’opera finale ma anzi, sotto alcuni aspetti sono addirittura peggiorati.
Rainbow Six: Siege si compone di tre modalità videoludiche ben distinte. La prima, denominata “Situazioni”, si riassume in dieci piccole missioni per giocatore singolo realizzate allo scopo di far familiarizzare i videogiocatori con le meccaniche proposte dal titolo e i diversi Operatori utilizzabili, sicuramente utile prima di lanciarsi nelle componenti multiplayer dell’opera ma ben poco interessante in termini puramente ludici e priva di qualsivoglia contesto narrativo. Superato suddetto preambolo, si passa alla modalità PvE “Caccia al terrorista”, in cui si dovranno portare a compimento obiettivi diversi tramite l’aiuto di altri quattro utenti. All’interno di tale componente videoludica risulta fondamentale la cooperazione e la comunicazione con gli altri compagni di squadra, al fine di coordinarsi per l’eliminazione di tutte le minacce presenti sulla mappa.
Tali sezioni di gioco risultano divertenti ed appaganti se si hanno altri quattro amici che possiedono il titolo, con sezioni preparatorie durante le quali discutere attentamente sui piani d’attacco e difesa che meglio si adattano alla situazione. Purtroppo, però, il tutto crolla miseramente nel momento in cui ci si ritrova con giocatori occasionali e selezionate in maniera casuale. Inoltre, non posso fare a meno di dedicare qualche parola all’intelligenza artificiale di cui si compone il titolo, decisamente poco curata e ricca di lacune. In più di un’occasione, infatti, mi è capitato di avere a che fare con terroristi in grado di prevedere il futuro, riuscendo così a colpirmi da dietro mura o protezione ancor prima di essermi fatto vedere da qualsivoglia pericolo.
Spesso e volentieri, poi, i nemici si incastrano in qualche angolo della mappa o, ancora, restano totalmente immobili anche mentre vengono violentemente crivellati. In alcuni casi specifici, però, sembra quasi che il gioco voglia deliberatamente barare per aumentare la difficoltà della situazione, con avversari in grado d’individuarvi ed eliminarvi da posizioni in cui eravate praticamente invisibili, una situazione che purtroppo mina profondamente le potenzialità delle due modalità descritte poco sopra, di fatto rendendo suddette fasi di gioco fin troppo snervanti. Infine, Rainbow Six: Siege si compone della modalità di gioco denominata semplicemente “Multiplayer”, il vero piatto forte dell’intera produzione. La prima nota dolente dell’esperienza si riassume nel risicato numero di modalità di gioco presenti, all’interno delle quali dovrete liberare un ostaggio, disinnescare una bomba o difendere una determinata zona della mappa.
Peggio ancora, tutte e tre le modalità presenti non solo sono decisamente poche per un titolo improntato al multiplayer, ma si sono rivelate essere anche terribilmente simili tra loro, a tratti addirittura identiche. Di fatto, il modus operandi di ogni tipologia di match affrontabile nel gioco risulta terribilmente piatto, al punto tale che ben presto si finisce con l’ignorare totalmente gli obiettivi da dover portare a termine così da concentrarsi unicamente sull’eliminazione della squadra avversaria.
L’intera struttura di gameplay, poi, crolla rovinosamente su se stessa a causa di un bilanciamento tra difensori ed attaccanti completamente assente, con quest’ultimi che spesso e volentieri si troveranno avvantaggiati sotto diversi aspetti. In particolare, non posso fare a meno di citare le unità munite di scudo, dei veri e propri carri-armati quasi impenetrabili che se gestiti nel modo giusto possono diventare inarrestabili. Il fatto che gli attaccanti ne possano avere fino a tre contemporaneamente mentre i difensori non potranno utilizzarne neanche uno, poi, rende il tutto ancor più tragicomico.
La prima cosa che salta subito all’occhio quando si prova ad entrare in una qualsiasi partita è sicuramente la situazione tutt’altro che rosea di server e funzioni del matchmaking. Infatti, non solo capita molto spesso di non trovare nessun videogiocatore o di veder comparire una qualche scritta d’errore nel pieno dello scontro, tra l’altro con il rischio di ritrovarsi in eterni loop di caricamenti mentre si cerca di accedere a qualche match, ma nel gioco non è neanche possibile scegliere quale modalità o mappa di gioco affrontare. Di fatto, in Rainbow Six: Siege potrete selezionare delle preferenze, specificando la mappa preferita, la modalità più odiata e quella maggiormente apprezzata.
Se da un lato, però, le scelte sulle modalità si rivelano funzionali, aspetto che ci da la possibilità di non avere a che fare con una determinata tipologia di scontro anche per molte partite consecutive, tutta la questione assume risvolti quantomeno opinabili quando si prendono in considerazione le mappe in cui potersi affrontare. Il titolo, infatti, prenderà in esame le preferenze di tutti i giocatori in partita, con il risultato che sarà quasi impossibile finire fin da subito nella mappa di gioco che preferiamo.
La software house francese ha cercato di ovviare al problema inserendo nel competitivo la possibilità di realizzare partite custom o playlist personalizzate all’interno delle quali poter decidere cosa giocare, ma il tutto risulta prettamente inutile vista l’impossibilità di ottenere esperienza o crediti in tali frangenti di gameplay. Parlando di ricompense, ogni qualvolta che finirete un match verrete ricompensati con crediti e punti esperienza. Tramite i primi avrete modo di sbloccare nuovi Operatori da utilizzare in partita e modifiche per personalizzarli. Purtroppo, si denota una forte carenza sotto tale aspetto, con la possibilità di sbloccare solo qualche arma, accessorio o, ancora, qualche skin.
In totale, sono presenti venti Operatori diversi divisi in due categorie, ovvero “difesa” e “attacco”. Tutti i soldati utilizzabili fanno parte di cinque forze speciali provenienti da tutto il mondo (SAS, FBI, GSG, GIGN e Spetznaz), differenziati per alcune peculiari caratteristiche in grado di modificare profondamente il corso di uno scontro. Oltre alle già citate unità dotate di scudo, infatti, avremo a che fare con soldati dotati di possenti martelli per distruggere facilmente qualsiasi ostacolo ci sbarri la strada, unità in grado di rivelare il battito cardiaco dei nemici o, ancora, combattenti capaci di piazzare particolari esplosivi in grado di causare gravi danni ai membri della squadra avversaria. Purtroppo, però, ben presto si denota la presenza di classi decisamente più performanti di altre, con il risultato che delle venti unità utilizzabili ce ne sono almeno otto che non capita quasi mai di vedere in partita, un aspetto che tende ad appiattire ancor di più la formula di gioco.
Tramite i punti esperienza sarà invece possibile salire di grado, aspetto di gioco realmente utile solo quando si sarà raggiunto il ventesimo livello. Arrivati a quel punto sarà infatti possibile accedere alle partite classificate, le quali faranno sfoggio di un sistema di matchmaking basato sulle abilità del videogiocatore o, ancora, comprendenti interessanti modifiche ad alcune delle meccaniche di gameplay, tra esplosivi più efficaci e assenza dell’auto aim, un’aggiunta sicuramente piacevole ma che avrei preferito fosse implementata fin dall’inizio. Nelle sezioni di gioco PvP, inoltre, sono stati totalmente eliminati i terroristi, qui rimpiazzati da altre forze speciali. Probabilmente, tale drastico cambiamento è stato effettuato a seguito degli eventi che si sono susseguiti nell’ultimo periodo, ma non si può non denotare come lo spirito della serie e, più in generale, il realismo che il titolo si riproponeva di ricreare, venga brutalmente ridimensionato.
Nonostante i numerosi difetti che affliggono il titolo, il gioco riesce comunque ad intrattenere e a divertire, ma il tutto ad una condizione che non va assolutamente presa sottogamba; per godere appieno dell’esperienza che Rainbow Six: Siege è in grado di offrire, bisogna avere altri tre o quattro amici con cui giocare. Quando si ha infatti la possibilità di comunicare con i propri compagni, sono molte le possibilità che il titolo riesce ad offrire. Collaborare per mettere in pratica la tattica giusta, coordinandosi al fine di sfondare una stanza da più parti o organizzandosi per difendere tutti i punti chiave di un determinato luogo d’interesse, porta a situazione altamente spettacolari e gratificanti.
In più di un’occasione ho avuto modo di mettere in pratica con altri videogiocatori alcuni piani che hanno portato ad esiti esaltanti, attirando il fuoco nemico per permettere ai compagni di aggirare la zona di scontro e colpire da dietro o, ancora, facendo detonare contemporaneamente diversi esplosivi in più punti della mappa così da disorientare il nemico ed attirarlo in trappola. Queste sono solo alcune delle numerose possibilità offerte dalla produzione targata Ubisoft, dimostratasi capace d’offrire un tasso di divertimento che altri sparatutto non sono in grado di riproporre.
Purtroppo, però, nel momento in cui si decide di giocare con altri videogiocatori dal mondo, tutto ciò che il titolo era in grado d’offrire svanisce nel nulla. La mancanza di comunicazione rende impossibile la realizzazione di tattiche assortite, senza poi considerare la presenza di problemi in una community che, evidentemente, non ha ben capito le caratteristiche di cui si compone il gioco. Spesso e volentieri, infatti, capita di vedere compagni che abbandonano totalmente il gruppo, lanciandosi a testa bassa contro il nemico e facendosi conseguentemente crivellare senza pietà.
Rainbow Six: Siege non è assolutamente un gioco per tutti e, attualmente, è un vero peccato veder sciupare le possibilità offerte in favore di azioni alla Rambo che portano ben poco, se non gli insulti della propria squadra. Purtroppo, sono presenti anche altri giocatori ben più fastidiosi, i quali si divertono ad eliminare i propri compagni ad inizio partita o, ancora, ad abbandonare un match solo perché la situazione dello scontro non sta volgendo a nostro favore. Mi sembra davvero insensato che Ubisoft non abbia inserito alcun tipo di penalità per queste tipologie di “videgiocatori”, i quali sembrerebbero essere solo interessati a rovinare le partite altrui.
Tecnicamente parlando, Rainbow Six: Siege risulta visivamente poco ispirato e piuttosto lontano dagli standard che numerosi titoli odierni hanno raggiunto. Il gioco è infatti ricco di texture tutt’altro che impressionanti, modelli degli oggetti poveri di poligoni ed animazioni dei personaggi ben poco sorprendenti, a cui vanno ad aggiungersi giochi di luci ed ombre appena sufficienti, senza contare la presenza di numerosi bug grafici non troppo gravi ma comunque fastidiosi. Di contro, gli effetti particellari e, più in generale, la fisica degli oggetti distruttibili risultano molto curati. Di fatto, però, risulta impossibile non constatare il pesante downgrade a cui il titolo è andato incontro.
Facendo infatti dei confronti con quanto inizialmente presentato, è impossibile non denotare un peggioramento visivo sotto praticamente qualsiasi aspetto. Nel opera finale è stato addirittura eliminata la possibilità di scegliere da quale zona della mappa cominciare la partita, lasciando tale scelta al caso. Nel titolo, purtroppo, sono stati notevolmente ridimensionati anche i punti distruttibili all’interno delle diverse mappe. In particolare i pavimenti, che dai primi video mostrati sembravano essere totalmente distruttibili, hanno perso buona parte della loro utilità, riducendo le zone abbattibili tramite cariche esplosive a poche botole ben visibili che diminuiscono enormemente le possibilità di verticalizzazione inizialmente previste.
Sia ben chiaro che non siamo di fronte ad un comparto tecnico insufficiente ed anzi, in più di un occasione è possibile assistere a situazioni dal grande impatto scenico, ma non si può in alcun modo sorvolare sul fatto che, per l’ennesima volta, Ubisoft abbia mostrato al pubblico un prodotto che, a conti fatti, è ben lontano da quanto ci era stato mostrato molti mesi addietro, una mancanza di rispetto nei confronti dei videogiocatori che non può e non deve essere messa in secondo piano.
Rainbow Six: Siege doveva essere uno sparatutto rivoluzionario, ricco di contenuti e qualitativamente eccelso. È un vero peccato, quindi, dover constatare che il risultato finale è ben al di sotto delle aspettative. A livello di contenuti generali il gioco è spaventosamente carente, con la totale mancanza di una campagna single-player, aspetto inaccettabile se si pensa al brand da cui il titolo prende il suo nome, ed un multiplayer deficitario sotto molti aspetti. La modalità “Caccia al terrorista” risulta pesantemente minata da un’intelligenza artificiale fortemente sottotono mentre le modalità multiplayer più gettonate, vero cuore pulsante dell’opera, si sono dimostrate fin troppo risicate in termini di quantità e differenziazione delle stesse.
Le classi, così come le intere squadre, risultano piuttosto sbilanciate, con gli attaccanti che si rivelano molto più pericolosi dei difensori grazie anche, e soprattutto, alla possibilità di poter utilizzare ben tre unità dotate di scudo, ovvero gli Operatori più sbilanciati fra tutti quelli disponibili. Eppure, nonostante tutti i difetti evidenziati, giocare con altri amici con i quali poter comunicare risulta divertente e permette di dar forma ad interessanti tattiche in grado di aggiungere spessore al titolo. Ovviamente, tutte le possibilità offerte crollano rovinosamente su se stesse quando si tenta di giocare con altri utenti dal resto del mondo. Chiude il cerco un comparto tecnico qualitativamente piacevole ma che non stupisce, senza tener presente il pesante e visibile downgrade a cui il titolo è andato incontro.