JRPG, strategico in tempo reale o gestionale? Rispondiamo a questo e ad altro nella nostra recensione!
Quando Ni No Kuni sbarcò nel vecchio continente, a seguito di poco più di un anno di ritenzione nella terra del Sol Levante, fu accolto con estremo entusiasmo da critica e pubblico. Merito di Level-5, uno dei più talentuosi team di sviluppo giapponesi in campo di rpg. E di un certo Studio Ghibli, che si prestò a supervisione dell’intera opera. Dal calderone uscì un titolo brillante, essenziale quanto incantevole sotto il profilo narrativo, nonchè vario e profondo nel suo substrato squisitamente ludico. A poco più di 5 anni dall’approdo in terra nostrana su PlayStation 3 (il “primo” capitolo fu rilasciato in origine esclusivamente in Giappone dapprima su Nintendo DS, nel 2010, per approdare solo l’anno successivo sull’allora ammiraglia di casa Sony), lo stesso studio giapponese ci porta Ni No Kuni 2: Il Destino di un Regno, sequel non proprio convenzionale. Ci preme, a tal proposito, informare il lettore fin da subito circa due aspetti solo in apparenza marginali, in realtà importanti per la disamina dell’esperienza complessiva. Numero uno: la continuità con Ni No Kuni è esclusivamente stilistica e – in parte – ludica. Non c’è alcun continuum narrativo, nella maniera più assoluta. L’immaginario ideato e ricostruito è completamente indipendente, motivo per cui questo capitolo risulta perfettamente fruibile anche da tutti coloro i quali non avessero mai nemmeno sentito parlare di Ni No Kuni. Numero due: la produzione è rimasta orfana del rinomato studio cinematografico di Tokyo. E credeteci se vi diciamo che non è affatto un dettaglio di poco conto, nella circostanza.
La vicenda narrata in Ni No Kuni 2: il Destino di un Regno è per impostazione e temi trattati molto vicina a quanto visto nel predecessore. Il racconto preserva quell’impronta fiabesca che si sposa perfettamente con tematiche quali il tema del viaggio, la solidarietà, la crescita e la formazione dell’io. L’impresa del giovanissimo principe felinide Evan Pettiwhisker Tildrum è mossa da un nobile fine: quello di riunire tutte le razze del mondo sotto la stella comune della fratellanza, della pace, dell’amore e dell’uguaglianza sociale. A seguito di un colpo di stato messo in atto da uno dei più fidati consiglieri di suo padre, Re Leopold, Evan è infatti costretto a fuggire dal regno di Gatmandù, del quale si proclama nuovo re Ratoleon. Ha inizio il suo viaggio ai confini di un fantasioso mondo, etnicamente variopinto e strutturato in regni. Il nostro piccolo comprimario, stretto il vincolo con un buffo e minuto dearca di nome Solario e fondato il regno di Eostaria, si reca con la sua sempre crescente schiera di consiglieri al cospetto degli altri sovrani, per proporre un trattato pacifico di alleanza e cooperazione, al fine di creare un mondo unito, privo di conflitti. Oltre al polimorfo quadro geopolitico, che porrà il nostro eroe di fronte ai demoni dell’individualismo e dell’egemonia, ad ostacolare il nostro cammino ci penserà anche il classico villain assetato di potere ed ammaliato dall’estasi della distruzione.
La narrativa di Ni No Kuni 2 si rivela da un lato gradevole, intrisa del genuino e snello fascino della semplicità che sono in grado di trasmettere le fiabe. Sebbene le tematiche trattate e le situazioni in cui ci imbatteremo risultino esposte in maniera estremamente basilare – a partire da una scrittura piuttosto elementare nello stile – le delicate forme poligonali che il cell shading modella a schermo conferiscono un tocco di magica enfasi anche ai vari momenti dell’avventura. In tal senso, si insinua tra i sensi del giocatore una dolce sensazione di deja vu, mossa dalla piacevole eco del “primo” capitolo. Tuttavia, ci si accorge abbastanza presto che qualcosa non torna; un qualcosa di sottile, ma che allontana inequivocabilmente il comparto narrativo da quello di Ni No Kuni. Ciò in cui la narrazione di Ni No Kuni 2 si inceppa è da ricercarsi principalmente in ambito stilistico. Ed ecco che ci ricongiungiamo all’epilogo del paragrafo introduttivo: l’assenza dello Studio Ghibli, che dir se ne voglia, ha inciso. Sfortunatamente, in maniera negativa. La sapiente maestria dello studio nipponico aveva conferito alla formula narrativa del predecessore uno stile unico ed efficace, caratterizzato da delle sequenze animate in cui il disegno la faceva da padrona, alternate a fasi in cui a dare forma al narrato era la mole poligonale. In questo secondo capitolo lo stacco è netto, reciso: le cutscene sono state pressochè eliminate. Ecco che gli avvenimenti vengono affidati quasi totalmente ad animazioni in-game fortemente limitanti per quanto concerne lo spessore scenico e la resa caratteriale dei personaggi. La prevalente assenza di doppiaggio, inoltre, contribuisce alla limitazione dell’immedesimazione del giocatore, portando inevitabilmente a dover raccontare la maggior parte degli avvenimenti mediante dialoghi resi anonimi da un comparto animazioni piuttosto scarno.
La struttura ludica di Ni No Kuni 2: Il Destino di un Regno è una delle più ambiziose che si siano mai viste. I Level-5 sembrano aver voluto puntare su di una mole contenutistica davvero ampia. Le cose da fare non mancheranno mai, per un’esperienza che vi chiederà anche oltre le 40 ore di gioco per la sola storia principale. Il mondo di gioco sarà vasto, i dungeon ricchi di nemici ed NPC pronti ad attaccarvi o chiedere il vostro aiuto, e i regni ricreati vantano una cura ed un fascino ambientale degni di menzione. Ci saranno ben oltre 100 incarichi secondari da portare a termine, oltre alla main story, all’esplorazione volta alla semplice ricerca di oggetti o all’abbattimento di nemici particolarmente ostici denominati creature del maleficio. Tutto alla grande, giusto? Purtoppo no. Anche qui Ni No Kuni 2 riesce a spezzare la magia, grazie ad una serie di problematiche tutt’altro che trascurabili. La vastità dell’esperienza nella sua interezza non è accompagnata da altrettanta varietà. La struttura delle side quest è ancorata alle classiche ed abusate due tipologie di incarichi: neutralizzare il nemico di turno, o recuperare determinati oggetti in cambio della lauta ricompensa. La narrativa non riesce a fare da collante ed attenuare una ripetitività di fondo che si farà sentire molto prima di quanto fosse lecito attendersi.
La grande ambizione ha portato il team giapponese al tentativo di inglobare ben tre generi videoludici all’interno di Ni No Kuni 2. Quest’ultimo alterna alla struttura da JRPG già rodata dal predecessore delle fasi gestionali legate alla crescita del regno di Evan, introducendo persino alcune battaglie campali che riportano elementi e caratteristiche tipici degli strategici in tempo reale. Se l’esperienza gestionale si rivela nel complesso riuscita e ben contestualizzata all’interno della sfera narrativa e ludica della produzione, lo stesso non può dirsi per gli scontri campali, al contrario pleonastici e meramente riempitivi. Il motivo è da ricercarsi in un loro forzato inserimento nel quadro generale, nonché in una struttura estremamente basilare che li porterà presto a noia. Avrete la possibilità di schierare quattro tipologie di armate, e tutto ciò che potrete fare sarà ruotarne la posizione, finendo in maniera piuttosto scontata a portare l’artiglieria pesante in prima linea e gli arcieri al riparo, in coda. Ogni armata avrà un’abilità speciale che potrete utilizzare a seconda della vostra forza militare residua, espressa da un punteggio. Le armate potranno essere potenziate mediante l’apposita struttura che dovrete costruire nel vostro regno, oppure potrete acquisirne di nuove reclutando nuovi personaggi non giocanti e portandoli ad unirsi alla vostra causa. In tal senso, il substrato gestionale dell’esperienza di gioco si lega in maniera interessante alla progressione in game; per potenziare armi o armature, sbloccare bonus e vantaggi di cui usufruire in battaglia piuttosto che nuove abilità dovrete dedicarvi alla crescita del vostro reame, costruendo edifici, migliorandoli ed effettuando delle ricerche. Il tutto funzionerebbe a meraviglia se non fosse per i tempi di completamento delle varie azioni che sono eccessivamente dilatati. La conclusione di alcune ricerche potrà richiedere anche delle ore (reali), che non trascorreranno all’infuori del gioco.
Per quanto concerne il combat system, Ni No Kuni 2 abbandona l’originale ibridazione vista nell’avventura di Oliver & Co, per abbracciare un sistema dalle istanze più classiche ed action. Una volta avviato lo scontro toccando un nemico, si avrà il pieno controllo di uno dei personaggi della squadra – selezionabile dal menu. Tale controllo investirà anche attacchi e combo, nonché i poteri speciali di ciascun alter-ego, che non saranno più affidati all’automatismo dei turni. Le battaglie si fanno dunque più interattive, ed incentrate sulla skill combattiva del giocatore, oltre che dai parametri di sviluppo del personaggio utilizzato – che aumenteranno in automatico al salire del livello, come tipicamente avviene nei JRPG. O almeno, sarebbe potuto – e dovuto – essere così; una difficoltà smodatamente sbilanciata verso il basso, tuttavia, vanifica completamente qualsiasi possibilità per il titolo di offrire una sfida degna. Il sistema è basilare, incentrato su parata/schivata, attacco pesante/leggero e poteri speciali; tuttavia funziona. La leggerezza e l’accessibilità sono due punti di forza di un sistema di combattimento nel complesso capace di appagare, merito di una responsività buona e di hitbox convincenti. A dispetto di ciò, si finisce inevitabilmente preda del button mashing, a causa della difficoltà davvero irrisoria (si pensi che in una run intera abbiamo visto la schermata di Game Over una volta soltanto). I nemici, anche se di una decina di livelli superiori al vostro, non riusciranno quasi mai ad impensierirvi, per via di uno sbilanciamento piuttosto evidente tra danni inflitti ed incassati. Questo avviene principalmente a causa dell’accesso frequente ai vari poteri dei comprimari, i quali vengono gestiti da una barra del mana che si ricarica ad ogni colpo inferto. Se a ciò aggiungiamo un’intelligenza artificiale amica nel complesso buona, capace di offrire al giocatore un notevole supporto in battaglia, il quadro difficoltà è completo.
Certamente simpatica l’aggiunta di creaturine della natura denominate cioffi, per concezione molto simili ai vecchi Famigli che accompagnavano Oliver. Anche questi potranno essere collezionati – ce ne sono ben 100 differenti – e vi forniranno un aiuto concreto in battaglia, a seconda delle loro diverse abilità. Alcuni vi offriranno supporto con abilità curative, altri benefici difensivi ed altri ancora attaccheranno direttamente il nemico. Ne potrete portare fino a quattro per volta nel vostro team, e potrete potenziarli insegnando loro nuove abilità e facendoli salire di livello mediante la struttura apposita che costruirete nel vostro regno. Per quanto si rivelino estremamente utili, la caratterizzazione estetica di questi ultimi è decisamente poco ispirata; tendono, infatti, ad assomigliarsi quasi tutti, a seconda dell’elemento della natura da cui si formano. Perderete ben presto la giusta motivazione per collezionarli tutti.
Da un punto di vista tecnico ed estetico, Ni No Kuni 2: Il Destino di un Regno è un vero gioiello. Protagonista indiscusso è il cell shading, che Level 5 dimostra nuovamente di saper comporre con maestria. L’efficacia e l’espressività dello stile visivo sono da attribuirsi ad una scelta cromatica vincente; le tinte pastello che ravvivano le forme sono accese, vivide, spumeggianti. E il tratto è sinuoso, leggero, ad animare un universo che si abbandona al fascino della fiaba. La mappa di gioco, caratterizzata dalla classica visuale isometrica, è un intreccio di elementi e texture ricreati con cura, in un insieme di animazioni gradevoli. I regni visitabili sono vivi, ricchi di dettagli e dall’impatto visivo generale notevole, seppur siano meno ispirati rispetto a quanto visto in Ni No Kuni. I dungeon, al contrario, risultano molto più scarni di dettagli, e nel complesso semplici a livello di struttura della mappa.
Il comparto sonoro del titolo, diretto da Joe Hisaishi e dalla Tokyo Phiharmonic Orchestra, pecca in quanto a varietà. Le melodie delle tracce sono suadenti e piacevoli, ma tendono a ripetersi spesso nella forma e nello stile. Come già detto in precedenza, il doppiaggio è presente solamente per alcune scene e dialoghi, ed è di buona qualità, sia per la controparte in lingua originale che per l’inglese. Stenta la localizzazione in lingua italiana, non sempre precisa e minata nuovamente da cadute di stile piuttosto inadeguate, quale la oramai consueta scelta di utilizzare il dialetto romano per dar voce ad un personaggio. Nulla per cui non si possa chiudere un occhio, ad ogni modo. Breve menzione anche per l’ottimizzazione; il titolo non si è pressoché mai allontanato dai 55-60 FPS in risoluzione 1080p, nonostante una configurazione di prova tutt’altro che stellare.
Versione analizzata: PC
Configurazione di prova:
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