Tuning, street race e una città da dominare. Questo è il giusto mix per il ritorno di NFS?
Need for Speed è tornato. Dopo diversi speciali e il video dedicato, non potevo incominciare l’articolo della prova finale allo stesso modo. Se quella frase mesi fa poteva concludersi con un punto di domanda – Need for Speed è tornato? – ora è opportuno levarlo.
Anticipo la conclusione della recensione svelando come questo capitolo sia un ottimo nuovo inizio per la serie, con però alcuni dubbi e incertezze.
Appena avviato il gioco, non può accoglierci meglio di così: vediamo due piloti gareggiare e derapare ad alta velocità per le strade di Ventura Bay fino a quando non hanno la sfortuna di incrociare una volante della polizia. Non ci vorrà tanto prima di lasciarla a qualche isolato indietro. Qui è il momento di separarsi, ci fermiamo e scopriamo che uno dei piloti eravamo noi, facciamo conoscenza di un certo Spike che ci invita ad un club con tutti i pezzi grossi della città. È giunta l’ora di farsi un nome e di cambiare auto.
Già dall’introduzione quindi, Ghost Games mette in chiaro cosa ci troviamo davanti. In un’unica scena si amalgamano Underground e Most Wanted. Capiamo subito come l’atmosfera voglia richiamare lo street racing, con tanto di gruppo di ragazzi amanti dei motori che vogliono fare il grande salto.
Arrivati al club conosciamo proprio questi ragazzi, una crew di amici che passa il tempo gareggiando e fuggendo dalla polizia. C’è chi adora derapare, chi la pura velocità e chi mettere appunto il motore. Le scene con il gruppo sono girate con attori reali, riprendendo quanto fatto con Most Wanted. La recitazione e il doppiaggio italiano sono ottimi, peccato per la scelta di rendere il tutto molto “teen”, giovanile, con linee di dialogo fin troppo buoniste. Le stesse scene non si rivelano poi così interessanti e non riescono a creare l’atmosfera adatta al contesto del gioco.
Inoltre, non riescono a far evolvere la trama, non si capisce dove vuole andare a parare, non dandoci un chiaro obiettivo da raggiungere. Le missioni sono fatte di gare su gare, senza nessuno stacco dal susseguirsi di queste competizioni – come lo erano le copertine in Underground 2 o la blacklist in Most Wanted – portando quindi ad una sensazione di monotonia dopo alcune ore di gioco.
È tempo di scegliere la nostra prima auto. A disposizione abbiamo Una Subaru BRX Premium, una Ford Mustang Foxbody o la Honda Civic Type R. Capiamo subito come, nel puro stile street race, il parco auto non è solo composto da bolidi moderni, ma anche da vecchie glorie. Proprio per onorare il passato, ho scelto l’Honda Civic. È tempo di partecipare alla gara inaugurale.
Fatti i primi metri, si capisce subito come l’auto sia “leggera”, facile da manovrare, con dei controlli immediati. Sensazione che più di tutti la percepiranno chi arriva dagli ultimi Need for Speed, influenzati dalla scelta di Criterion di rendere le auto estremamente pesanti e rigide. Manovrabilità che comunque è possibile regolare a piacimento nel garage.
Nel momento in cui dovremo affrontare una gara di derapata sarà opportuno far scivolare maggiormente l’auto sull’asfalto, al contrario in una gara su circuito o uno sprint, vorremo avere un’aderenza maggiore. Attenzione però perché le regolazioni impattano pesantemente sulla stabilità dell’auto, nel momento in cui esageriamo ed impostiamo l’aderenza massima, sarà molto difficile derapare, l’esatto contrario succederà eliminando la tenuta.
Questo è un elemento sicuramente interessante, che rende la modifica meccanica, di solito relegata ai giochi di guida simulativi, un elemento importante anche in un arcade come Need for Speed. Modifica meccanica che è anche fatta di componentistiche da cambiare. Il numero è davvero elevato, si va dalla centraline alle barre antirollio, dal freno a mano al sistema di raffreddamento. Modifiche che influenzano sensibilmente la velocità massima e l’accelerazione. A tal proposito, ho notato come, aumentando le prestazione della propria vettura, anche di poco, si abbia un netto vantaggio sugli avversari, togliendo la sensazione di sfida. L’effetto elastico, presente, ma non frustrante, non rappresenta quindi un difetto del titolo, al contrario aiuta a rendere le gare più entusiasmanti.
Parlando di gare, si sente la poca varietà di queste. Sono presenti quelle su circuito, gli sprint, tre varianti di derapate e le gimkana. Soprattutto le gare di drift, ci vengono proposte fin troppo spesso, il fatto di farci ripetere sempre gli stessi tratti di strada, non aiuta.
È tempo di parlare dell’aspetto che più è stato discusso fin dai tempi dell’annuncio: il tuning estetico. Possiamo rendere più gradevole la nostra auto installando paraurti, cofani, spoiler e via dicendo. Il problema più grande però è che non tutti questi componenti sono installabili in tutte le auto. Se, per esempio, con l’Honda Civic Type R non ci sono particolari limitazioni potendo cambiare quasi ogni pezzo, con la Ford Focus la quasi totalità delle componenti non sono sostituibili, dovendo quindi mantenere l’auto di serie.
Parlando dei vinili invece, sono centinaia, posizionabili e modificabili a piacimento in ogni parte della carrozzerie. Inspiegabile l’impossibilità, ad oggi, di riflettere la decalcomania da un lato all’altro della macchina.
Uno degli aspetti più criticati, prima della sua uscita, era la scelta di rendere NFS, un titolo “solo online”. Questo significa che, per poter semplicemente avviare la partita, è necessario che il gioco si connetta ai propri server, se questo non accede, non giocate. Potrebbe essere giustificabile se questo portasse aggiunte interessanti all’esperienza, ma non è così. I giocatori popolano la mappa di gioco, in numero esiguo, è possibile incontrarli e sfidarli ad alcune tipologie di gare. Stop.
Ventura Bay è la città che ci ospita in Need for Speed, offrendoci curve e tornanti capaci di renderci orgogliosi delle nostre derapate perfette. Peccato che questa sia di dimensioni ridotte e non ci vorrà molto prima di percorrere tutte le sue strade, rendendo, come spiegato sopra, le gare ripetitive.
Need for Speed è un ottimo punto di ri-partenza per la serie. Dopo svariati capitoli “generici”, senza capo né coda, Ghost sembra aver trovato la strada giusta. È un capitolo divertente, con la giusta dose di adrenalina. Manca però di varietà, di motivazioni maggiori che ci tangano incollati allo schermo. Il ritorno delle scene girate con attori reali è sicuramente un plus, peccato che non abbiano una reale identità, non ci aiutano ad immedesimarci e a vivere lo spirito da street racer, inoltre non raccontano nulla che ci aiutino a porci un obiettivo preciso. Il tuning è tornato, ma le limitazioni spesso sono fin troppe.