Mafia 3 ci lancia in un mondo di dolore ed ingiustizie
Quando Mafia 3 venne ufficialmente annunciato alla Gamescom 2015 di Colonia, in molti esultarono alla sola idea di poter tornare a giocare ad un brand tanto amato, ma i roventi spiriti carichi d’ottimismo finirono con l’affievolirsi subito dopo l’arrivo dei primi video gameplay del gioco, i quali sembrarono mettere in mostra una realtà dei fatti ben diversa da quanto inizialmente pronosticato.
Le diverse fasi in-game mostrate nei mesi successivi all’annuncio, infatti, rivelarono una struttura di gioco fin troppo familiare ai Grand Thaft Auto che tutti conosciamo, ben lontana dall’impronta fortemente realistica che da sempre contraddistingueva il brand, in favore di sparatorie, esplosioni e brutali uccisioni capaci di dare all’intera opera un tono fortemente scanzonato e da prendersi meno seriamente.
È passato più di un anno da allora e tra trailer e dichiarazioni ufficiali, abbiamo avuto modo di farci un’idea sempre più chiara di ciò che avrebbe infine costituito l’ossatura di Mafia 3, sia a livello narrativo che nella sua struttura di gioco.
Ora, però, dopo aver finalmente potuto metter mano sull’ultima opera dei ragazzi di Hangar 13 completandola nella sua interezza, è giunto il momento di tirare le somme su un prodotto purtroppo poco rifinito, ricco d’interessanti possibilità che però non sono state sfruttate nel modo giusto.
All’interno del gioco vestiremo i panni dell’afro-americano Lincoln Clay, orfano fin dall’infanzia e reduce della guerra in Vietnam che ha trovato una figura paterna in Sammy Robinson, capo della mafia del Sud che nel corso della guerra si è ritrovato indebitato fino al collo con la pericolosa mafia italiana, capeggiata da Salvatore “Sal” Marcano.
Dopo un intenso ed interessante prologo, purtroppo in buona parte conosciuto per colpa di trailer e dichiarazioni rilasciate dagli sviluppatori, dal quale solo Lincoln riuscirà ad uscirne vivo, avrà inizio la vera storia di Mafia 3, una storia di vendetta personale che ci porterà a smantellare, pezzo dopo pezzo, tutto ciò che la mafia italiana è riuscita a costruire in anni di duro “lavoro” al fine di eliminare, contemporaneamente, ogni membro della famiglia Marcano.
Nel raggiungimento del nostro obiettivo, potremo però contare anche sull’aiuto di alcuni personaggi secondari che ci daranno supporto nel corso delle nostre scorribande, ognuno per i propri motivi personali; l’ex agente dell’FBI e compagno d’armi nelle Forze Speciali in Vietnam, John Donovan, la pericolosa haitiana Cassandra, il contrabbandiere irlandese Thomas Burke e, ovviamente, Vito Scaletta, volto noto per i fan del brand essendo stato il protagonista di Mafia 2.
Narrativamente parlando, la creatura di Hangar 13 si difende in maniera eccellente, offrendo una storia sfaccettata, intrigante e registicamente realizzata alla perfezione grazie ad un interessante escamotage che vede trasformare il gioco in un vero e proprio film-documentario in cui le sequenze di gameplay vengono spesso intervallate da dichiarazioni ed interviste rilasciate da parte di agenti dell’FBI, superstiti e testimoni che racconteranno, di volta in volta, le diverse vicende che andranno a comporre la travagliata storia di Lincoln.
Il risultato finale risulta essere indubbiamente riuscito e rende l’intera esperienza estremamente interessante da seguire, senza mai calare di qualità nonostante le circa 20 ore necessarie per completare l’avventura. In tal senso, grande attenzione è stata riposta nella caratterizzazione del protagonista e di tutti i personaggi di sfondo con cui avremo a che fare nel corso del gioco. Dal parroco James Ballard fino ad arrivare allo stesso Sal Marcano, tutti coloro che incontreremo nel nostro viaggio avranno qualcosa da dire, mettendo ben in mostra i loro punti di vista e le loro ideologie, così da permetterci di andare a crearne un intricato ritratto, sempre diverso e mai banale.
In tal senso, è un vero peccato che proprio Vito si sia rivelato essere il personaggio meno carismatico ed interessante del gruppo, rappresentante solo una macchietta di colui che tutti noi abbiamo imparato ad amare in Mafia 2. A chiudere egregiamente il tutto ci pensano New Bordeaux, città fortemente ispirata a New Orleans in cui si svolgono le vicende narrate e capace di trasudare carattere da ogni suo singolo edificio grazie ad un’attenta diversificazione dei numerosi quartieri che andranno a comporla, ed il periodo storico in cui la storia prenderà il via, ovvero il 1968, un momento di forte incertezza e paura che sarebbe stato alla base dell’enorme trasformazione culturale che da lì a pochi anni avrebbe totalmente distrutto l’assetto sociale vigente per andarne a costruire uno totalmente nuovo e fortemente basato sugli ideali di libertà ed uguaglianza.
Ingiustizie, violenze e razzismo saranno all’ordine del giorno in Mafia 3, e lo stesso messaggio che riceveremo una volta avviata per la prima volta la nostra partita (messaggio, in realtà, forse non necessario) ci farà capire fin da subito quali orrori dovremo affrontare, con una popolazione di colore totalmente emarginata e disprezzata, considerata alla pari di una mandria di bestiame che deve essere educata o sterminata.
In tal senso, la creazione di un ambiente credibile per la situazione storica prescelta è totalmente riuscita, dimostrandosi capace di catapultare perfettamente il videogiocatore all’interno del mondo malato che Mafia 3 vuole mettere in mostra, tra avvenimenti, dichiarazioni radiofoniche o commenti denigratori che riceveremo semplicemente passeggiando nella zona “bianca” della città.
Come detto poco sopra, alla base della struttura di gioco presente in Mafia 3 vi è la necessità di conquistare l’intera città di New Bordeaux, quartiere dopo quartiere. Per far ciò, però, saremo costretti a dover fare i conti con un’estenuante ripetizione d’incarichi che già dopo poche ore di gameplay verranno facilmente a noia.
Di fatto, la città del gioco sarà suddivisa in nove distretti, ognuno dei quali capitanato da uno dei boss malavitosi della famiglia Marcano. Per poter però raggiungere quest’ultimi, dovremo letteralmente fare quanti più danni possibili alle attività del mafioso preso di mira, rappresentati da un contatore di denaro che, ad ogni nostra azione, diminuirà di quantità. Una volta raggiunto lo zero, si sbloccherà così una missione speciale attraverso la quale uccidere il boss di turno per avvicinarci sempre di più alla nostra vera preda.
Per far ciò, però, verremo immersi in una noiosissima e terribilmente ripetitiva struttura di missioni fin troppo simili tra loro, le quali ci potrebbero chiedere di far esplodere dei camion pieni d’armi, rubare ingenti quantità di denaro o, ancora, eliminare un qualche bersaglio specifico. La sostanza di tutti questi obiettivi, però, non varierà mai di una virgola, riassumendosi così in un andare da un punto all’altro della mappa, eliminare tutti gli avversari presenti e, infine, raccogliere od eliminare il bersaglio prescelto, per poi ripetere il tutto diverse decine di volte.
È un vero peccato dover ammettere che Hangar 13 non sia riuscita neanche lontanamente a sfruttare un’idea tanto interessante come la conquista di un’intera città, non offrendo mai spunti creativi meritevoli di nota o momenti davvero memorabili che fossero quantomeno capaci di valorizzare le nostre azioni, limitandosi piuttosto a rendere obbligatorie una lunga serie di missioni secondarie che ci vengono spacciate come incarichi primari necessari per avanzare nell’avventura.
Il senso di ripetitività avvertibile non appena concluso il prologo del gioco, purtroppo, porta a farci perdere velocemente interesse nei confronti di quanto accade su schermo, quasi facendoci desiderare di superare il più velocemente possibile le numerosi fasi di gameplay presenti in modo tale da concentrarsi unicamente sull’evoluzione narrativa della storia raccontata. Gli unici momenti in cui il gioco tenta di offrire una maggior varietà in termini contenutistici ci vengono offerti dagli scontri con i boss mafiosi agli ordini di Sal Marcano, i quali si presenteranno ogni qual volta che avremo conquistato i racket presenti nella zona che avremo assaltato.
Seppur anche in questo caso non si assista mai a momenti davvero memorabili, il cambio registico e le opzioni offerte in termini di gameplay riescono quantomeno ad aggiungere un pizzico di pepe in più ad una struttura di gioco fin troppo piatta sotto ogni suo aspetto.
Gli sviluppatori hanno tentato di rimediare al tutto inserendo numerosi collezionabili sparsi per tutta la città, invero rivelatisi essere una gradita aggiunta soprattutto per la qualità degli oggetti recuperabili, tra scan originali di Playboy a copertine di dischi e riviste di allora, uniti ad un gunplay estremamente riuscito, in parte perché tutte le numerose bocche da fuoco risultano essere molto divertenti da utilizzare, in parte perché i nemici reagiscono realisticamente a seconda delle zone del corpo in cui vengono colpiti, barcollando, inciampando o precipitando da qualche balcone.
La software house ha anche voluto introdurre un piccolo accenno di strategia al gameplay mettendoci nella situazione di dover decidere, di volta in volta, a quale dei nostri alleati affidare la gestione dei racket appena conquistati, decisione che migliorerà il nostro rapporto con il prescelto, permettendoci così di accedere a tutta una serie di utili bonus per completare più agilmente le missioni, ma ponendoci al contempo in cattiva luce agli occhi degli altri nostri compagni che, se dovessero sentirsi troppo trascurati, potrebbero addirittura decidere di rivoltarsi contro di noi.
Quelli elencati sono dettagli sicuramente interessanti di un’opera che avrebbe potuto offrire molto, ma le problematiche presenti alla base dell’ossatura di gioco finiscono con il distruggere tutto ciò che di buono si è cercato di fare per rendere l’esperienza finale quantomeno piacevole da portare a compimento.
Innanzitutto, risulta impossibile non denotare un impoverimento generale delle possibilità offerte in termini contenutistici, con la scomparsa di garage o vere e proprie case utilizzabili come quartier generale, impossibilità di andare a modificare il proprio vestiario, scomparsa totale di qualsivoglia customizzazione del proprio veicolo e totale mancanza di attività secondarie capaci di rendere l’esperienza free-roaming del titolo effettivamente interessante, con una mappa di gioco di generose dimensioni ma completamente vuota.
A ciò bisogna poi aggiungere un comportamento delle pattuglie di polizia decisamente meno complesso di quanto visto in passato, con poliziotti che dovrebbero reagire realisticamente nel caso in cui decidessimo d’infrangere il codice stradale superando i limiti di velocità od andando contromano (vi è addirittura un messaggio presente nel tutorial di gioco che menziona tale possibilità), ma che già dopo solo pochi minuti metteranno bene in mostra tutti i loro numerosi limiti, reagendo unicamente nel caso in cui dovessimo aprire il fuoco nei loro paraggi.
A chiudere un cerchio già disastroso, ci pensa infine un’intelligenza artificiale al limite dell’imbarazzante, con nemici che spesso e volentieri si limiteranno a venirci incontro incuranti dei proiettili che gli riverseremo contro ed incapaci d’intraprendere qualsivoglia azione d’aggiramento che possa metterci realmente in difficoltà.
Tutte le possibilità offerte sotto il profilo delle azioni stealth finiscono poi con il rivelarsi totalmente inutili proprio a causa dell’incapacità generale da parte dell’IA di gestire adeguatamente le nostre azioni in-game, con nemici fin troppo facilmente eludibili, incapaci di sentirci anche nel caso in cui dovessimo correre come forsennati e talmente poco rifiniti nei propri pattern da non accorgersi di un assassinio avvenuto a pochi centimetri da loro.
In tal senso, credo si possa tranquillamente affermare che il fischio effettuabile per far avvicinare un avversario in modo tale da poterlo poi eliminare con una brutale finisher, sia l’arma più potente a disposizione del videogiocatore, con situazioni al limite del tragicomico in cui si potranno assassinare decine d’avversari senza dover mai cambiare posizione, limitandosi semplicemente a fischiare attendendo poi il loro arrivo.
Da un punto di vista puramente tecnico, la versione PC di Mafia 3 si è purtroppo rivelata un vero e proprio pugno in un occhio. A piacevoli giochi di luci ed ombre e ad effetti particellari di buona qualità si vanno a contrapporre texture spesso terribilmente slavate e poco rifinite, una pochezza di dettagli a tratti disarmante, in particolar modo per alcuni edifici della città e modelli poligonali di tutti gli NPC secondari semplicemente orribili, con solo quelli dei personaggi più importanti che possono vantare una buona resa.
Al tutto bisogna poi aggiungere continui casi di pop-up, con oggetti che ci compariranno davanti anche a solo pochi metri di distanza, ed un fastidiosissimo effetto nebbia che andrà a nascondere tutto ciò che si troverà intorno a noi, elementi che purtroppo tendono a diminuire l’impatto emotivo generale che la città di New Bordeaux dovrebbe restituire.
Anche il sistema d’illuminazione fa acqua da tutte le parti, con rifrazioni e riflessioni totalmente sballate ed inspiegabili passaggi dal giorno alla notte nel giro di pochi secondi; risulta poi impossibile non dedicare una menzione speciale alla resa delle nuvole, a tratti quasi surreali per la loro bruttezza.
Merita di essere citato anche il mare di bug e glitch grafici con cui avremo a che fare nel corso di tutta l’avventura, tra compenetrazioni poligonali a iosa, situazioni in cui la fisica delle auto perderà ogni qualsivoglia senso logico e luoghi in cui si rimarrà inspiegabilmente incastrati, senza poi ovviamente dimenticare i numerosi freeze e crash di sistema che ci perseguiteranno per tutta la durata della nostra avventura.
A chiudere il cerchio ci pensa un’ottimizzazione del titolo su PC semplicemente pietosa ed irrispettosa nei confronti di chi a voluto credere nel progetto, con macchine di fascia alta che avranno seri problemi a far funzionare il gioco anche solo ad una media di 30 frame per secondo.
Personalmente, da possessore di una GTX 970, 16GB di RAM ed un i7 4790K a 4.00GHz, mi sono visto costretto ad impostare il V-Sync del gioco a 30fps per riuscire a giocare quantomeno decentemente. Fortunatamente, di tutt’altro livello si è rivelato essere il comparto sonoro, con una soundtrack ricca di tracce del tempo che si fondono meravigliosamente con quanto accade su schermo ed un doppiaggio italiano dall’elevata qualità, con voci credibili non solo per protagonista e comprimari, bensì anche per tutti i personaggi secondari, gli spot pubblicitari ascoltabili e gli speaker che parleranno alla radio, seppur sia inevitabilmente andata perduta una certa attenzione alla marcatura degli accenti.
Con Mafia 3, i ragazzi di Hangar 13 hanno forse puntato troppo in alto, cercando di realizzare un prodotto fresco e divertente che però si è rivelato essere piuttosto lacunoso e privo di guizzi creativi sotto fin troppi aspetti. Ad una componente narrativa di gran pregio, unita a personaggi ben caratterizzati e ad un periodo storico reso alla perfezione in tutta la sua violenza, si vanno ad affiancare una disarmante monotonia nella struttura delle missioni e la totale mancanza di attività secondarie capaci di rendere piacevole l’esplorazione della mappa di gioco.
Volendo poi fare un confronto diretto con Mafia 2, è impossibile non denotare un evidente impoverimento delle possibilità di personalizzazione del proprio personaggio ed una gestione della polizia a dir poco basilare, a cui poi si va ad aggiungere un’intelligenza artificiale rozza ed appena abbozzata, capace di rovinare completamente le possibilità stealth che l’opera vorrebbe proporre. Vanno a chiudere il tutto un comparto tecnico deficitario sotto numerosi aspetti ed una componentistica audio di gran pregio, la quale fa sfoggio di una soundtrack perfettamente integrata nell’azione di gioco e di un doppiaggio italiano d’alto livello, seppur non perfetto.