Dopo un quantitativo insperato di ore di gioco, noi di Kingdomgame abbiamo sviscerato per bene l' ultimo JRPG di Tokyo RPG Factory, e siamo pronti al verdetto finale!
Anno 1995. Sbarca su SNES Chrono Trigger. Da pubblico e critica ancora oggi considerato uno dei migliori esponenti dell’intero medium videoludico, è certo che il titolo Square abbia rivoluzionato il panorama di un genere, quello dei giochi di ruolo giapponesi (JRPG). Oggi Square Enix ed il suo studio Tokyo RPG Factory, con Lost Sphear, ci riportano alla memoria di quel glorioso passato, con un ulteriore titolo che tenta di ereditarne l’impostazione ludica e lo stile. Così come, nel 2016, tentarono altrettanto con I Am Setsuna, di cui questo nuovo progetto rappresenta un sequel, seppur solo spirituale.
Prima di addentrarci nella review, ci preme una confessione: l’analisi di Lost Sphear si è rivelata molto più complessa del previsto. Sensazioni e giudizi, nel corso dell’avventura, ci hanno dapprima investito decisamente, in maniera quasi sentenziosa, per poi incrinarsi ed affievolirsi adagio, lasciandoci talvolta in preda al dubbio. L’auspicio è che quanto segue riesca a delucidare in merito alle motivazioni di questa sensazione che ci ha accompagnato.
Narrativamente parlando, Lost Sphear si discosta totalmente dal precedente lavoro del team giapponese. La continuità è esclusivamente stilistica e ludica. La storia investe un mondo e personaggi nuovi, e non è quindi affatto necessario aver giocato ad I Am Setsuna per poterla comprendere appieno. Vi sarà, tuttavia, necessaria una certa familiarità con la lingua inglese, poiché il titolo è ricco di dialoghi, e non è localizzato in italiano.
Quando Kanata, Lumina e Locke si avvedono del fatto che una parte della loro città, Elgarthe, è svanita nel nulla, sommersa da una misteriosa nebbia bianca, ha inizio il loro viaggio per comprendere le ragioni di questo strano fenomeno. Da alcune visioni apparsegli in sogno, il nostro – fortemente stereotipato – eroe Kanata apprende del suo potere. Egli è in grado di porre rimedio al mistero della scomparsa di porzioni di mondo. Queste sono apparentemente dissolte in via definitiva, alla stregua di ricordi dimenticati. Il nostro alter-ego è in grado di materializzarle attraverso l’uso di frammenti di memoria, che il gioco ci permette di ottenere esplorando la mappa, i dungeon e sconfiggendo i nemici.
La vicenda si snoda in maniera complessivamente piatta e priva di spunti di originalità, sebbene si lasci comunque seguire piacevolmente. I colpi di scena sono prevedibili e l’intero background narrativo non è certo privo di clichè – vedasi forze imperiali corrotte. La caratterizzazione dei personaggi, tuttavia, convince, con comprimari che sapranno colpirvi ed acquisire una loro concreta dimensione. Il vero punto critico della narrativa di Lost Sphear sta nella scelta di raccontare il tutto esclusivamente attraverso dei dialoghi eccessivamente corposi e lenti, totalmente privi di doppiaggio. Nessuna cutscene o illustrazione che amplifichi l’empatia, ed una colonna sonora complessivamente poco ispirata e carente in quanto a varietà completa il quadro. Comprendiamo le esigenze probabilmente dettate dalla natura low budget del progetto; ciò nonostante il risultato fa storcere il naso, data l’enfasi non certo magnetica del plot.
A proposito di budget, il comparto tecnico di Lost Sphear ci ha lasciato altrettanto interdetti. Lo stile grafico ed il colpo d’occhio generale sono gradevoli, e restituiscono un senso di pulizia. Tuttavia, le ambientazioni sono spoglie, e l’interattività è ridotta all’osso. Quel che più ha deluso, tuttavia, è il trattamento riservato ai dungeon; la loro conformazione e ideazione è – a voler utilizzare un eufemismo – estremamente semplicistica. Non vi sarà mai il rischio di perdersi. Non saremo mai troppo chiamati ad esplorare. Del resto i bivi presenti vi porteranno nell’immediato ad un vicolo cieco, il più delle volte con un forziere e qualche nemico ad attendervi. E questo è sostanzialmente quanto. Qualcosa si incomincia ad intravedere nella parte finale dell’avventura, con l’inserimento di “enigmi” ambientali che tentano di non restare preda del nulla cosmico, tuttavia la sensazione che si percepisce è che il titolo non giunga mai ad un dunque. Che non compia mai lo step definitivo, nemmeno sotto questo aspetto.
L’antitetica contrapposizione di giudizio che l’ha fatta da padrona in questa analisi, si esprime al massimo al cospetto del combat system di Lost Sphear. Gli scontri con i nemici – che sarà possibile incontrare ed affrontare esclusivamente all’interno dei dungeon, esattamente come avveniva in Chrono Trigger – si sviluppano sull’active time battle ormai familiare a diversi JRPG. Sarà possibile muovere liberamente gli eroi sul campo, prima dell’attacco. Ciò consente di sfruttare a proprio vantaggio – o meno – il posizionamento dei comprimari. Si avrà, ad esempio, la possibilità di colpire più di un nemico in contemporanea con un singolo attacco, o di proteggere in gruppo i nostri alleati se rientrano nel raggio della nostra abilità. Queste ultime saranno editabili attraverso dei manufatti chiamati Spritnite, che possono essere acquistati presso appositi negozi o reperiti nella mappa di gioco e nei dungeon. Gli Spritnite possono essere, inoltre, combinati in ogni personaggio, per dar vita ad abilità con effetti amplificati.
L’introduzione di mech denominati Vulcosuit che ciascun personaggio potrà indossare nell’esplorazione e nelle battaglie, conferisce ulteriore spessore al sistema di combattimento. Questi vi permetteranno di utilizzare potenti abilità concatenate tra i vari personaggi, al costo di preziosi punti (VP) che potranno essere ricaricati solo con rari oggetti o dormendo presso le locande. Un sistema di effetti passivi, inoltre, è presente grazie alla possibilità di costruire in specifici punti della mappa di gioco degli artifacts. Questi vi costeranno le solite memorie, e riveleranno anche nuove sezioni inesplorate del mondo di gioco, oltre a fornirvi utili vantaggi nelle battaglie nei dungeon.
La profondità di un combat system ricercato – per quanto non propriamente originale – nonché il tatticismo dello stesso vengono, tuttavia, quasi vanificate da quello che è probabilmente il problema di maggior peso di Lost Sphear: una gestione oltremodo sbilanciata delle boss fight.
La difficoltà eccessiva di alcuni scontri non è legata ad una errata preparazione della battaglia, o ad un mancato farming – che il gioco non incentiva minimamente, per altro. Pare, piuttosto, riconducibile alla mancanza di logica con cui quasi la totalità dei boss che affronteremo esegue i propri attacchi. Ci si ritrova a dover tentare e ritentare, senza apprendere nulla da ogni sconfitta. E, talvolta, ci si abbandona alla frustrazione. Quella frustrazione che, infine, si tramuta in rammarico, per quanto di buono si sia vanificato.