Il titolo di UndeadScout giunge sul mercato in un momento certamente sfavillante per il genere horror, provando quantomeno a ritagliarsi un suo piccolo spazio nell'industria.
Ogni forma artistica che si rispetti vive di periodi fatti di rivoluzioni e innovazioni stilistiche che portano chiaramente con se anche tanti tentativi, più o meno riusciti, di emulazioni che sfruttano l’entusiasmo o la moda del momento. Guardando al recente passato è impossibile non riconoscere a Red Barrels il merito di aver riscritto, grazie ad Outlast, un genere come quello horror di cui si sentiva ormai da anni una certa mancanza in termini di novità. È in un mercato spietato e popolato da un’innumerevole quantità di avventure horror che cerca di farsi spazio anche Husk, prodotto del piccolo studio polacco UndeadScout e distribuito da IMGN.PRO (in italia da Adventure Productions), le cui velleità nel periodo antecedente al rilascio e i chiarissimi richiami a capolavori del genere quali Silent Hill non hanno potuto che attirare la nostra attenzione. Fatte queste premesse siamo pronti a tuffarci nella recensione di Husk.
La nostra avventura avrà inizio a bordo di un treno dove il nostro protagonista Matt, insieme alla moglie Anna e alla figlia Ellen, è diretto alla volta di Shivercliff per incontrare il padre malato terminale un’ultima volta. Sin dalle battute iniziali però qualcosa di strano e inspiegabile si profila all’orizzonte. Improvvisamente, però, nostri familiari e tutti i passeggeri del treno spariranno in una spettrale desolazione a cui seguirà un terribile schianto del mezzo a seguito del quale perderemo i sensi. Una volta risvegliatici, scopriremo di essere inspiegabilmente arrivati nella città di Shivercliff, avvolta da un silenzio e una desolazione tombali che porteranno il nostro protagonista ad addentrarsi sempre più nei meandri dell’incubo che di lì a poco lo catapulterà in un viaggio misterioso, nel quale i fantasmi del passato di Matt torneranno a tormentarlo e accompagnarlo in un tenebroso percorso di redenzione.
Le premesse sono senza dubbio di buon auspicio ma tutte le nostre speranzose aspettative si infrangono ben presto in uno storytelling fin da subito molto confusionario e sommario che lascia nel giocatore un sicuro senso di insoddisfazione per una narrazione che, a gioco terminato, appare notevolmente lacunosa. A tentare di farci capire qualcosa di più ci saranno documenti sparsi per le aree di gioco i quali, nonostante contribuiscano a fare un pochino più di chiarezza nelle vicende narrate, non aiutano comunque il giocatore ad avere un quadro completo degli accadimenti intorno a Matt. Il tutto è un vero peccato visto il potenziale indubbio di questo titolo dal punto di vista narrativo; come sappiamo bene, però, saper raccontare una storia è un elemento chiave che forse vale ancor più della storia stessa, e in questo il team polacco non ha saputo capitalizzare le buone idee e trame narrative che comunque sono emerse nel corso della nostra avventura.
Husk è un titolo il cui obiettivo è quello di proporre un gameplay basato non solo sul combattimento ma anche sull’esplorazione, senza ovviamente farsi mancare le classiche sfumature di un titolo horror desideroso di trasmettere quel senso di ansia e inquietudine continue al giocatore. Il risultato finale invece è un titolo che non riesce ad equilibrare in maniera convincente nessuna delle componenti sopra citate; durante il suo svolgimento, infatti, avrete a che fare con un gameplay troppo lineare che a tratti risulta veramente noioso e poco accattivante.
Man mano che procederete per le ambientazioni di gioco vi accorgerete di come, in ogni situazione, esso vi prenda per mano senza mai stimolarvi troppo e non ponendovi mai di fronte ad un livello di sfida che richieda anche solo una piccola dose d’ingegno. Vi ritroverete sempre di fronte ad un percorso composto da due percorsi… la cui strada A conduce inevitabilmente alla soluzione della strada B e tale soluzione sarà sempre limpida di fronte ai vostri occhi e facile da intuire. Se ad esempio dovrete aprire una porta con un codice, spesso tale codice sarà in un punto ben visibile e facile da trovare; una grave pecca che penalizza non solo il gameplay ma anche la componente esplorativa che diventa quasi marginale e poco attraente, complice anche un’area di gioco molto circoscritta e incanalata su binari ben precisi.
A spezzare la monotonia ci provano le goffe creature umanoidi disseminate lungo il percorso ma che, complice un’intelligenza artificiale davvero poco creativa, si riveleranno sempre avversari molto semplici da superare; basteranno pochi colpi di pistola per abbatterli e la legnosità dei loro movimenti li renderà quasi sempre prevedibili e poco pericolosi. Potrete anche semplicemente stordirli con un’arma contundente e loro rimarranno imbambolati per qualche secondo, per poi tornare ad inseguirvi fino ai limiti delle loro aree di pattuglia, oltre le quali smetteranno di infastidirvi.
Come tipico dei titoli survival horror, le munizioni a vostra disposizione non saranno moltissime, ma sempre più che sufficienti per superare tutti i nemici all’interno dell’area senza troppi problemi. Il danno arrecato dagli avversari non è mai eccessivo e potrete permettervi di incassare qualche colpo qualora uno di questi dovesse avvicinarsi troppo, ma fate attenzione perché il vostro stato di salute non è rappresentato né attraverso una barra vitale né dalla classica macchia rossa tipica di molti titoli moderni in prima persona, rendendo quindi difficile (per non dire impossibile) stabilire l’entità del danno ricevuto. Se in titoli come Outlast i jumpscare sono sempre in agguato dietro ogni angolo, nelle 4 ore scarse che impiegherete per terminare Husk tali spaventi saranno davvero rari – per non dire quasi del tutto assenti – e nella stragrande maggioranza del tempo vi ritroverete tranquillamente a scorrazzare per l’ambientazione di gioco senza quasi percepire alcun senso di timore, sensazione che dovrebbe essere una delle componenti fondamentali di un titolo come questo. A causa di tutte le mancanze sopra citate vi ritroverete quindi a terminare il titolo più per giustificare a voi stessi i non pochissimi 19,99 euro investiti che per la voglia reale di proseguire in un’avventura davvero poco entusiasmante.
Il lato tecnico è forse l’aspetto meno negativo di Husk, nonostante il risultato finale sia comunque colmo di lacune. L’ormai consolidato Unreal Engine 4 è certamente in grado di offrire un colpo d’occhio piacevole al giocatore e la cura artistica del level design è sicuramente encomiabile benché non spicchi certamente per fantasia; peccato però per le tante incertezze del frame rate che, anche in aree circoscritte con pochi dettagli da elaborare, mostra sempre il fianco a qualche calo e a qualche episodio di stuttering di troppo che, francamente, non ci saremmo aspettati su un PC di fascia alta come quello sul quale abbiamo fatto girare il titolo.
Il monster-design passa quasi inosservato, complici dei modelli poligonali praticamente identici tra loro se non per pochi dettagli che non contribuiscono a creare una reale distinzione tra i nemici che incontreremo. A rendere però il risultato finale davvero poco presentabile ci pensa la soundtrack; ogni titolo horror che si rispetti dovrebbe infatti puntare molto su di una colonna sonora capace d’infondere tensione al giocatore ed invece, complice una composizione davvero poco ispirata, la percezione è quella di una soundtrack aggiunta più per dovere di cronaca che non per creare l’atmosfera necessaria ad un titolo del genere. Spesso sarete lasciati ai soli rumori ambientali (in numerose occasioni nemmeno presenti, come nel caso di collisioni con gli oggetti sparsi per il gioco) per poi passare di punto in bianco a musiche poco contestualizzate che, in taluni casi, s’interrompono bruscamente facendovi ripiombare nel vuoto più assoluto. La mancata localizzazione in italiano dei dialoghi e dei sottotitoli è la ciliegina sulla torta di un titolo che ha purtroppo davvero molto poco da esprimere.
Difficile esporre delle vere e proprie conclusioni dopo svariate righe passate ad elencare solo punti negativi. Husk, a dispetto delle premesse, non ha assolutamente nulla di interessante per cui valga la pena di essere giocato; se da un lato si sono certamente intravvisti diversi elementi di buona ispirazione, il risultato finale ha portato ad un titolo amorfo che non riesce né ad esprimere una sua reale identità né ad appassionare il giocatore come dovrebbe. Alla fine dei conti, quello che ci si ritrova fra le mani è un titolo dal gameplay troppo noioso che non riesce a farsi apprezzare nemmeno nella componente narrativa. Passata la prima ora siamo sicuri che il vostro solo obiettivo sarà quello di arrivare ai titoli di coda cercando di ridurre parzialmente la frustrazione per l'aver investito in malo modo i propri sudati risparmi, soldi che vi suggeriamo caldamente di utilizzare per opere ben più meritevoli.