Abbiamo dovuto attendere due lunghissimi anni, ma finalmente è arrivato il momento di giudicare l’ultima fatica targata Sony Santa Monica.
Quando Sony presentò al mondo intero il suo God of War nell’ormai lontano E3 2016, milioni di videogiocatori sparsi per tutto il mondo rimasero a bocca spalancata dallo stupore. Quello che per oltre un decennio si era da sempre immedesimato fin nelle fondamenta in un hack’n slash violento e ignorante sembrava infatti essersi tramutato in un action adventure che in un primo momento appariva più come una riproposizione in salsa fantasy di The Last Of Us rispetto a quello che i fan avevano imparato a conoscere nel corso degli anni. Santa Monica Studio aveva dato un violento colpo di spugna alla sua creatura per offrire qualcosa di totalmente nuovo, in parte sì più conforme ad altre opere già viste nel corso di questi ultimi tempi, ma al contempo impreziosito da un carattere unico e inimitabile.
Il forte cambiamento attuato dalla software house ebbe conseguenze ovvie, con un pubblico spaccato in due tra timorosi ed entusiasti nel mentre che nuovi trailer e gameplay venivano a presentarsi con forza di mese in mese. L’attesa è stata lunga e difficoltosa, i dubbi si sono palesati in gran numero e Sony ha fatto tutto ciò che era in suo potere per nasconderci le tante chicche sviluppate per l’occasione, ma finalmente il grande momento è giunto. Se anche voi siete tutt’ora titubanti su ciò che God of War è effettivamente in grado di regalare, non dovete far altro che continuare a leggere la nostra recensione.
I primi istanti in-game ci presentano una scena straziante ed emozionante al contempo, dove preghiere sussurrate con un fil di voce fanno seguito a dolci melodie che risuonano tutt’intorno a noi. La madre di Atreus, compagna di Kratos, è venuta tristemente a mancare e il solenne funerale tenuto in suo onore lascia nelle nostre mani un semplice sacchetto di ceneri, i resti della nostra amata. Rimasti oramai soli e in silenzioso lutto per la perdita, lo spartano e suo figlio prendono una solenne decisione, onorare l’ultima richiesta fatta dalla donna poco prima che esalasse l’ultimo respiro; quelle ceneri verranno sparse sul picco più alto di tutti i nove regni. Ci sarebbe davvero tanto da poter dire sulla nuova epopea che andremo a vivere in questo God of War, ma preferiamo rimanere sul più vago possibile poiché quella di Kratos e Atreus è una storia ricca e carica di pathos che merita di essere vissuta nell’ignoranza più totale per poter godere di ogni suo più piccolo e insignificante particolare.
Partendo da una base quantomeno semplice, l’epico viaggio di cui saremo testimoni ci porterà a godere di un’esperienza narrativa assolutamente di prim’ordine, capace di conquistare al cuore per i suoi continui colpi di genio e i tanti personaggi che ci si pareranno innanzi, tutti carichi di grande spessore e in grado di farsi amare dall’utente di turno per l’indiscusso carisma sprizzato da ogni pixel. Quella di God of War, però, non è un’avventura caratterizzata solo da grandi battaglie con creature della mitologia norrena mentre il mondo di gioco attorno a noi crolla sotto i nostri occhi, bensì punta anche a offrirci qualcosa che mai era stato preso in esame nella lunga storia che ha caratterizzato quest’IP; un rapporto paterno. Kratos non è più lo spietato guerriero in cerca di vendetta, la sua furia cieca è stata celata per far spazio a qualcosa di ben più importante, un figlio. Che il nostro spartano non sia stato esattamente un padre modello lo capiamo fin dalle prime battute di gioco, ma il lungo cammino che si erge davanti a noi potrebbe rappresentare il modo giusto per rimediare ai danni fatti in passato.
Ciò che ha saputo colpirci più di ogni altra cosa si riassume proprio nel rapporto padre/figlio che va intensificandosi man mano che avanzeremo nell’avventura. Il giovane e ingenuo Atreus dovrà imparare a crescere in un mondo ben diverso da quello che le favole raccontate prima di coricarsi gli hanno presentato, ma al contempo anche Kratos dovrà comprendere le vere necessità di un bambino sperduto e confuso, desideroso solo di poter far vedere al padre il proprio valore. Il riuscito mix che ne scaturisce è un susseguirsi di situazioni al cardiopalma che s’intersecano a doppio filo con momenti più compassati in cui i nostri eroi imparano a conoscersi, di fatto ottenendo vicendevolmente la forza necessaria per poter proseguire. L’incredibile carico emotivo che God of War riesce a offrire è in parte merito di un capolavoro registico senza pari, un lavoro finemente eseguito che ha permesso alla software house di dar vita a una creatura costituita interamente da un lungo e interminabile piano sequenza. Non vi sono stacchi, non esistono salti d’inquadratura o tagli netti capaci di sporcare l’incredibile lavoro fatto, tutto prosegue speditamente davanti agli occhi increduli del giocatore che si ritroverà a non avere neanche un istante di respiro, ormai attanagliato da sguardi e movenze che già da sole varrebbero il prezzo del biglietto.
Se già la prima metà dell’avventura ha saputo tenerci incollati allo schermo, è la seconda metà del gioco a rincarare davvero la dose, mettendoci di fronte a verità nascoste e opprimenti dubbi che esplodono con forza magistrale fino ai titoli di coda, il proverbiale canto del cigno di una avventura rivelatasi capace d’offrirci oltre 35 ore d’intenso gameplay che sono volate via in un battito di ciglia. L’unico consiglio spassionato che ci teniamo a darvi è di godervi la nuova creatura di Santa Monica Studio solo dopo averne potuto assaporare la trilogia originale. Per quanto God of War si presenti infatti come un nuovo punto di partenza per la serie, l’avventura rimanda continuamente ad accadimenti del passato, alle volte con sotterfugi a malapena notabili, in altri casi in maniera ben più evidente. Non esageriamo nel dire che God of War saprà offrire tutta un’altra esperienza a chi avrà avuto modo di giocare quantomeno i tre capitoli principali dell’IP, di fatto presentando una palpabile e opprimente emotività che potrebbe andare irrimediabilmente perduta nel caso in cui questo dovesse essere il vostro primo incontro con il guerriero di Sparta.
Se già sotto il profilo narrativo God of War riesce a fare passi da gigante rispetto ai suoi fratelli maggiori, è da un lato puramente ludico che la nuova epopea targata Santa Monica Studio riesce davvero a sorprendere. Mettendo da parte tutto ciò che il brand aveva saputo regalarci, la nuova avventura di Kratos punta a offrirci su di uno splendido piatto d’argento qualcosa di nuovo e gustoso, una portata principale che saprà fare la gioia di vecchi fan e nuovi arrivati. Dite addio alla telecamera fissa, alle decine di nemici da affrontare contemporaneamente tutt’intorno a voi e all’ossatura che da sempre ha caratterizzato tutti i titoli del brand e preparatevi invece a far spazio a un’inquadratura posizionata dietro le spalle del protagonista, un cambiamento tanto semplice nelle premesse quanto fondamentale nei fatti. Durante il primo combattimento in-game, ci si sente terribilmente spiazzati, quasi a disagio.
Gli scontri si rivelano infatti intimi e intensi, con una perdita nella scala delle battaglie che viene però sopperita da una violenza carnale molto più sentita e apprezzabile rispetto al passato e capace d’offrire solo grandi soddisfazioni, mentre il nuovo sistema di comandi viene facilmente interiorizzato. Si schiva, si attacca, si muove lo sguardo per tener traccia della posizione avversaria, ci si para al momento giusto per eseguire contrattacchi e si sfoggiano colpi leggeri e pesanti capaci di dar vita a sanguinolente coreografie in grado d’appagare anche il giocatore più esigente. La possente ascia che avremo a nostra disposizione, conosciuta come il Leviatano, mostrerà subito una pesantezza e lentezza più marcata rispetto a quanto accadeva in passato, eppure riesce comunque a entrare velocemente nelle corde dell’utente grazie alle tante possibilità che saprà proporre.
Oltre ai violenti fendenti che potremo dare contro ogni malcapitato che ci si parerà innanzi, sarà infatti possibile lanciare la nostra ascia contro oggetti e avversarsi, richiamandola poi a noi con un singolo cenno della mano, sempre che non preferiate combattere a mani nude prendendo a pugni le tante creature che vi sbarreranno la strada con un’inaudita violenza in possesso del nostro caro vecchio Kratos, magari accompagnando il tutto con una qualche presa finale estremamente appagante. Oltre a questo, non bisogna poi dimenticare l’introduzione di un vero e proprio albero delle abilità ricco di miglioramenti da poter ottenere utilizzando i punti esperienza che otterremo giocando, tra nuove combo e attacchi speciali da poter eseguire in combattimento, e ovviamente la presenza di Atreus, risorsa che nel corso dell’avventura si rivelerà ben più essenziale di quanto inizialmente immaginabile.
Il nostro pargolo, infatti, non solo potrà lanciare frecce – divise tra elettriche e di luce – contro i nemici, ma nel corso degli scontri potrà inoltre distrarre gli avversari e tenerceli fermi per eseguire qualche violento fendente, avvertendoci inoltre quando un mostro alle nostre spalle starà per sferrarci un attacco. Il risultato finale è una strepitosa danza di morte in cui tutto funziona alla perfezione risultando forse a tratti limitato nei primi istanti solo per poi esplodere in tutto il suo splendore procedendo in-game, quando nuove abilità saranno ormai state sbloccate e il sistema di controllo sarà stato pienamente padroneggiato dal giocatore, che tra combo inanellate e stupende finisher eseguite, si sentirà un vero dio tra i mortali.
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In aggiunta al già citato albero delle abilità, il titolo presenta poi un sistema a livelli per protagonista e avversari capace d’offrire ancor più spessore all’intera struttura ludica. Giocando, sarà infatti possibile ottenere tutta una serie di pezzi d’equipaggiamento di vario livello con statistiche uniche, ognuno dei quali sarà poi migliorabile tramite l’utilizzo di materiali reperibili in giro per il mondo di gioco, il tutto al fine di migliorare e aumentare il proprio livello così da poter sconfiggere avversarsi inizialmente ostici da affrontare. Nel proseguo dell’avventura emergeranno poi nuovi nemici e inediti attacchi runici, ovvero attacchi speciali inseriti in sostituzione del sistema di magie visto in passato, con battaglie sempre più spettacolari, stratificate e tecniche, lì dove si rivelerà necessario studiare attentamente l’avversario attaccando e parando al momento giusto per sperare di portare a casa la pellaccia.
Fortunatamente, il gioco non delude neanche sotto il profilo dei boss affrontabili, i quali riescono a offrire sfide appaganti unite a quel piacevole tocco d’adrenalinica esagerazione ad adornare il tutto, in particolare con lo scontro iniziale e finale dove vi ritroverete letteralmente con le lacrime agli occhi per la magnificenza a cui starete assistendo. Se proprio volessimo muovere una critica in tal senso, non possiamo nascondere che la varietà di mini boss affrontabili si è rivelata quantomeno risicata, con giusto tre o quattro tipologie di mostri più coriacei della norma a bloccarci il cammino di tanto in tanto, una piccola sbavatura che comunque non va a intaccare un lavoro semplicemente sublime e meritevole solo di grandi elogi. Se il combat-system risulta pesantemente diversificato rispetto al passato, non bisogna dimenticare che grandi stravolgimenti sono stati posti anche sotto il profilo d’ambientazione ed esplorazione. Se in un primo momento potrebbe infatti sembrare che la struttura su cui God of War poggia le basi non sia poi così diversa se confrontata ai capitoli per console old-gen, con ambienti sì più ampi e caratterizzati da qualche segreto nascosto, ma comunque sempre composti da una singola strada per poter procedere, è quando raggiungeremo il cosiddetto Lago dei Nove che le cose si faranno davvero interessanti.
Quella appena citata, infatti, potrebbe riassumersi in una vasta area centrale liberamente esplorabile grazie all’utilizzo di una piccola imbarcazione, con i portali dei nove regni posti alle estremità del lago e il tempio della divinità Tyr situato esattamente al centro di essi. Eppure, seppur l’obiettivo principale sia ben visibile sulla minimappa, il primo istinto è quello di salire sulla nostra barca e dare un’occhiata in giro, un madornale errore che dovrete pagare con ore e ore di gaming aggiuntivo. In pochi minuti scoprirete infatti decine e decine d’isole e approdi con obiettivi e missioni secondarie uniche, numerosissime attività che andranno aumentando man mano che giocherete. Alle volte potreste trovare una semplice anima in pena d’aiutare o un qualche varco da richiudere dopo aver ucciso qualche coriaceo avversario – magari proprio dopo aver completato piccoli ma piacevoli enigmi spesso legati all’utilizzo della vostra fidata ascia – ma in altri casi quelle che all’apparenza potrebbero presentarsi come missioni di poco conto vi costringeranno a fare i conti con enormi draghi e potenti valchirie, il tutto in favore di una varietà e libertà splendidamente dosata che non risulta mai dispersiva o stancante.
Proprio tale miriade di quest opzionali non costituiscono un semplice contentino per allungare il brodo, ma si rivelano piuttosto un’aggiunta che arricchisce e impreziosisce l’esperienza principale, di fatto completandola e dandole un perfetto e concreto senso d’esistere. Ovviamente, chiunque volesse potrà tranquillamente mettere da parte tali incarichi secondari per concentrarsi sulla storia, ma vi assicuriamo che una simile decisione vi porterà a perdere innumerevoli chicche assolutamente meritevoli di essere assaporate con calma. Giusto per darvi un’idea delle opzioni lasciate in mano al giocatore, vi basti sapere che in giro per la mappa saranno nascosti dei dischi runici necessari per poter accedere a due dei nove Regni del gioco, ovvero Musphelleim e Niflheim. Non abbiamo intenzione di raccontarvi cosa sia possibile affrontare all’interno di questi due ambienti di gioco, ma vi possiamo assicurare che sarebbe davvero un vero peccato lasciarseli scappare. Non per niente, la stessa possibilità di poter continuare a giocare una volta raggiunto l’End-Game rappresenta l’esempio lampante di come il team tenti d’invogliare il giocatore a continuare il suo viaggio, esplorando tutto l’esplorabile e scoprendone gli innumerevoli segreti.
Altro fiore all’occhiello della produzione è poi rappresentato dall’incredibile lavoro svolto per raccontare le infinite sfaccettature relative alla mitologia norrena. Già solo nelle primissime ore di gioco si viene letteralmente bombardati da racconti di ogni genere relativi ad aspetti più o meno conosciuti del folklore scandinavo, lì dove avremo modo di conoscere non solo leggende di possenti troll e pericolosi draghi, ma anche infinite vicissitudini relative a tutto il pantheon asgardiano. Il termine che sinceramente sentiamo più vicino per esprimere il lavoro di Santa Monica Studio è “enciclopedico”. L’epopea di Kratos e Atreus ci permetterà infatti di muoverci in un viaggio fatto di racconti, mosaici, testi antichi e grandi affreschi relativi a tutta la cosmologia nordica. Dal viaggiare per i nove regni tramite l’utilizzo del Bifrost fino alle innumerevoli storie che il saggio Mimir ci narrerà, per poi giungere ai numerosissimi versi antichi e alle sacre pitture che il nostro Atreus andrà narrandoci di tanto in tanto. Insomma, tutto è pensato per metterci a confronto con una mitologia ricca e interessante in cui il primo a volerne sapere di più sarà il videogiocatore stesso, ormai rimasto totalmente affascinato dall’incredibile universo che gli si muove tutt’intorno.
La vera forza di God of War si riassume proprio nella sua capacità di mettere in mostra un mondo meraviglioso, coerente e affascinante in cui l’utente è invogliato a perdersi, esplorandolo da cima a fondo per scoprirne tutti i più insignificanti particolari, un lavoro invero decisamente più approfondito e meticoloso rispetto a quanto visto con i capitoli passati. Tutto ciò che God of War mette in campo riesce però a stupire anche grazie all’inimmaginabile sforzo eseguito sotto il profilo tecnico, lì dove i ragazzi di Santa Monica Studio sembrano aver dedicato anima e corpo. Sia chiaro, che il team di sviluppo sappia come lavorare su di una console ormai lo si era capito già da anni e anni, eppure con quest’ultimo capitolo del brand sono state raggiunte vette qualitative talmente elevate da far perdere il fiato. Onestamente fatichiamo a trovare difetti di cui poter parlare, visto e considerato che ogni singola inquadratura è capace d’offrire un colpo d’occhio semplicemente invidiabile.
Dalle diversificate ambientazioni fino ai personaggi primari e secondari, tutto è stato svolto con una impeccabile dedizione; la conta poligonale di ogni oggetto su schermo è da encomi, giochi di luci e ombre sono tra i più belli mai visti per un titolo Playstation 4, il lavoro svolto sulle animazioni lascia senza fiato e l’art-design sfoggiato dal team risulta impagabile, lì dove enormi architetture e splendide conformazioni naturali contribuiscono a formare uno degli ambienti ludici più spettacolari che i nostri occhi abbiano mai avuto la fortuna d’osservare. Fortunatamente, il lavoro svolto risulta tranquillamente godibile anche su di una Playstation 4 liscia, seppur l’immagine generale risulti leggermente sporcata da un comprensibile aliasing e le situazioni più caotiche portino a qualche sporadico calo di frame-rate. A chiudere un cerchio da (quasi) dieci e lode ci pensa infine una colonna sonora perfettamente integrata nel racconto e capace d’accompagnare perfettamente il giocatore nel suo viaggio grazie alle sue tante tracce, alle volte solenni e liberatorie, in altri casi minacciose e opprimenti, e un doppiaggio in italiano dall’elevatissimo spessore. Unico neo della produzione cade sulla voce italiana di Atreus che, seppur ben recitata e capace di dare indubbio spessore al personaggio, risulta fin troppo matura e conseguentemente fuori posto rispetto all’età che il giovane dovrebbe dimostrare.