Il nuovo tie-in dedicato agli acchiappafantasmi ci ha deluso su tutti i fronti.
Questo secondo decennio degli anni duemila ci ha fatto – e ci farà – assistere a un numero spropositato di reboot. Evidentemente si sente l’esigenza – per motivi legati a mancanza di idee o semplicemente commerciali – di riportare in auge grandi franchise dagli anni ’80 – ’90 e riproporli a vecchie e nuove generazioni.
In un universo misto fatto di vecchie glorie, ma anche di social, smartphone e tecnologia avanzata ritroviamo gli eroi della nostra infanzia su grande schermo, ma non solo. Ultimamente cinema e videogiochi vanno di pari passo, se esce il film quasi sicuramente uscirà anche il videogame ufficiale.
È stato così, ad esempio, per le Tartarughe Ninja, il cui ritorno in campo videoludico non ci ha particolarmente entusiasmato. Ed è così anche per Ghostbusters: il film tornerà nelle sale italiane il 28 luglio e il videogioco, che si intitola semplicemente “Ghostbusters”, è già disponibile in digital delivery su Playstation 4, Xbox One e PC.
Vedrò il film con molta curiosità, conscio del fatto che probabilmente il popolo del web si è scagliato con fin troppo odio nei confronti di questa pellicola con un nuovo team tutto al femminile. Mettendo da parte i discorsi sessisti e ‘politically correct’, in linea generale sono favorevole e aperto alla linea dei reboot.
Ghostbusters – parlo ora del videogioco, che ho testato su PC – mi ha fatto quasi cambiare idea. È un gioco così lento, noioso e strutturalmente carente che vi farà immediatamente pentire di aver speso quasi 40 euro, ovvero il prezzo ufficiale del titolo, perché ancora innamorati del franchise.
Facciamo che elenco prima i pregi di Ghostbusters? Perché son davvero pochi. Innanzitutto ho apprezzato l’estetica, uno stile cartoon per i personaggi e le ambientazioni. È anche interessante come ognuno dei quattro personaggi abbia un’arma – e dunque uno stile di combattimento – differente, così come sia possibile salire di livello e potenziare le statistiche di ogni protagonista.
Dal punto di vista narrativo il videogioco non ha quasi niente a che vedere con il film che vedremo in sala. La trama è ambientata dopo la conclusione della pellicola e non impersoneremo il team femminile ma una squadra mista – contenti? – composta da due uomini e due donne.
Quali sono i loro nomi? Non vi interesserà nemmeno. Già dopo i primi minuti i protagonisti mostreranno uno spessore psicologico, contornato da dialoghi scritti coi piedi, praticamente pari a zero e di certo la narrazione non aiuterà a sollevarne le sorti. Anzi.
La campagna di Ghostbusters si riduce a un “c’è un fantasma al cimitero” a un “c’è un fantasma al manicomio”, il tutto ripetuto per sei livelli – ognuno composto di una missione principale e altre secondarie – senza quasi alcuno spunto che invogli il giocatore ad appassionarsi minimamente alla storia che si sta vivendo.
Il problema di fondo è che Ghostbusters è ripetitivo nella sua essenza. Già dopo aver proseguito nei primissimi livelli risulta stancante e noioso continuare un circolo vizioso fatto di “cammina-spara-cattura”. Trattasi di una sorta di sparatutto con visuale dall’alto, nel quale bisognerà percorrere mappe piuttosto ampie per catturare quanti più fantasmi possibili.
Si potrebbe proseguire nella direzione principale, ma anche scovare oggetti o mini-boss segreti per ampliare l’esperienza di gioco, se solo il gioco ne facesse sentire la necessità o semplicemente il piacere. Ogni ambientazione, per quanto gradevole da vedere, è strutturalmente quasi identica alle precedenti e fin troppo grande per un gameplay così ripetitivo e pedante.
Ogni livello dura decisamente troppo: vi terrà impegnati per circa 30 minuti, che personalmente mi sembravano non trascorrere mai. E non aiutano neanche i quattro personaggi, che procedono a passo di lumaca. L’unico modo per spostarci più rapidamente è dato dalla possibilità di rotolare in qualsiasi direzione, un comando che però necessita di qualche secondo per ricaricarsi una volta utilizzato, ed ecco che il gioco cambia e diventa un “rotola-spara-cattura”.
Inutile dirlo, anche i nemici sono praticamente gli stessi in ogni ambientazione e si susseguono in uno schema preciso e identico (pesci piccoli, mini boss ed infine boss). E, infine, risulta noioso persino il sonoro: ai dialoghi, che come già detto non contribuiscono a caratterizzare i protagonisti, anche l’uso delle musiche si ripropone sempre nelle stesse situazioni.
In conclusione, Ghostbusters è un videogioco che se non fosse esistito ci avrebbe fatto un favore. Dispiace parlare così male di un franchise che ha segnato un po’ l’infanzia di tutti, ma il nuovo tie-in di Activision si è messo d’impegno per essere scadente nel senso più puro del termine. Non ci resta che andare al cinema per guardare il film, sperando con tutto il cuore di non dover fare il bis di tanta atrocità.
Ghostbusters vorrebbe riportare in auge un franchise glorioso e che, in passato, ha proposto tie-in videoludici interessanti, ma fallisce in pieno. Il videogioco sviluppato da Activision è noioso in ogni suo aspetto, da una trama inesistente al gameplay più ripetitivo che possa esistere, compresi i dialoghi e la colonna sonora. Non aiutano neanche i quattro protagonisti, talmente anonimi e stereotipati da sorvolare persino sui loro nomi. Una grafica piacevolmente cartoonesca e un sistema di avanzamento tra statistiche e abilità di ogni personaggio non riescono a compensare una produzione tanto carente. Senza dubbio il peggior videogioco dedicato ai Ghostbusters in tempi recenti.