I ragazzi di RuneHeads si lanciano all’attacco con un Souls-Like ricco di potenziale.
Con l’apparizione sul mercato di Demon’s Souls prima, e Dark Souls poi, l’industria videoludica si è ritrovata a vivere una nuova fase storica tanto inaspettata quanto importante. Dal giorno alla notte, iniziarono infatti a moltiplicarsi le richieste espresse a gran voce da un pubblico che, oramai stanco per la generale facilità caratterizzante fin troppi prodotti dell’industria videoludica, sembrava essere alla disperata ricerca di novità capaci d’offrire un ben più elevato tasso di sfida.
Ovviamente, il medium videoludico non perse tempo e, nel corso degli anni successivi, si venne a formare un vero e proprio genere a sé stante, per l’occasione denominato Souls-Like, tipologia ludica a cui anche Fall of Light si accosta. Quella che gli sviluppatori italiani di RuneHeads hanno voluto sviluppare è infatti una produzione dall’elevata difficoltà che, sotto diversi aspetti ludici, risulta accomunabile alle opere di Hidetaka Miyazaki. Fate attenzione, però, poiché bollare Fall of Light come un mero titolo “alla Souls” privo di carattere sarebbe un grave errore, ed ora vi spiegheremo il perché.
Dopo qualche attimo di silenzio dall’inizio della propria partita, una voce fuoricampo fa il suo ingresso in scena cominciando a narrarci la storia di un mondo ormai in decadenza e privo di speranze. In principio era il caos, con un pianeta in cui le ombre del Male si muovevano liberamente portando orrori indicibili in ogni dove; arrivati ormai sul baratro dell’estinzione, ecco però che la Luce decide di farsi avanti portando ordine e prosperità per la razza umana, di fatto dandole un radioso futuro per le generazioni a venire. Il bene trionfante regna sovrano per ben 13 ere, un’idilliaca perfezione che viene bruscamente interrotta da Pain, un mago bramoso di potere che con l’aiuto di magie arcane dimenticate riesce a far risorgere l’oscurità in ogni dove. Lo scontro inevitabile tra Luce ed Oscurità si protrae per decenni, fin quando quest’ultima non ha, infine, preso il triste sopravvento.
La quattordicesima è ormai giunta e porta con sé orrende creature e terribili pestilenze, un’epoca di paura e crudeltà, un’epoca che fa da sfondo alle vicende di Nyx. Costui, altri non è che il nostro protagonista, un guerriero dal volto perennemente coperto intento a portare al sicuro la propria figlia, Aether. Narrativamente parlando, bisogna ammetterlo, Fall of Light ha tutte le carte in regola per riportare alla mente le opere targate From Software. Abbiamo un mondo in decadenza e malato popolato da NPC spesso poco propensi a parlare, se non per lanciarci contro frasi confuse e che ben poco faranno capire al giocatore di turno. Tutto, insomma, sembra ricalcare le opere di Miyazaki, e nel corso delle prime ore l’avventura rimane stabile in un progressivo vuoto narrativo che non offre alcuno spunto meritevole di nota.
Poi, di colpo, le carte in tavola cambiano. Nel corso dell’avventura, infatti, avrete modo d’interagire con una serie di santuari che se ad una prima occhiata potrebbero avere un fine solo secondario nel contesto narrativo, tutto d’un tratto sapranno farvi decisamente ricredere acquistando un’importanza generale ben più rilevante, mostrandosi capaci di andare a ritoccare pesantemente il mood generale a cui l’opera ci aveva inizialmente abituati. Al fine di evitare qualsivoglia tipologia di spoiler, non approfondirò in alcun modo le vicende, lasciando a voi il gusto di scoprire i segreti che si celano all’interno di Fall of Light.
Ci tengo però precisare che l’avventura narrata dalla creatura di casa RuneHeads, dopo un iniziale momento di silenzio assoluto a tratti forse addirittura scoraggiante, è fortunatamente riuscita a convincermi pienamente lanciandomi all’interno di un rapporto padre-figlia ben più complesso ed opprimente di quanto si sarebbe potuto inizialmente pensare. In poche parole, non fatevi scoraggiare dal lento ed anonimo inizio che caratterizza l’opera, perché in tal caso rischiereste di lasciarvi scappare un’esperienza decisamente intrigante ed appassionante che non mancherà di tirarvi qualche ben piazzato pugno allo stomaco.
Ludicamente parlando, Fall of Light si presenta come un action con visuale isometrica dall’alto che, sotto diversi aspetti, prende evidentemente spunto dall’epopea dei Souls. Attacco base, attacco caricato, parata e schivata saranno le quattro azioni a vostra disposizione nel mentre che vi muoverete in giro per il dungeon di turno, tra nemici da affrontare e trappole da schivare. Quello che i ragazzi di RuneHeads hanno ideato è un combat-system semplice ma comunque profondo, dove la tatticità ed il giusto tempismo rappresenteranno le incognite capaci di salvarvi da un repentino game-over. Sarà poi possibile contrattaccare nel caso in cui si riuscisse a parare il colpo nemico al momento giusto, ed ovviamente la barra della stamina sarà sempre in bella vista su di un angolo dello schermo, pronta a ricordarvi di non lanciarvi in cariche suicide contro il nemico, anche perché già l’essere accerchiati da tre avversari comporterà una morte indegna.
Fortunatamente, però, le tipologie di armi non mancano, e nel corso dell’avventura potrete provare con mano tutta una serie di affilati gingilli – ognuno dei quali sarà capace di dar vita a combo differenziate – con cui mettervi alla prova contro una vasta gamma di unità nemiche, le quali in termini di varietà si presentano decisamente bene, con tante tipologie di avversari che sfoggeranno i propri pattern e le proprie peculiarità. Inoltre, l’opera non lesina neanche in termini di boss-fight, con scontri difficili ed appassionanti che sicuramente sapranno farvi invocare ben più di qualche santo.
Uno degli aspetti però più interessanti che è possibile denotare nella componente ludica del titolo riguardano proprio Aether, la nostra amata figlia. Questa, infatti, non rappresenta un semplice elemento di contorno ma svolge un importante ruolo all’interno del sistema di gioco, di fatto rivelandosi essenziale per poter proseguire. Sostanzialmente, la nostra fanciulla sarà sempre vicino a noi e per questo dovremo proteggerla da ogni pericolo. Afferrandole la mano, potremo portarcela dietro in lungo e in largo per la durata di tutto il nostro viaggio stando ben attenti a non farla cadere in mano nemica. Basterà infatti un singolo colpo per vederla crollare esanime a terra, così come lasciarla indietro e partire per l’ignoto porterà unicamente alla sua cattura e al nostro seguente salvataggio della stessa. Quello che ha prima vista potrebbe sembrare un particolare di poco conto, è in realtà una delle più rilevanti colonne portanti dell’intera opera.
Ogni qualvolta che saremo vicino ad Aether, otterremo infatti un rilevante boost alla forza dei nostri attacchi. Ciò, però, sarà possibile solo nel momento in cui nostra figlia sarà molto vicino a noi e, conseguentemente, allo scontro in corso. Sarà insomma compito nostro decidere come comportarci, scegliendo se optare per un’azione più sicura lasciando la nostra amata figlia lontano dalla battaglia o se lanciarci tra i nemici insieme a lei per avere molte più possibilità di vittoria, il tutto ovviamente mettendo però a repentaglio la sua vita. Il sistema è indubbiamente piacevole e riesce nell’intento di farci sentire ancor più legati al personaggio di Aether, ma bisogna ammettere che al centesimo rapimento della nostra piccola, con conseguente corsa in giro a ritroso per la mappa al fine di trovarla e salvarla, finirete con il maledirla dal profondo del vostro cuore.
Fall of Light non è però un titolo perfetto ed anzi, va detto che in più di un’occasione mostra i fianchi a qualche problema di troppo. In primis, l’intelligenza artificiale nemica lascia molto a desiderare, con avversari che senza la minima tattica si lanceranno in una carica cieca contro di voi. Non per niente, nel caso in cui decideste di correre verso il dungeon successivo, potreste ritrovarvi con un ridicolo trenino di avversari alla vostre spalle intenti ad inseguirvi. Secondariamente, l’opera riserva qualche imperfezione sotto il profilo degli impatti, con colpi che non sempre vengono dati o ricevuti nel giusto modo.
In più di un occasione è infatti capitato di ritrovarsi a prender danno per attacchi fin troppo distanti per potersene davvero preoccupare e viceversa, un dettaglio di non poco conto per un titolo che fa del combat-system il suo cuore pulsante. Infine, in qualche momento gli sviluppatori sembra si siano concentrati forse fin troppo su un livello di difficoltà alla trial and error, con nemici nascosti impossibili da vedere se non dopo essere stati attaccati e trappole che riuscirete ad evitare solo dopo averle attivate una prima volta. Alcuni game-over arriveranno insomma in maniera un poco imprevista ed il rischio frustrazione non è poi così remoto. Merita invece una menzione d’onore la decisione da parte del team di tenere nascosta qualsivoglia statistica, se non per qualche informazione generale che però aiuta ben poco.
Non sapremo mai quanta vita rimarrà ai nemici dopo un nostro attacco, boss inclusi, così come non avremo idea della diversa qualità delle armi, che andranno semplicemente provate per capire quale sia effettivamente migliore. Inoltre, Nyx potrà anche aumentare di livello raccogliendo anime dai nemici per poi “spenderle” nei santuari prestabiliti, ma non sapremo mai quante anime servano davvero per poter migliorare il proprio personaggio, né tanto meno è possibile sapere quale sia il nostro livello o le nostre caratteristiche in termini d’attacco e difesa, una scelta decisamente curiosa che potrebbe destabilizzare non poco durante le prime ore in-game.
Tecnicamente parlando, Fall of Light poggia sull’ormai ben conosciuto Unity Engine, con tutti i limiti che ne conseguono. Se da una parte gli ambienti spiccano per uno stile artistico ben pensato e funzionale – a cui poi fa seguito anche un ottimo level design dei livelli – la qualità poligonale di strutture e personaggi di sicuro non brilla per dettaglio. Non diversa è poi la situazione di texture e giochi di luci ed ombre, attestabili su di una discreta sufficienza.
Alla fin fine, però, bisogna tener conto del tipo di prodotto che si sta andando a provare, ed in qualità d’indie l’opera riesce ha rievocare un certo mood visivo tutt’altro che dimenticabile, tra lugubri scenari ed evocative creature capaci di conquistare il giocatore in più di un occasione. Inoltre, va detto che il lavoro d’ottimizzazione su PC si è attestato su ottimi livelli, con un frame-rate stabile a 60FPS anche nelle situazioni più caotiche. Chiude il cerchio un comparto audio attestatosi su discreti livelli ma rivelatosi incapace d’offrire grandi emozioni, sia in termini di doppiaggio inglese – fortunatamente localizzato in italiano nei sottotitoli –, sia per quanto riguarda la colonna sonora.