Violenta, senza cuore, crudele. Zero è pronta ad assassinare le sue sorelle. Scoprite con noi se ne vale la pena!
Sfogliando le nostre ultime recensioni notiamo come gli scorsi mesi siano stati densi di giochi di ruolo, da Bound by Flame a Child of Light, da Final Fantasy X/X-2 HD Remaster a Lightning Returns: Final Fantasy XIII. RPG per tutti i gusti, ognuno con le sue peculiarità, con il proprio stile visivo, chi improntato all’azione e chi ad una scelta ponderata sulla prossima mossa da eseguire. Insomma, per gli amanti del genere i giochi non mancano, alcuni di questi raggiungono picchi di qualità, altri, decisamente no. Square Enix e Acces Games propongono il loro RPG, terzo capitolo di una serie decisamente poco popolare nel territorio nostrano, anche grazie ad un sottogenere che non riesce a creare il dovuto appeal. Scoprite con noi se Drakengard 3 merita non solo attenzione, ma anche di essere giocato.
Drakengard 3 è un prequel dei precedenti capitoli, andando così a narrare gli eventi avvenuti prima dei due titoli della serie. Il mondo di gioco è governato dai signori della guerra che non fanno altro che darsi battaglia, entrano così in gioco le “Intoners”, cinque ragazze che sfruttano il potere della magia attraverso le canzoni sconfiggendo il male e ponendo fine ai conflitti. Ed è a questo punto che si palesa Zero, la sesta Intoner che entra in scena uccidendo il narratore e, a seguire, tutti quelli che si palesano di fronte a lei. Donne, bambini, anziani moriranno nel momento in cui cercheranno di intralciare il suo cammino e così la sua missione. Quella che inizialmente sembrava la fine di una guerra, si trasforma in un ulteriore bagno di sangue causato proprio dalla protagonista.
Nulla può contro il suo irrefrenabile desiderio di uccidere le sue sorelle. Dopo un estenuante scontro contro di esse, lei si ritrova, dopo un anno servito a riprendersi dalle ferite riportate, ad iniziare il cammino che la porterà a scontrarsi contro ogni singola Intoner. Ad accompagnarci c’è il giovane drago Mikhail il quale, curioso, dialoga con la protagonista per capire il motivo che la spinge a compiere questi omicidi. Ed è così che avviene la narrazione del gioco, uno scambio di battute tra i due che svelano parti interessanti della trama. Il tutto condito dal caratteraccio di Zero, un antieroe come si deve, non si fa mettere i bastoni tra le ruote da nessuno. Sboccata, crudele, spietata. Il punto forte del titolo è proprio l’interazione tra la protagonista senza cuore ed il suo drago, proseguiamo con l’irrefrenabile voglia di assistere ad un nuovo scambio di battute tra i due, oltre alla voglia di scoprire i segreti che ci celano dietro le sorelle e lo scopo di Zero.
Appena entrati in gioco scopriamo che si tratta di un Musou. Per chi non sapesse di cosa si tratta, sappiate che è il genere che ha reso famosa Tecmo Koei grazie alla serie Dinasty Warriors. Seppur da noi non così conosciuti, in Giappone hanno una loro nicchia di fan. I Musou sono contraddistinti da ondate di nemici che contano più sul numero piuttosto che su una particolare dote offensiva. L’IA è infatti, a dir poco, stupida. Il combat system è semplice, un tasto per l’attacco, uno per quello potente, non manca poi la parata e la possibilità di scattare in varie direzione per evitare i colpi nemici.
L’attacco speciale, che si esegue con triangolo, consuma stamina, così come la parata, quando subiamo danni questa si consuma, arrivata a zero la guardia si rompe lasciandoci in balia dei nemici. La stamina condivisa dona un pizzico di strategia, dovendo noi dosare gli attacchi speciali per evitare di rimanerne senza e con l’impossibilità di pararci. Questo però risulta controproducente per il combat system, dovendo prepararci a parare eviteremo di usare gli attacchi potenti sfruttando solo quelli normali, spammando cosi il tasto quadrato. Che, in realtà, è ciò che facciamo per la maggior parte del tempo, non essendoci nemici che ci costringono ad una particolare strategia, tutto quello che ci conviene fare è menare fendenti per eliminare chi ci intralcia il cammino. Piuttosto, c’è la possibilità di cambiare al volo tra quattro tipologie diverse di armi. Ognuna di queste ha una sua particolare utilità che verremo costretti a sfruttare in alcune occasioni. La progressione è lineare, i livelli non offrono particolari diramazioni, si prosegue seguendo la strada, spargendo sangue, fino ad arrivare alle arene. Qui veniamo obbligati ad uccidere i nemici presenti, così facendo ci guadagniamo la possibilità di proseguire il cammino verso la prossima Intoner da assassinare.
Ogni tanto entrano in gioco elementari sezioni platform o puzzle da risolvere, svolgono il semplice lavoro di spezzare la monotonia che potrebbe fare capolino. A fine missione guadagniamo esperienza utile per salire di livello, la progressione del personaggio è limitata ad un aumento dell’energia, non è possibile aumentarne le statistiche. La forza d’attacco è dipesa dall’arma equipaggiata, è possibile sbloccarle o comprarne di nuove. Inoltre, in cambio di denaro, è possibile potenziarle. Da tenere d’occhio anche la statistica relativa alla lunghezza, questa influisce sul raggio d’azione e sul peso della stessa. Mikhail non rimane certo a guardare, in determinati livelli saremo al suo controllo. Il tutto in modo simile a quanto visto in Panzer Dragoon, con devastanti attacchi in grado di sconfiggere decine e decine di nemici contemporaneamente. Queste sezioni sono particolarmente piacevoli, anche se non indimenticabili.
Il piatto forte del titolo è la violenza, messa in gioco dal tipico stile giapponese visto negli anime e manga, mischiato con dell’humor nero frequente. Oltre a degli immancabili riferimenti e doppi sensi a sfondo sessuale. Il tutto comunque funziona nel mettere in scena un antieroe che non ha certo la preoccupazione di censurarsi. Se rimaniamo a bocca aperta davanti alle cut scene in Computer Grafica dalla classica regia Square Enix, che ricordano quelle viste in Final Fantasy (tolti i litri e litri di sangue), questo accade anche la prima volta che entriamo in gioco. La differenza è abissale, in negativo. Veniamo travolti da un aliasing esagerato, texture povere così come la complessità poligonale e gli effetti su schermo. In sostanza, tecnicamente e visivamente è vecchio, arretrato, lo si nota a colpo d’occhio senza neanche analizzare troppo la scena. Muovendoci andiamo a trovare altre magagne, oltre al fatto che la protagonista non tocca terra e fluttua di qualche centimetro, come la mancanza dell’occlusione ambientale, muri invisibili e l’interazione ambientale ridotta ai minimi termini. Potremmo accettare questo vecchiume tecnico in cambio di un elevato numero di frame per secondo, no, neanche questo. Ed è il più grande problema di Drakengard 3. In generale il framerate è basso, in più i cali sono frequenti rendendo il titolo in questi frangenti ingiocabile. Visto la povertà degli elementi su schermo, e il non elevato numero di nemici contemporaneamente, questo aspetto è semplicemente ingiustificabile. Se il design dei personaggi ricorda quello di Kingdom Hearts, risultando quindi ispirato e gradevole, non è la stessa cosa per i nemici e le ambientazioni di gioco, decisamente banali, senza particolare originalità estetica. Piacevole invece la soundtrack orchestrale, così come il doppiaggio inglese, peccato però per la completa assenza dell’italiano, anche per quanto riguarda i sottotitoli.
Drakengard 3 ci ha fatto sorridere in diverse occasioni grazie all’antieroe per eccellenza che è la protagonista. Ci è piaciuta l’interazione tra lei e il suo drago, la quale relazione cambia man mano che proseguiamo nella storia. Quest’ultima è interessante e ci incuriosisce fino alla fine delle decine di ore di gioco necessarie per completare il titolo. Seppur la durata è elevata, troviamo il prezzo di acquisto (quasi 50€) decisamente elevato per un titolo disponibile solo in formato digitale. Drakengard 3 ci ha fatto piangere, non perché ci ha emozionato. Tecnicamente è un macello. In Giappone è uscito a fine 2013, e solo ora è arrivato in territorio europeo. Per questo giustifichiamo ancora meno tutte le magagne presenti, tra cui un framerate assolutamente inaccettabile che intacca il gameplay. Quest’ultimo non è particolarmente profondo, anzi, a causa della deficitaria IA, il button smashing è garantito. È anche indeciso sul genere di appartenenza, è carente delle classiche meccaniche RPG e troppo povero di nemici per i canoni dei Musou.