Il portale degli inferi si riapre e il nostro Doom Marine è pronto a distruggere qualsiasi cosa si muova
Riproporre un brand videoludico di grande spessore, dopo anni di assenza dalla scena internazionale non è mai una scelta facile. Sono tante le cose che possono andare storte in un remake o reboot di una saga ed è per questo che un po’ tutti abbiamo guardato con sospetto l’annuncio di ID Software e Bethesda fatto nel corso dell’E3 2015 di riportare in vita Doom.
Dopo le notizie che ci hanno accompagnato nell’anno precedente all’uscita del gioco però – e la prova con mano della beta multigiocatore – era impossibile non notare quanto impegno gli sviluppatori ci stessero mettendo per confezionare davvero un prodotto attuale, ma che sapesse ripescare tutte le qualità del primo, storico Doom.
Ancora una volta l’ambientazione proposta è quella marziana, un futuro abbastanza sanguinario nel quale l’umanità ha aperto un varco dimensionale con gli inferi, dal quale orde di demoni sono fuoriuscite per scatenare caos e morte. Questa volta l’umanità ha capito come imbrigliare tale potere e sfruttarlo a proprio vantaggio, la comunicazione con gli inferi ha permesso di creare una fonte di energia illimitata, pulita al 100% ed efficace pur provenendo da una fonte molto pericolosa.
Tale energia proviene da un luogo denominato “il Pozzo” e viene chiamata Argent; grazie a questa scoperta è stata risolta una crisi energetica multi planetaria. Dal mondo degli inferi emerge qualcos’altro: un sarcofago al cui interno è rinchiuso il corpo di un umano e la sua armatura.
L’origine dell’energia Argent è tuttavia troppo oscura e pericolosa, ben presto i demoni riescono a soggiogare la mente di uno degli scienziati dietro al progetto energetico e convincerlo ad aprire un collegamento continuo tra i due mondi che consente alle creature maligne di invadere le costruzioni dell’umanità ed è qui che entra in campo il nostro super soldato.
Risvegliatosi dal proprio sonno ed emerso – in maniera alquanto brutale – dal proprio sarcofago il nostro Doom Marine è pronto a schiacciare di nuovo la feccia demoniaca con la sua fedele Armatura Praetor e il suo BFG 9000. La trama è semplice, non ci sono enormi momenti rivelatori o colpi di scena, ma funziona alla perfezione poiché tutto quello che il giocatore si aspetta è un pretesto per mettere un bersaglio davanti al proprio mirino il prima possibile. Il nostro Doom Marine si troverà molte volte a viaggiare tra i due mondi portando a termine diversi obbiettivi imposti dallo scienziato Samuel Hayden e l’intelligenza artificiale della struttura marziana: VEGA.
ID software ha fatto un lavoro notevole nella campagna single player di Doom inserendo tutta la frenesia e gli elementi che hanno fatto grande il primo capitolo storico della saga datato 1993 e aggiungendoci tutta una serie di nuove feature e dettagli utili al ringiovanimento del brand che rendono questo titolo un perfetto gioco contemporaneo in pure stile anni ‘90. Nonostante la velocità sfrenata che permea tutto il comparto single player, e non solo, si raggiungono senza problemi le dodici ore di gioco a difficoltà normale. Un buon risultato per Doom.
Molte volte succede che un oggetto diventi simbolo di un brand e che quindi senza di esso è impossibile identificare un titolo come degno successore della saga. ID Software lo sa bene ed è per questo che anche in questa versione 2016 di DOOM ritroviamo l’immancabile BFG 9000 e la motosega, due tra le armi iconiche del brand identificative della mole di brutalità, violenza e distruzione che solo questo brand può offrire.
Il PEGI 18 su Doom è più giustificato che mai, tenete assolutamente lontani i bambini a meno che non vogliate offrirgli tanti orripilanti incubi. Il sangue scorre a fiumi, i mostri sono più diabolici che mai e l’ambientazione propone elementi sempre consoni all’argomento trattato – l’inferno – con sacrifici, rituali, candele, pentacoli e scritte sataniche.
Gli elementi disturbanti non mancano assolutamente, ma sono proprio questi che rendono la produzione di ID Software così bella. Ormai i videogiochi hanno notevolmente abbassato la fascia d’età del proprio pubblico di riferimento sconfinando spesso nel buonismo e offrendo anche un esperienza di gioco nel complesso più facile e accessibile. Doom spazza via tutto questo ricordando riportando in vita gli anni in cui i videogiochi erano violenti e selvaggi poiché semplicemente erano giochi e nessuno si poneva eccessivi problemi morali a mostrare un demone scarnificato che veniva fatto a pezzi da una motosega.
Anche la difficoltà è sopra alla media, il gioco non è altamente punitivo, ma sicuramente morire fatti a pezzi da un demone è più facile del previsto anche in modalità “Fatemi Male”, ovvero normale. Per tutti coloro che sono alla ricerca di una esperienza estrema il gioco mette a disposizione anche due difficoltà extra sbloccabili una volta completato il gioco: “Incubo” e “Ultra-Incubo”. In quest’ultima non sono ammessi checkpoint, gli unici punti di salvataggio ammessi sono all’inizio di ogni missione, ma nel caso in cui si morisse il gioco automaticamente verrà resettato e si dovrà ricominciare tutto da capo, inutile dire che tutto ciò avviene ad una difficoltà mostruosa dove i nemici proposti sono più coriacei che mai.
Se la violenza è la difficoltà sono stati presi importati direttamente dagli anni ‘90 è bello poter ammettere che Doom vanta anche una lunga serie di caratteristiche inserite appositamente per svecchiare il prodotto. La crescita del personaggio e la premiazione dell’esplorazione sono elementi ormai comuni ad ogni videogioco ed è per questo che non potevano mancare neanche in questa grande produzione. Ad ogni missione sono avviate una serie di sfide che, se completate, permettono di ottenere punti arma utilizzabili per migliorare le prestazioni dell’arsenale proposto, la crescita del personaggio si riflette inoltre anche sull’armatura Praetor.
All’interno di ciascuna delle grandi mappe proposte nella campagna sono disseminati vari cadaveri di Guardie D’Elite, queste vantano una tuta simile a quella del Doom Marine ed è per questo che parte di essa può essere assorbita dal protagonista per migliorare la propria armatura. La ricerca di questi miglioramenti non è facile e immediata ma quasi sempre nascosta in corridoi e stanze secondarie al sentiero proposto.
L’avventura di Doom è infatti lineare, le missioni prevedono che il protagonista vada dal punto A al punto B e solo una via lo permette. Tra questi due punti ci sono però tantissimi corridoi nascosti e punti segreti che solo l’occhio più attento può scovare. L’esplorazione è quindi enormemente premiata e grazie a questa è possibile scovare anche piccoli easter egg che riportano in vita il primo Doom 1993.
È difficile non ripetere quanto già detto a riguardo del comparto multigiocatore online lo scorso aprile con il provato della beta. Il mood generale è quello degli shooter arena e per quanto la presenza del doppio salto, l’aspetto dell’armatura e le meccaniche di gioco possano far pensare ai classici Halo o Call of Duty, ciò che viene proposto è in realtà molto diverso.
Otto mappe diverse sono distribuite in altrettante modalità di gioco: dal classico deathmatch a squadre alle più peculiare Congelamento dove non si muore, ma si viene congelati e i propri compagni possono aiutare gli alleati a ritornare in partita.
Anche nel multigiocatore la velocità regna sovrana, ancora una volta i movimenti intrapresi dal nostro alter ego saranno rapidi e super reattivi ma al tempo stesso lo saranno anche quelli dei nostri avversari dando luogo a scontri epici, ma al tempo stesso molto confusi dove i colpi andati a vuoto si sprecano.
Come nel più classico degli FPS è possibile creare la propria dotazione, ovvero scegliere quale armi portare sul campo. Non esiste alcuna distinzione tra arma pesante e leggera, addio pistolina inutile, benvenuta combo di Hellshot e Minigun. Oltre alle bocche da fuoco iniziali in giro per la mappa spawnano anche armi “OP”, come la motosega o il BFG, che se raccolte possono rendere la strada della vittoria decisamente più accessibile.
All’interno delle arene vengono anche rilasciati potenziamenti a tempo in grado di quadruplicare i danni inflitti e aumentare la nostra velocità di movimento – come già visto nella campagna single player – e rune in grado di trasformare il proprio Doom Marine in un vero e proprio demone a scelta tra: il Revenant, il Barone Infernale, il Mancubus ed il Predatore.
Da sottolineare anche la grande personalizzazione disponibile sia per l’armatura che per ogni arma in gioco. È possibile personalizzare ogni componente della tua attribuendogli anche un motivo di stampa e scegliere quanto renderla sporca o rovinata. Infine vi sono i moduli Hack, piccoli perk attivabili dopo la morte che possono eventualmente rendere le cose un po’ più facili al giocatore mostrandogli per un periodo di tempo la posizione dei nemici, offrendogli munizioni illimitate e quant’altro.
Il multiplayer di Doom in definitiva non è accessibile fin dall’inizio ma sicuramente è divertente. L’assenza di una minimappa non aiuta a tenere traccia dei movimenti degli avversari e molto spesso si viene sorpresi alle spalle, questo può risultare frustrante le prime volte ma con il tempo ci si fa l’abitudine.
Come già ampiamente ripetuto, Doom è frenetico e veloce, il protagonista corre sempre e la quasi completa assenza di ricariche delle armi consente che ci siano solo pochissimi tempi morti nel gioco, sia che si parli di multiplayer che di single player. Proprio per questo il frame rate deve essere a 60 fotogrammi per secondo. ID Software non se l’è fatto certo ripetere due volte offrendo un prodotto finale che fa dei 60fps una garanzia, il frame rate è assolutamente granitico e non cala neanche nelle situazioni più concitate compromettendo a volte però il caricamento di qualche texture, aspetto sul quale si può ampiamente sorvolare.
Ho testato il titolo su Xbox One, ma nonostante sia una console tanto discussa per la sua poca potenza hardware è impossibile non rimanere piacevolmente sorpresi dalla maestria grafica proposta. Gli sviluppatori sono riusciti a proporre due atmosfere ben distinte, gli Inferi e la stazione UAC di Marte e a realizzare shaders realistici e ricchi di dettagli pur mantenendo un alto frame rate.
Anche il comparto sonoro è notevole già a partire dalla musica che ci accoglie nel menù principale, aggressiva e ricca di energia: un perfetto accompagnamento agli sbudellamenti del gioco così come il doppiaggio che comunque risulta essere facile poiché è quasi sempre in fuori campo. L’unica pecca non sta nel comparto tecnico in sé ma nel mezzo con la quale si gioca a Doom per quanto riguarda PlayStation 4 e Xbox One. Per quanto sia comodo il pad; il titolo è strutturato in modo da premiare il rapido cambio dell’arma tra le tante proposte passando dal lanciarazzi, alla doppietta, al fucile a pompa in un secondo.
Questo è facile su PC assegnando i tasti numerici della tastiera alle armi, ma scomodo su pad che per forza di cose deve rivolgersi alla ormai amica di ogni videogiocatore: la ruota delle armi. L’unico modo per ovviare questo problema sarebbe quello di collegare mouse e tastiera alla propria console Xbox One o PS4.
Ultimo ma non meno importante punto da analizzare riguardo Doom è Snapmap, un ricco editor di mappe multigiocatore accessibile fin da subito a chiunque metta mano sul titolo. In questo sono presenti numerosi livelli e mappe pre realizzate e vuote, riempibili di qualsivoglia oggetto animato, inanimato e interagibile con il giocatore. Una modalità davvero imperdibile per chi apprezza il game design e vuole cimentarsi nella realizzazione della propria arena. Inutile dire che questa può poi essere giocata in una delle modalità proposte nel multiplayer online con i propri amici e con i giocatori di tutto il mondo.
Doom è tutto ciò che un reboot dovrebbe essere e un modello da seguire anche per la produzione videoludica attuale che avrebbe molto da imparare dagli anni passati. ID Software ha saputo ricreare perfettamente la frenesia e la brutalità che hanno fatto grande il brand nel 1993 al momento della sua uscita, inserendo numerosi elementi attuali che hanno reso il titolo più giovane che mai.
L'ottima realizzazione tecnica ha saputo offrire una grafica che delizierà anche gli occhi più esigenti con un frame rate stabile a 60 frame per secondo anche nelle situazioni più concitate. Chiunque sia alla ricerca delle emozioni provate con i primi due capitoli della serie può essere sicuro di trovarle in questo nuovo titolo di rinascita mentre, per chi non si è mai avvicinato al brand, è bene specificare che Doom fa sentire decisamente il suo PEGI 18 e rappresenta la perfezione per gli amanti del corri-e-spara.