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Recensione

Dishonored 2 – Recensione, il ritorno di Corvo Attano

Poche novità ma tante rifiniture, riuscirà Dishonored 2 a superare la qualità del suo predecessore?

Al momento della sua uscita il primo Dishonored non aveva beneficiato della completa attenzione del mondo videoludico. Nonostante si fossero intraviste notevoli qualità nel titolo di Arkane Studios ben prima della sua commercializzazione, il suo successo si è rivelato per molti un’inaspettata sorpresa. Flash forward di quattro anni ed il suo seguito è uno dei titoli più attesi dell’anno.

Merito degli indiscutibili pregi che avevano caratterizzato le avventure di Corvo Attano e di una campagna pubblicitaria ottimamente gestita da Bethesda. Speranze e dubbi si sono quindi amalgamati nei giorni precedenti al suo arrivo nei negozi e con ottimistiche aspettative mi sono approcciato al titolo. 

Ironia della sorte

Una luce maligna splende su Karnaca, gemma dei territori meridionali dell’Impero. Con lo splendore del sole oscurato dalle esalazioni mefitiche delle malattie che attanagliano la città e dalla malvagità che alberga nel cuore dei suoi regnanti, la popolazione civile è diventata irrequieta, agitata nell’animo da una decadenza che sempre più velocemente si fa strada distruggendo ogni cosa.

È un declino a cui l’imperatrice Emily Kaldwin, nostra vecchia conoscenza, non ha saputo opporsi per inesperienza e svogliatezza. Gli stessi difetti che le hanno anche strappato la corona dal capo, mostrandosi con le fattezze di Delilah Kaldwin, misteriosa sorella della defunta madre della protagonista.

Un colpo di scena che coglie di sorpresa la legittima erede al trono, da troppo tempo abituata alla monotonia a cui il governo di un paese l’ha relegata, riducendo i suoi sogni di giustizia a temporanei desideri di fuga ed anonimato. Ed il fato che, come si sa, tende ad essere spesso ironico con le sue vittime, la costringe ad un precipitoso esilio, mentre tenta di salvare la pelle ed allontanarsi il più in fretta possibile dalle mortali cospirazioni della capitale.

Lo stesso destino che ha ammansito anche Corvo Attano, nei cui occhi non riusciamo più a scorgere lo stesso spirito irrequieto e vendicativo che ci aveva attratto qualche anno fa. Lo stesso destino che fa ritornare nuovamente in gioco l’Esterno ed i suoi misteriosi poteri, doni capaci di ristabilire lo status quo ma anche di infliggere tanta sofferenza su terre già afflitte da miseria e rovina.

Dishonored 2 recensione

È un incipit che non cambia indipendentemente dalla scelta che faremo riguardo il nostro personaggio, che sia esso il Lord Protettore o la giovane imperatrice e che ci porterà lungo le coste del sud, pressati dal tempo che scorre e dall’obbligo di riparare ai torti subiti.

Lo spettacolo che ci si apre davanti una volta arrivati nella regione di Serkonos è allo stesso tempo affascinante e ripulsivo. Sui moli del porto tra cittadini indaffarati e pescatori oppressi dalle tasse necessarie a mantenere i vizi di un governante lontano sono riversati alla mercé dei bollenti raggi solari litri di sangue e cumula di interiora, scarti di cacce oceaniche le cui vittime sono mostruose balene ed oscuri abitanti degli abissi.

E se a pochi metri di distanza insetti innocui vengono sostituiti da enormi nidi di mosche del sangue, simili a masse tumorali di un fulgido rosso carminio, nei quartieri più ricchi la vita scorre come al solito, tra banchetti e festini. È il triste ritratto di una situazione che sia Emily che Corvo hanno contribuito a creare, per negligenza ed incapacità. E più proseguono le vicende più il ribrezzo dei protagonisti si mescola ad un senso di rimorso.

Mentre i colorati palazzi della città bassa vengono sostituiti da dimore meccaniche piene di sorprese abilmente celate, enormi palazzi caduti in rovina e quartieri in balia di tempeste di vento e polveri appaiono chiari gli incredibili sforzi riversati dagli sviluppatori nella creazione di un mondo vivo ed affascinante.

Nonostante Karnaca non riesca a presentarsi come un coerente insieme di realtà, vista l’impostazione generale del gioco che non sprona i giocatori a visitare nuovamente i territori già esplorati, ciò a cui ci si trova davanti approcciandosi al gioco sono alcuni dei livelli meglio realizzati degli ultimi anni.

Ville che modificano la loro conformazione tramite speciali marchingegni, palazzi divorati dal degrado e sospesi tra linee temporali differenti, regie tenute divenute dimore di morte dopo essere state simboli di prosperità e ricchezza. Un susseguirsi di meraviglie che non affanna in alcun modo la progressione delle vicende, neppur nel caso ci si dimentichi di esse astraendosi in meticolose e lunghe esplorazioni degli ambienti.

Dishonored 2 recensione

Dishonored 2 è il paradiso della libertà, un inno alle capacità decisionali ed alla creatività dei giocatori. Un’impresa titanica sul versante del level design che si congiunge in armonia con una narrazione semplice ma interessante. Non è possibile tuttavia non notare una pericolosa somiglianza tra la narrativa dei due capitoli, un minimo difetto che si insinua nei suoi perfetti meccanismi.

È un racconto che sacrifica in parte il carisma di nemici ed avversari a favore di una narrativa ambientale ottimamente strutturata. Un peccato visto che ognuno dei nostri obiettivi è capace di esercitare un profondo fascino, dal crudele ma geniale inventore Kirin Jindosh alla tormentata dottoressa Hypatia.

Il rischio è che, sopratutto per i giocatori meno inclini ad un’accurata esplorazione, ciascun bersaglio si tramuti in una semplice presenza da spuntare frettolosamente su una lista. Ciò che invece il titolo regala a chi decide di immergersi completamente nel mondo disegnato dai ragazzi di Arkane Studios è un panorama di ottima fattura, un dipinto vivo e vibrante che si modella in base alle nostra azioni, che muta seguendo il ritmo dei nostri colpi di pistola e degli schizzi di sangue dei nemici.

Ritorna infatti il sistema di caos che avevamo avuto occasione di apprezzare (e criticare) all’interno del primo capitolo. Una meccanica perfezionata che non solo ci offre più di un epilogo a seconda del nostro incedere lungo gli ambienti di gioco ma che modifica gli stessi in tempo reale, appesantendo le nostre azioni con la responsabilità che a queste conseguono. Finire prede di un’insaziabile sete di sangue significa quindi donare agli abitanti di Karnaca ancora più nidi di mosche del sangue, divoratrici di cadaveri e mortalmente pericolose per la gente comune.

È un visibile declino che possiamo decidere di abbracciare con furore o di prevenire avendo pietà dei nostri avversari e dedicandoci quindi ad eliminazioni non letali. Insomma, un regalo di Natale anticipato per coloro che avevano amato il primo capitolo.

Uccidere o non uccidere?

Innovare è sempre difficile, eppure nel 2012 con Dishonored i ragazzi di Arkane Studios ci erano meravigliosamente riusciti. Un perfetto amalgama di titoli preesistenti aveva dato vita ad un gioco che ne esaltava le singole qualità riunendole in un contesto comune. Migliorare è tuttavia molto più semplice, sopratutto se son ben chiari i punti critici sui quali lavorare e focalizzare la propria attenzione. E, nel caso del primo capitolo, non era poi così difficile individuarli. Fin dal periodo di annuncio del seguito in molti si erano quindi attesi importanti passi avanti in merito ad intelligenza artificiale, meccaniche di combattimento e comparto tecnico.

Tutti settori incredibilmente lasciati in preda alle stesse deficienze, afflitti nuovamente dalle medesime problematiche. Gli sviluppatori hanno rifinito ulteriormente i pregi ed i punti di forza, dimenticandosi di tutte le lunghe e numerosi critiche rivolte quattro anni fa al loro prodotto di punta.

Rimangono così gli stessi difetti che avevano afflitto il sistema di combattimento del suo predecessore, soprattutto per i giocatori desiderosi di affrontare il gioco non usufruendo a fondo delle meccaniche stealth. Hitbox poco precise e fallaci ed una ridotta varietà delle armi sono solo alcuni dei motivi per cui non è ancora possibile definire soddisfacente il combattimento all’arma bianca. Le abilità proprie dei protagonista vincolano poi molto l’approccio, favorendo visibilmente chi sceglie di non tradire lo spirito del gioco, affidandosi al riparo del silenzio e dell’ombra.

Abilità che nel caso di Corvo Attano sono rimaste a grandi linee le medesime rispetto al precedente capitolo, grazie alla rinnovata presenza di poteri come traslazione e possessione. Le vere novità da questo punto di vista arrivano invece da Emily, che al contrario del Lord Protettore offre ai giocatori potenziamenti inediti sebbene non efficacemente orientati ad un approccio non letale. Si tratta altresì di un personaggio che esalta la creatività dei giocatori, forzandoli verso azioni molto tattiche e ragionate.

Dishonored 2 recensione

Capacità come Domino, che permette di collegare le menti di più nemici rendendo comune a tutti qualunque azione intraprendiamo contro uno di essi, o Ipnosi, sono perfetti più in ottica di mortali combinazioni che come semplici mezzi per oltrepassare in silenzio ampie sezioni di mappa. Persiste inoltre la stessa mancanza che aveva fatto storcere il naso a molti quattro anni fa, ossia un minor numero di opportunità qualora si scelga di mantenere a tutti i costi un livello di Caos ridotto.

Per quanto sia interessante infatti osservare i tragici mutamenti in cui intercorrono le ambientazioni qualora imbrattate del sangue dei loro abitanti, per chi è alla ricerca di un livello di sfida maggiore è d’obbligo un approccio più pacifico. Ciò però implica anche il dover venire a patti con una minore libertà nella progressione, fortemente condizionata non dalla presenza di particolari abilità, ma dal numero di dardi tranquillanti in nostro possesso, essenziali per oltrepassare le aree ricche di nemici.

Ciò che più colpisce all’interno di Dishonored 2 è il level design, un’esplosione verticale di passaggi nascosti, scorciatoie e percorsi alternativi capaci di offrire decine e decine di approcci. La complessità della progettazione delle ambientazioni è di fatto un unicum nel panorama videoludico odierno. Un raro pregio capace di influenzare non soltanto le meccaniche di gioco ma anche ulteriori componenti del prodotto completo, tra cui la narrativa.

Ogni livello può arrivare ad offrire oltre tre ore di contenuti qualora ci si dedichi alla sua completa scoperta ed alla ricerca di ogni attività o collezionabile presente. Un lasso di tempo che permette di osservare con attenzione la maestria con cui gli sviluppatori hanno progettato anche i particolari più minuti, cercando di infondere in ogni elemento dello scenario una caratterizzazione ed un’identità coerente con il contesto complessivo.

Non a caso per quanto ogni ambiente presenti le sue peculiarità che lo differenziano dal resto della produzione, Karnaca riesce comunque ad esporre in ogni scorcio la sua anima corrotta ed affascinante. Non a caso la ricerca di ogni runa o anello d’osso diventa un’occasione imperdibile per assaporare ancora più a lungo l’universo creato dai ragazzi di Arkane Studios.

La grande bellezza

Mentre lasciamo dietro di noi una lunga serie di impronte insanguinate è impossibile non apprezzare il fascino che la città di Karnaca possiede in ogni suo scorcio, lungo ogni sua via, sopra ad ogni suo palazzo. È una bellezza ben distante dal freddo progresso tecnologico che rendeva opprimente l’atmosfera di Dunwall nel precedente capitolo.

È una bellezza malata, che in lontananza appare desiderabile salvo poi mostrare ogni suo difetto man mano che ci avvicina maggiormente. Ad un occhio più attento i palazzi perdono i loro vibranti colori, le strade si nascondono sotto la polvere proveniente dalla miniere, i vicoli si riempiono di cadaveri in attesa di marcire col passare del tempo. Eppure, in mezzo a tutta questa rovina, ci pensano i dettagli inseriti nel gioco a far spuntare sul viso di ogni giocatore un largo sorriso.

Sono dettagli che nascono dall’eccellente lavoro svolto sul comparto artistico del gioco. Similmente a quanto era già avvenuto col precedente capitolo anche in questo caso il contesto generale, la sua storia, la sua estetica si presentano come alcuni dei costrutti meglio realizzati da lungo tempo a questa parte.

Caratterizzare con efficacia una città come Karnaca non può tuttavia essere intesa come una semplice impresa. L’obiettivo del team di sviluppo doveva infatti essere quello di creare una nuova ambientazione che si distanziasse il più possibile dal grigio mistero di Dunwall ma che al tempo stesso mantenesse una minima coerenza di fondo, facendo comunque parte degli stessi domini imperiali.

Così, nonostante ad un primo sguardo tutto ciò che è presente nel panorama di questo gioiello del sud sembri lontano anni luce dalle atmosfere della capitale, molti sono i particolari che invece collegano le due realtà, che riportano alla luce molteplici ricordi per chi aveva vissuto con gioia la precedente avventura. Non si avverte nemmeno la mancanza di quel contesto steam punk che aveva in parte fatto le fortune del prodotto di Arkane Studios.

Dishonored 2 recensione

Nonostante siano molti i fattori che ammiccano a quell’universo fantascientifico la gemma di Serkonos è più che altro una città sospesa in mezzo ad innumerevoli linee temporali. I prodigi tecnologici si uniscono alla tradizione artigianale nella forma dei meccanosoldati, mortiferi marchingegni creati da Kirin Jindosh, il progresso metropolitano di futuristiche ville si combina con l’estetica di bellissimi palazzi pregni di storia, gli umili capi d’abbigliamento dei cittadini cozzano violentemente con l’eccentrica ricercatezza della nobiltà che abita ogni festino e banchetto.

È l’ennesima prova, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di come una strutturata identità di fondo ed un ottimo lavoro sul comparto artistico possano donare ancora più valore ad una produzione videoludica.

L’estetica e l’arte necessitano però, soprattutto in questo ambiente, di una realizzazione tecnica che le supporti e ne esalti i pregi. Ed è qui che Dishonored 2 inciampa goffamente. Non si tratta in alcun modo di un brutto gioco, di un pugno sugli occhi che ci lascia delusi e doloranti.

Non si tratta però nemmeno di ciò che sarebbe dovuto essere, delle necessità che in molti si aspettavano da questo seguito. Rimangono, nuovamente, le stesse criticità che avevano contraddistinto il suo predecessore. Il cambio di motore grafico (dall’Unreal Engine 3 ci si è spostati su Void Engine, una versione modificata dell’ID Tech) non ha portato particolari potenziamenti, soprattutto se raffrontati con i progressi che hanno contraddistinto altre produzioni.

Pur offrendo il fianco per colpa di tante, troppe, texture in bassa risoluzione, modelli poligonali poco complessi di personaggi non solo secondari ed animazioni approssimative che inficiano in larga parte il combattimento all’arma bianca, il gioco appare pesante e non completamente ottimizzato.

Una situazione che su PC peggiora ulteriormente, bersagliando gran parte dell’utenza con cali di framerate, crash del gioco e livelli di dettaglio poco conformi alle configurazioni utilizzate. Se a ciò aggiungiamo evidenti problemi con la gestione dell’aliasing su console appare chiaro che i miglioramenti in cui è intercorso Dishonored 2 non riguardano in alcun modo il reparto tecnico.

I pro

  • Ambientazioni originali e ricche di fascino
  • Level design eccellente
  • Protagonisti ben differenziati in termini di abilità e caratteristiche

I Contro

  • Combattimenti ancora poco rifiniti
  • Intelligenza artificiale parzialmente deficitaria
  • Pesanti problemi al comparto tecnico

Voto Globale 8.5

Se il primo Dishonored era l’esemplificazione di come l’offerta di una completa libertà ai giocatori poteva garantire ad un gioco un notevole successo di critica, il suo successore è un all-in in tal senso. E’ un’esplosione di possibilità, una miriade di opportunità che volteggiano nella mente dell’utente affidandosi solamente alla sua creatività.

È però anche un gioco immemore di ciò che aveva rischiato di minare quattro anni prima la consacrazione del suo antenato, mantenendo le stesse criticità riguardanti sistema di combattimento, intelligenza artificiale e comparto tecnico. Eppure il carisma dei personaggi, la storia ottimamente narrata e la creazione di ambientazione così originali e ricchi di fascino riescono a farci dimenticare qualunque problema si frapponga tra noi e la conclusione di questa stupenda avventura. Il sole che illumina le strade di Karnaca porta quindi alla luce non solo l’ennesimo ottimo titolo sfornato dagli studi associati a Bethesda ma anche un’occasione imperdibile per chi aveva amato le misteriose strade di Dunwall.

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