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Recensione

Dead Island Definitive Edition – Recensione, un remaster che sa di contentino

A diversi anni di distanza torna un caposaldo della storia recente del survival zombie su console e PC. Il remaster vale l'acquisto?

Negli ultimi due anni, che hanno visto la definitiva affermazione e consacrazione delle console new gen sul mercato, l’industria videoludica ha vissuto alti e bassi. Le vendite di Playstation 4 e Xbox One, schizzate alle stelle, hanno confermato l’enorme fiducia che i videogiocatori hanno scelto di dare alla fantomatica “next gen”.

Di certo abbiamo assistito a un grande salto qualitativo e tecnologico, ma nella maggior parte dei casi la mancanza di idee ha fatto sì che la new gen fosse costellata più di titoli appartenenti alla precedente generazione e rimasterizzati per l’occasione che di nuove e innovative IP.

Con ciò non voglio criticare il mercato in sé, che in questi due anni ci ha comunque fornito titoli soddisfacenti, quanto piuttosto la scelta di determinate software house e publisher di affidarsi a vecchie glorie rimasterizzandole per PS4 e Xbox One piuttosto che puntare su nuovi progetti o sequel attesi.

È il caso di Techland, che ha fatto ormai dell’apocalisse zombie il suo biglietto da visita e che ha invaso con i suoi non-morti la generazione precedente e attuale, rispettivamente con Dead Island e Dying Light. Il primo fu una novità interessante, pur acerba dal punto di vista concettuale e narrativa; discorso a parte per Dying Light, che abbiamo già elogiato in occasione delle prima release e successivamente dell’edizione definitiva definendolo una nuova frontiera per il genere survival zombie

Archiviato l’ottimo mix tra parkour e apocalisse zombie, è Dead Island 2 ad essere atteso al varco dai fan. In attesa del sempre più enigmatico secondo capitolo del survival a sfondo tropicale, in sviluppo da diverso tempo e ancora senza una data di uscita, Techland e Deep Silver hanno pensato di proporre questa Dead Island: Definitive Edition.

La collection remaster contiene il primo capitolo di Dead Island, il sequel spin-off Dead Island: Riptide e il mini gioco in 2D Dead Island: Retro Revenge. Una collection che conferma la necessità, in alcuni casi, di lasciarsi alle spalle vecchi capitoli che sentono sulle proprie spalle il peso degli anni.

Vecchi zombie e vecchi problemi

La collection è disponibile al prezzo di 39,99 euro, ma potrete anche acquistare singolarmente i due giochi in digitale al prezzo di 19,99 euro ciascuno. Questo è essenziale nel determinare la scelta sul giocare o no il remaster, poiché Dead Island: Definitive Edition ci mette di fronte due giochi che – parlando del concept dell’opera – sono esattamente identici alle loro versioni originali.

Dead Island, il primo capitolo, ci porta alle origini dell’apocalisse tropicale, con l’iconico video di apertura in salsa rap che ci porta in un mondo fatto festini, sesso, droga, rock n’ roll e non-morti. All’inizio dell’avventura ci viene chiesto di scegliere uno tra quattro protagonisti, ognuno con una specialità e un background preciso e ben definito.

C’è Logan, per esempio, specializzato nelle armi da lancio, o Sam B, più votato alle armi da impatto pesanti. Scegliere una tipologia di stile non comporterà l’abiura di determinati tipi di armi: se scegliete un personaggio esperto in armi da fuoco potrete comunque maneggiare armi da impatto o da lancio, ovviamente con le relative statistiche inferiori rispetto alla propria specializzazione.

Dead Island Definitive Edition – Recensione, un remaster che sa di contentino

Questo vale per entrambi i giochi che, essendo strutturalmente identici alle versioni madri come già detto, presentano quindi i medesimi pregi e i medesimi difetti. La trama non sempre convince: poco profonda, a tratti approssimativa così come le quest, soprattutto quelle secondarie, spesso poco interessanti e oltremodo ripetitive.

Tanta possibilità di personalizzazione, invece, nel processo di crescita dei personaggi e nel crafting delle armi, oltre a una più che vasta componente esplorativa. Uccidendo zombie e portando a termine le missioni si ottengono i punti esperienza necessari a salire di livello, per sbloccare poi i classici punti abilità da spendere in un albero ramificato in tre direzioni: furia, combattimento e sopravvivenza, al fine di migliorare i diversi aspetti del combat system.

Dead Island e Dead Island: Riptide, dunque, rappresentano la stessa faccia della medaglia. Entrambi interessanti e tutto sommato soddisfacenti, ma anche profondamente acerbi soprattutto sul versante narrativo. Riptide è una versione leggermente migliorata e maggiormente bilanciata rispetto al suo prequel e questo è importante nell’ottica della scelta che vi abbiamo consigliato all’inizio.

In caso vogliate spender soldi per recuperare uno solo dei due titoli, il mio suggerimento è di virare su Riptde, che presenta un concept identico al primo Dead Island ma qualitativamente e tecnicamente superiore. Da segnalare, però, che spesso e volentieri – così come nelle versioni originali – mi sono imbattuto in spiacevoli bug che colpivano soprattutto la posizione degli zombie. Niente che abbia intaccato l’esperienza di gioco, ma certi errori sono sempre disdicevoli per una produzione videoludica.

Il valore aggiunto

Se da un lato vi ritroverete a giocare dei titoli pressoché identici alle controparti originali sul versante del gameplay, d’altro canto non si può non lodare il lavoro di rimasterizzazione effettuato. I modelli dei personaggi sono rimasti gli stessi, con una maggiore qualità nei dettagli ma pur sempre piuttosto plastici rispetto a ben altre prestazioni che siamo abituati a vedere su new gen – soprattutto per quanto riguarda espressioni facciali e sincronizzazione parlato-labiale.

Musica completamente diversa per gli ambienti esterni, i giochi di ombre e luci e i colori. I paesaggi tropicali sono una gioia per gli occhi e gli effetti del chiaroscuro sugli ambienti sono stati resi in maniera ottimale. Maggiore cura anche nella realizzazione delle armi, mentre gli ambienti interni riflettono un lavoro leggermente più approssimativo.

L’opera di rifinitura grafica si nota maggiormente sul primo capitolo, che già di per sé era largamente inferiore al successivo, mentre Dead Island: Riptide conferma il buon updgrade del motore grafico Chrome, utilizzato per l’opera di Techland.

A completare il puzzle c’è Retro Revenge, un simpatico giochino arcade in 2D nel quale impersonerete un metallaro in cerca del suo gattino. Il protagonista dovrà correre in una schermata che scorre in avanti automaticamente e dovrà destreggiarsi fra tre piste diverse, lungo le quali incontrerà diversi zombie da sgominare.

Un piccolo contentino che, insieme al lodevole lavoro di rimasterizzazione, costituisce il valore aggiunto di Dead Island: Definitive Edition, ma che al tempo stesso non basta a giustificarne l’acquisto. Se avete già giocato Dead Island e Dead Island: Riptide francamente stento a trovare il senso di ripercorrere le infernali ambientazioni tropicali di Techland.

A meno che non siate patiti sfrenati del survival zombie difficilmente apprezzerete di nuovo un’accoppiata di giochi che non sono invecchiati benissimo e sentono decisamente il peso degli anni, specie l’esistenza sul mercato di titoli ampiamente superiori – lo stesso Dying Light.

I pro

  • Remaster grafico pregevole, specie sugli esterni
  • Un pacchetto a un prezzo modesto che offre due giochi più un arcade

I Contro

  • Carenza strutturale e narrativa come negli originali
  • Qualche bug sparso qua e là
  • C’è di meglio in giro

Voto Globale 6.5

Dead Island: Definitive Edition propone due titoli praticamente identici agli originali per struttura narrativa e concettuale, di per sé buoni ma ancora troppo acerbi per regalare agli appassionati un’apocalisse zombie definitiva. Se non avete mai giocato la serie, vale la pena recuperare almeno uno dei due titoli della collection di un videogioco che ha fatto la storia recente del survival zombie su console e PC. Se avete soldi da spendere, potrete acquistare il pacchetto completo a un prezzo modesto per godere – oltre che di una buona rifinitura grafica, specie sul primo capitolo – anche di un divertente giochino in 2D da provare a tempo perso. Se invece avete già ampiamente sviscerato entrambi, il consiglio è rivolgere la vostra attenzione altrove, in attesa di un secondo capitolo chiamato a cambiare le carte in tavola.

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