Il single player di Call of Duty non è morto, anzi.
Una Second Opinion non è cosa che facciamo tutti i giorni, con tutti i giochi. Ci sono delle eccezioni però, come Call of Duty: Ghosts, che ti spingono a dire la tua anche quando se ne son lette tante, quando tutti sanno più o meno tutto e spendere altre parole potrebbe sembrare superfluo, inutile. Eppure Siamo qua a parlarne ancora, e se state leggendo queste parole, anche voi siete stati orientati ad aprire un nuovo, ulteriore, articolo sullo sparatutto di Infinity Ward, Neversoft e Raven Software. Questa volta però non analizzeremo il gioco nella sua completezza (come fatto nella nostra recensione completa, raggiungibile QUI), bensì daremo uno sguardo, un’altra opinione, al single player. La campagna di Ghosts è stata per molti il superamento del confine che ancora teneva la proposta di Infinity Ward nei titoli “single player e multiplayer” ai titoli “only multiplayer”. Ma perché? Se ne son dette tante, dalla trama blanda e poco interessante, ad situazioni trita e ritrita, ormai stereotipate, non più in grado di stupire il giocatore e mantenere vivo il coinvolgimento. In questa sede, diremo l’esatto contrario, con i pro e i contro che ne derivano. Allora inizieremo dicendo semplicemente “la campagna di Call of Duty: Ghosts ha tanto da dire!”
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Iniziamo dal presupposto che con questo nuovo capitolo, ci si è discostati dalla filosofia che Treyarch aveva intrapreso con Black Ops II, proponendo un single player valido, ricco di novità per la serie: basti pensare la possibilità di compiere determinate scelte nel corso dell’avventura. Molti hanno etichettato l’allontanamento dalla formula adottata nel capitolo citato poc’anzi come una sorta di falla nella produzione di Infinity Ward. Ma è realmente così? Se optiamo per un volto ad alta quota, ed osserviamo l’intera avventura dall’alto, nella sua interezza, possiamo notare come anche in Ghosts ci sia la voglia di innovare, di rendere fresca una modalità ampiamente sottovalutata nella serie. Non si zoppica, anzi si corre. Il ritmo pensato e ingaggiato in questo nuovo scontro bellico è tutt’altro che già visto. La linea temporale ideata è del tutto nuova, distante dall’universo di Modern Warfare, ma sempre ambientata nel futuro. Un futuro che vede il mondo GIA’ sconvolto dal conflitto, dettaglio da non trascurare poiché setta l’intera filosofia dello svolgersi
Una delle introduzioni meglio risucite in Call of Duty: Ghosts è la presenza dei File Rorke. Ogni missione ne avrà uno, e starà a noi trovarlo. Questi file ci permetteranno, grazie a immagini e registrazioni audio, di scoprire di più sull’antagonista del gioco: Rorke. Meno male che la trama era ideata e messa nel gioco “tanto per”. |
degli eventi. Se in passato siamo stati abituati a dover scongiurare una potenziale guerra mondiale, per poi passare a “fermarla” e non più evitarla, in Ghosts ci troviamo già in avanti nel suo compimento, quasi stessimo avanzando in un mondo “post-apocalittico”, per dirla grossa (basti pensare la citazione dei “Territori di Nessuno” ndR). Da questo, ne deriva che anche il nostro scopo è ben diverso. Si cerca di arrestare l’avanzata di un Federazione sicuramente più in la con gli armamenti e con il numero, si agisce da prede pronte a tutto per restare in vita, e non ad predatori. O almeno per una parte di campagna, infatti ad un certo punto si spezzerà tale status e diventeremo noi i predatori. Ma perché? Semplicemente perché il plot prevede due filoni narrativi, strettamente intrecciati. E allora come non premiare Infinity Ward per una scelta simile? E’ indubbio che durante lo svolgimento dei fatti saremo occupati sia su un fronte che sull’altro, una guerra all’ultimo proiettile, ma anche una caccia che sa più di vendetta che di patriottismo. Tutto questo fa si che il gioco proponga missioni sempre diverse, magari pure già viste, ma dal ritmo totalmente sconvolto. La serie è risaputa per i suoi ritmi frenetici, e in queste sei/sette ore di campagna (giocata a veterano ndR.) dovremo correre più che mai da un obiettivo all’altro, non mancheranno anche sequenze “stealth”, che spezzano l’azione di gioco, senza però stancare, ed anzi essendo quasi d’aiuto ad uno svolgersi altrimenti troppo “pressante”. E non è vero che in Ghosts è tutto un clichè. Per quanto la missione nelle profondità poteva essere meglio gestita, è qualcosa di nuovo e che ci mette dinanzi ad un campo di battaglia a noi ignoto, con le sue regole, tutte da scoprire. Stessa cosa vale per lo spazio. Indubbiamente non manca l’esagerazione vera e propria, etichetta dell’americanata più pura, con esplosioni a “go-go” e voli d’angelo miracolosi, ma prendiamola con lo spiriti giusto, Call of Duty non è mai voluto essere simulativo, su questo non ci piove. E se allora vestiremo i panni di Logan, accompagnati da nostro fratello Hesh e dalle unità Ghosts in giro per il globo, divisi tra il voler contrastare la fazione nemica e il catturare un’ambita preda, tra zone di guerriglia cittadina, fasi stealth, scampagnate nelle profondità oceaniche e nello spazio… non c’è nulla che manca, qualcosa realizzato a dovere, qualcos’altro meno: ma non si voglia dire che Call of Duty non è più un titolo single player, ma unicamente multiplayer. Si, è virato essenzialmente su quest’ultima proposta, fulcro ormai della serie, ma c’è ancora spazio per far partire la campagna e passare qualche ora di puro divertimento.
La versione presa in esame per |
Una delle principali pecche del gioco, purtroppo, è una realizzazione tecnica del tutto fuori luogo, non consona al periodo d’uscita, ove tale qualità è stata superata ormai da tempo. Call of Duty: Ghosts non è bello a vedersi. Gli effetti di gioco sono realizzati in maniera approssimativa, scadenti… quasi da “inizio generazione”, e non parliamo di quella che sta per arrivare, ma di quella ormai al tramonto. E non è finita qui: le texture sono davvero pessime, slavate e sicuramente in bassa definizione. Talvolta i volti saranno così privi di dettaglio da credere in problemi di pop-up, ma sfociando poi nella certezza che tutto è già stato caricato dalla nostra macchina di gioco, ed è proprio così: scialbo. Altro problema, tendente a svalutare l’esperienza di gioco, è la presenza di un’Intelligenza Artificiale completamente da rivedere. Non sarà raro vedere nel campo di battaglia nemici che, senza motivazione alcuna, vanno da una parte all’altra, prede dei nostri colpi – eppure si trovavano dietro ad un riparo davvero ottimo. Non mancheranno nemici immobili, pronti a spararci… ma immobili… in piedi… all’aperto. Insomma, talvolta si avvertirà proprio un senso di “finto”, che non ci permetterà di raggiungere la giusta immersione. Altra nota dolente è il cane. Così chiacchierato, innalzato a vera e propria rivoluzione del gioco. E poi? E poi gironzola nel campo di battaglia come se niente fosse, senza ricevere danni, e pronto a sgozzare i nemici su nostro ordine (mi son trovato a richiederlo solo una volta, se non per forzatura esterna).
Call of Duty: Ghosts ci propone una campagna dalla due anime. La prima è quella di un team che ha voluto proporre qualcosa di nuovo, in parte riuscendo. Regalando ai fan un single player adrenalinico, ricco di interessanti spunti e vario nel suo svolgimento. Anche la trama è “nuova”, grazie alla presenza di due filoni narrativi assai ben intrecciati tra loro. D’altro canto però, la realizzazione tecnica, sia sulla qualità visiva che nell’IA del gioco, non riesco a far decollare per bene il titolo. E allora il consiglio è quello di non trascurare questa componente che risulta ancora una volta giocabile e divertente. Magari di non optare l’acquisto del titolo unicamente per il gioco in singolo, ma questo, onestamente, è cosa che va avanti già da qualche anno e non imputabile a Infinity Ward.