Una recensione speciale creata per uno dei titoli più discussi e più ampi di questo 2015.
Call of Duty: Black Ops 3 appartiene ad uno dei franchise più massicci dell’industria videoludica attuale, conta ogni giorno migliaia di giocatori attivi e ogni anno, grazie anche alle diverse software house che lavorano al progetto, riesce a offrire contenuti sempre nuovi e titoli freschi. Questo 2015 il compito di tenere alta la bandiera tocca a Treyarch, degli sviluppatori ormai veterani che offrono titoli fin dagli anni ’90 e che con Black Ops 3 raggiungono quota otto dei capitoli sviluppati per questo brand. In mano loro è stata affidata l’intera saga di Black Ops che ha saputo appassionare una conta davvero ampia di giocatori, provocando delle aspettative piuttosto ampie per questo terzo capitolo, saranno state rispettate? Scopriamolo.
Prima di iniziare però voglio spiegarvi perché quella di oggi sarà un’occasione speciale: la recensione è stata scritta a quattro mani. Io, Matteo Bruno, ho passato giorni giocando a Black Ops 3 per esaminarne le meccaniche di gioco, mentre, per rendere la recensione più corretta possibile, abbiamo chiamato in aiuto Simone Andreini, uno degli specialisti hardware all’interno del nostro gruppo. Pur avendo un PC che rispecchia ampiamente le specifiche di Black Ops 3, Simone si occuperà della parte riguardante il comparto grafico, per avere un’analisi a tutto tondo delle performance su diverse macchine da gioco.
Black Ops 3 è stato nell’occhio del ciclone di numerose discussioni riguardo soprattutto la scelta di non fornire a Xbox 360 e PS3 la campagna singleplayer. Anche la nostra redazione era rimasta sorpresa da tale scelta, tant’è che avevamo realizzato uno speciale dedicato proprio a questo argomento. Ho giocato la versione per PC, comprendente quindi della campagna ed è arrivato il momento di capire quanto questa mancanza possa essere decisiva per l’immagine del titolo.
Il tutto nasce quarant’anni dopo gli avvenimenti di Black Ops 2 e qui subito c’è da fare una precisazione: aver giocato o meno i precedenti capitoli della saga non influenza eccessivamente la godibilità della storia. Alcune sfumature e riferimenti potrebbero andare persi nel caso questo sia il primo Black Ops che giochiate, ma nulla di irreparabile. Il futuro è davvero arrivato, l’avanzata tecnologica ha portato la civiltà umana a ricreare una serie di micro impianti cibernetici utilizzati come protesi aggiuntive o sostitutive del corpo umano in grado di migliorare drasticamente le prestazioni fisiche, sensoriali e di qualsiasi altro tipo.
Anche la robotica ha ora uno spazio bellico ben più alto, la fanteria militare è infatti quasi esclusivamente composta da macchine, mentre gli uomini vengono utilizzati solo in speciali occasioni e rappresentano squadre ristrette. Queste squadre dispongono di una tecnologia all’avanguardia chiamata D.N.I. una protesi cibernetica neurale che si fonde con la mente del corpo di chi la ospita, tramutandolo in quello che possiamo definire un vero e proprio cyborg in grado di interfacciarsi con qualsiasi computer o macchina grazie al solo pensiero. Questo impianto permette inoltre a tutti i militari dotati di D.N.I. di comunicare tra loro senza l’ausilio di radio o altri meccanismi migliorandone la coordinazione e la comunicazione.
Queste premesse danno vita ad una serie di eventi divisi in undici episodi chiave, completamente disponibili fin da subito al giocatore, il mio consiglio è ovviamente quello di giocarli nell’ordine corretto e tra poco capirete perché. Il nostro protagonista, a cui stranamente non viene affidato alcun tipo di background narrativo o caratterizzazione particolare, è dotato di una D.N.I. insieme ai suoi compagni di squadra; durante una missione che prende luogo in una futura Singapore devastata e corrotta scopre un progetto segreto rimasto insabbiato a lungo riguardo proprio questa nuova tecnologia che, se rivelato, potrebbe far vacillare lo stato di potere attuale.
Gli eventi si susseguono in modo lineare in puro stile Call of Duty senza possibilità di scelte e diramazioni narrative concludendosi però in un finale che lascerà aperte diverse possibilità di interpretazione. La storia, pur percorrendo lo stile classico dei livelli “COD-iani”, spinge di più sull’interpretazione e profondità dei temi trattati, non raccontando la classica storia del buono contro il cattivo. Questo scelta ardita rispetto ai temi classici a cui siamo abituati, crea più volte nel giocatore una sensazione di smarrimento all’interno di una spirale di eventi che lo vedono come protagonista, ma che lo lasciano completamente estraneo. Questo avviene soprattutto per la prima metà della campagna. Successivamente la storia riesce a prendere piede, a ingranare interessando il giocatore al viaggio che sta percorrendo.
Prima di avventurarsi all’interno di ogni capitolo della campagna il giocatore viene trasferito in una safe house, un piccolo rifugio che funge da menu tridimensionale per la gestione del proprio personaggio. Qui troviamo il guardaroba dove poter cambiare l’aspetto del nostro protagonista, la nostra collezione di medaglie e di collezionabili, l’armeria dove poter personalizzare le classi, il sistema di gestione dei cyber-core, una zona di allenamento e le informazioni riguardo la prossima missione. Questo è un buon sistema per rendere quello che sarebbe stato un semplice menù 2D un ambiente 3D navigabile e un buon intermezzo tra le varie operazioni della campagna, oltre a contenere una piccola chicca nascosta…
Le ore necessarie a completare la campagna in modalità normale si aggirano sulle dieci, un numero più che soddisfacente per uno sparatutto di questo tipo. Giunta la parola fine si verrà però poco invogliati a riprendere in mano il tutto nonostante la trama si apra a diverse chiavi di lettura una volta scoperto il finale. Quello di Treyarch è stato forse più un esperimento che altro, ha cercato di offrire una trama più matura per soddisfare gli utenti più adulti del suo pubblico il che potrebbe lasciare invece con l’amaro in bocca in più giovani, che da Call of Duty si aspettano più che altro epicità e un nemico ben definito sul quale riversare il proprio odio.
Il lavoro svolto da Treyarch propone un Call of Duty mai visto prima. Se la trama non fornisce spazio alle diramazioni narrative lo stesso non si può assolutamente dire del gameplay. Per la prima volta vediamo un vero e proprio albero di abilità sbloccabili all’interno della campagna single player, costituito dai Cyber Core.
Tre rami principali offrono fino a sette abilità diverse indirizzate più o meno verso un tipo di scontro a lungo o a corto raggio e contro un nemico robotico piuttosto che umano. Lo sblocco di queste abilità, come nel più classico dei casi, avviene grazie a speciali gettoni che vengono rilasciati al raggiungimento di ogni nuovo livello o al superamento di particolari sfide. Sciami di droni insetto in grado di incendiare i nemici, onde d’urto gravitazionali in grado di decimare chi ci sta attorno e bypass dei sistemi di controllo dei nemici sono solo alcune delle abilità che potremo utilizzare nella campagna una volta sbloccate nel relativo ramo.
Questa è sicuramente la novità più sentita nella campagna, che pur essendo impostata su livelli “a tunnel” offre molte volte ampi spazi regalando più possibilità di approccio verso il nemico rispetto al passato. A rincarare la dose su questa libertà di ingaggio bisogna premiare la scelta di aver inserito numerosi elementi interattivi nelle varie mappe come stalattiti di ghiaccio, depositi di esplosivi e anche fornaci di metallo incandescenti che possono essere utilizzati contro i nemici per danneggiarli là dove i nostri proiettili non arrivano.
Purtroppo lo stesso non posso dire delle novità in ambito dei movimenti: il doppio salto viene abolito nella campagna mentre la corsa sui muri viene ridotta ad una meccanica di quarta categoria e addirittura disattivabile tanto non viene sfruttata. Di sicuro qualsiasi giocatore si sarebbe aspettato più libertà di movimento non tanto perché queste sono le vere modifiche che un appassionato della serie vuole vedere (rispetto ad un sistema di abilità che si avvicina più ad un GDR rispetto ad un FPS), ma perché avrebbero aiutato a esprimere il concetto del soldato potenziato, dotato di equipaggiamento all’avanguardia e in grado di compiere movimenti superiori agli umani normali. Non posso dire che la libertà d’azione manchi, ma assolutamente viene frenata nella campagna single player.
Per fortuna questo destino non è condiviso dal multiplayer, quello tipico di Call of Duty viene arricchito come non mai dall’inserimento di numerose novità: boost speciali sfruttabili sia in scivolata che in salto, camminate sui muri che offrono la possibilità di percorrere zone della mappa altrimenti irraggiungibili, la possibilità di utilizzare le armi sott’acqua fa sì che non si sia mai al sicuro, ogni luogo diventa una continuazione della battaglia e non solo una scorciatoia. Ultime per elenco, ma non per importanza le abilità da specialista.
Ogni giocatore che accede al multiplayer veste i panni di uno specialista, l’attuale varietà di scelta degli stessi è più che soddisfacente e sono certo verrà ampliata con il rilascio di futuri DLC. Ogni specialista dispone di due diverse abilità, scelta la nostra preferita e scesi in battaglia, questa si caricherà e diverrà utilizzabile. Ogni tecnica è diversa e premia diversi tipi di gioco come il colpo dalla distanza, la resistenza, il colpo ravvicinato, mirato, ad area e tanto altro ancora. Buonissima l’idea di mettere un tempo di recall all’abilità, in media viene utilizzata due volte nell’arco di un match multiplayer normale, in questo modo la scelta di quando utilizzare questa tecnica diventa molto importante e preziosa.
L’aggiunta delle battaglie acquatiche annulla i tempi morti; anche in altri COD avevamo visto l’acqua come scorciatoia o sistema di aggirare pericoli, ma in Black Ops 3 i corridoi acquatici diventano a tutti gli effetti un prolungamento della mappa stessa. La camminata sui muri permette di tagliare la mappa rapidamente, di sorprendere i nemici alle spalle e continuare a sparare durante lo spostamento.
Il doppio salto, gestito questa volta con un sistema di boost ricaricabile e continuo, diverso da quello a singolo scatto visto in Advanced Warfare, rende il gioco molto più verticale. Ancora una volta però mi sono ritrovato i classici muri verticali invisibili, vi spiego: ipotizzando che il mio boost mi permetta di raggiungere i tre metri di altezza e a questi tre metri è posto il tetto di una costruzione, non è sempre certo che il mio personaggio sia in grado di salirci.
Questo perché il level designer della mappa ha scelto che quello non è uno spazio di gioco. Nessuno critica a questa scelta che sicuramente è stata fatta in modo da garantire il bilanciamento della situazione all’interno della mappa, ma fin troppo spesso ci si trova nella situazione di voler raggiungere un luogo, sapere che le proprie abilità lo concedono e scontrarsi su un muro invisibile, sarebbe bastato alzare l’ipotetico tetto di quelle strutture o evidenziarlo in modo che ogni giocatore sia in grado di capire subito che quella via non è percorribile. Ciò non è stato fatto e a volte il risultato sfocia nella frustrazione. Altra pecca storica del brand risiede nelle mappe fin troppo statiche e non molto grandi.
Le modalità di gioco nel multiplayer sono davvero molte, come sempre ci ha abituato questo franchise, modalità per tutti i gusti che riescono a soddisfare gli amanti dei tatticismi, ma anche i fan del buon vecchio corri e spara. Tante modalità comprovate e “nuovi ritorni” come Uplink inaugurata con Call of Duty: Advcanced Warfare.
Fuori dalla partita ritroviamo il sistema di gestione del personaggio che ormai già tutti conosciamo nel quale possiamo plasmare le nostre classi scegliendo armi, equipaggiamento tattico e ricompense, premiando il gioco continuo grazie al canonico aumento di livello. Una nota molto importante da fare, riguarda il fatto che Call of Duty: Black Ops 3 è interamente multiplayer, ovvero qualsiasi modalità (anche la campagna single player) è giocabile in co-op ed anche a schermo condiviso, un opzione, quest’ultima, che si era persa negli ultimi titoli.
La fama degli zombie li precede, chiunque si diletti con gli sparatutto e si tenga aggiornato sulle notizie videoludiche è entrato a contatto almeno una volta con la modalità zombie di un Call of Duty qualsiasi, a volte etichettata come punta di diamante di alcuni episodi del franchise. Quella di Black Ops 3 è un vero e proprio gioco a parte, scordatevi l’equipaggiamento futuristico, il fisico potenziato e gli innesti cibernetici e ritrovatevi catapultati in quella che sembra la classica atmosfera da anni ’30.
Una mappa davvero enorme, ricca di cose da fare e zone da esplorare aspetta ogni giocatore che sia in singolo o accompagnato da massimo altri tre giocatori, dando vita ad una serie di orde di zombie sempre più forti e una lotta per la sopravvivenza. Ogni giocatore interpreta uno a caso dei quattro personaggi presenti nella modalità e può aver accesso a vari sistemi all’interno dell’area di gioco.
Pur essendo di stampo molto più leggero e ironico, il gameplay di base diventa al tempo stesso più complicato e metodico, i riflessi e la capacità d’azione non sono l’unica cosa importante in questa modalità, ma bisogna conoscere profondamente la mappa di gioco per attivare una serie di zone e oggetti speciali, necessita dunque di tempo per essere appresa e dominata. Tanti misteri, meccaniche nascoste e altro si nascondono in questa modalità che può anche non appassionare fin da subito. L’unico errore riscontrato, assolutamente non da poco, sono gli effetti sonori legati agli zombie, fin troppo silenziosi e che riescono a circondare velocemente il nostro personaggio senza essere sentiti, provocando spesso la morte del giocatore non come conseguenza di un’azione sbagliata o mancanza di abilità.
A questo si aggiunge il fatto che nella mappa sono pochissimi, se non nulli, i punti in cui si possa stare spalle al muro e tirare un sospiro di sollievo sapendo che il nemico può arrivare solo da davanti proprio perché il muro viene utilizzato come spawn-point dagli stessi zombie.
Per chi però pensa che gli zombie non siano mai abbastanza, nessun problema, Treyarch ha inserito questi odiosi non morti anche all’interno della campagna, sia grazie ad un giochino arcade in stile anni ’90 presente nella safe house (lasciamo a voi scoprire come e quando) sia nella modalità Incubi.
Questa, è una modalità completamente a parte che ripercorre alcune delle vicende della trama principale raccontando però una storia parallela, nella quale vestiamo i panni di una speciale soldatessa incaricata di ripulire le zone nelle quali il virus degli zombie è dilagato. Un’idea interessante priva però di mordente. Come descritto nel “capitolo” dedicato alla trama la voglia di rigiocarla una volta finita è poca, la sostituzione dei nemici con degli zombie lasciando inalterato sia il tragitto che si compie nel livello sia tutte le situazioni cambiano di poco questo sentimento. La modalità Incubi è destinata a essere poco sfruttata, ma si rivela un ottimo passatempo per chi prevede o sta tutt’ora giocando Black Ops 3 in compagnia.
Un altro dei fattori che spinge il giocatore a non rigiocare la campagna principale e quindi a storcere il naso sulla modalità Incubi è dato dall’assenza di un’atmosfera solida. Il futuro raccontato in Black Ops 3 non è assolutamente un futuro roseo, la malavita ha preso possesso di intere zone e i disastri hanno trasformato il mondo in un campo di battaglia.
A volte si pensa di essere immersi in un ambiente post apocalittico, ma manca la disperazione e la distruzione classica del genere. La nostra mente allora cerca appiglio verso l’atmosfera futuristica composta da luci frizzanti e superfici lisce e trasparenti, ma mancano anche quelle. L’ambientazione di Black Ops 3 risulta infine un miscuglio di idee non espresse fino in fondo che più che enfatizzare gli eventi del momento rimane nell’anonimato o confonde ancora di più le idee del giocatore.
Anche la scelta di raccontare una trama più profonda, ma più confusa rispetto al solito non aiuta sotto questo lato. I personaggi carismatici ricchi di un background da far invidia a Rambo che spesso vediamo nei titoli COD sono assenti e il giocatore non riesce veramente ad entrare in empatia con le situazioni che loro stanno vivendo. La scelta di muoversi più su una profondità di trama piuttosto che verso un’epicità puramente scenica stona rispetto alle aspettative di una qualsiasi persona che prende in mano il gioco.
Il suono è forse la pecca più grande che grava sull’atmosfera del titolo, se con i precedenti capitoli della serie una volta scesi in campo si riusciva davvero a percepire la baraonda classica di uno scontro armato ricco di esplosioni e colpi di fucile, Black Ops 3 sembra quasi silenzioso, come se il suono fosse censurato. Le esplosioni sono prive di forza, anche la granata più vicina sembrerà poco più di un piccolo petardo e i nostri compagni, così come i nemici, saranno quasi sempre in silenzio.
Pochi ordini, poche direttive, pochi lamenti di chi è stato colpito; insomma il comparto sonoro della campagna e di conseguenza anche della modalità Incubi è proprio un buco nell’acqua.Uniamo questo a quanto citato nella modalità Zombie che rende questi ultimi veri e propri maestri dello stealth, nonostante il doppiaggio delle voci dei personaggi giocanti sia davvero ben realizzato. Addirittura suonano più carismatiche le voci dei personaggi di Zombie piuttosto che quelle presenti nella campagna. Per fortuna il multiplayer competitivo si salva, i suoni prodotti dagli altri giocatori nella mappa si sentono senza problemi e sotto questo aspetto non c’è nulla da segnalare. Poco influenti anche le musiche, riescono solo a volte ad amalgamarsi bene alle vicende che il giocatore vede a schermo e risultano fin troppo pacate.
L'aggettivo con il quale si riesce a descrivere Call of Duty: Black Ops 3 senza troppi giri di parole è: ampio. La campagna single player, la modalità Incubi, Zombie, il multiplayer online, Dead Ops Arcade: tutti insieme compongono un titolo davvero enorme, non privo però di pecche. Il prezzo però è giustificato e l'immensità di cose da fare saprà soddisfare tutti coloro che cercano anche un'esperienza duratura. Il gioco non brilla sotto nessun tipo di aspetto particolare, ma tutte le novità introdotte lo rendono un pezzo da avere per i fan della saga, ma anche per chi aveva abbandonato il brand.