Dopo anni di richieste da parte dei videogiocatori, DICE abbandona i tempi moderni per tornare a dare uno sguardo al passato
Inutile girarci troppo attorno, negli ultimi anni DICE non ha navigato in buone acque. Dopo i due ottimi Bad Company che si sono mostrati in tutto il loro splendore ai tempi di Playstation 3 ed Xbox 360, la software house svedese è purtroppo caduta in una spirale di disperazione senza fondo, prima con Battlefield 3 e 4, poi con Star Wars Battlefront.
Sia chiaro, non si sta parlando né d’insuccessi commerciali né tantomeno di risultati negativi tra le recensioni della stampa specializzata, ma piuttosto ci si dovrebbe focalizzare sulla pessima ricezione dimostrata da parte del pubblico, il quale ha più volte espresso il suo disappunto di fronte a campagne single-player al limite dell’osceno, o addirittura del tutto assenti, unite a componenti multiplayer sì divertenti ma comunque afflitte da problematiche sempre più evidenti e potenzialmente distruttive nell’economia di gioco.
Con il suo nuovo titolo, era quindi necessaria una svolta, un qualcosa che non si limitasse a ricevere gli elogi dei siti, ma anche dell’utenza, la quale avrebbe difficilmente digerito un’altra delusione; una rivelazione che si è infine concretizzata in Battlefield 1, titolo che fin dal suo primissimo annuncio è riuscito nel non facile compito di far infervorire gli animi di milioni e milioni di videogiocatori che, dopo anni ed anni di richieste, hanno infine potuto assistere ad un tanto atteso ritorno alle origini.
Con il suo ultimo progetto, DICE ha infatti deciso di puntare su un periodo storico raramente trattato in ambito videoludico e conseguentemente, anche in relazione di ciò, estremamente interessante per i videogiocatori, i quali si sono lasciati totalmente conquistare dai trailer e dai i gameplay che, di mese in mese, hanno continuato a mantenere alto l’interesse. Dopo aver passato numerose ore in compagnia del titolo, è quindi giunto il momento di tirare le somme su di un prodotto che prometteva molto e che faceva intravedere ancor di più; DICE è finalmente riuscita a compiere il tanto agognato passo in avanti?
Con Battlefield 1, i ragazzi di DICE hanno deciso di stravolgere totalmente la struttura narrativa di tutte le campagne single-player a cui normalmente siamo abituati per optare invece su di un qualcosa di ben più atipico ed inaspettato, scartando così l’idea di una singola storia per raccontarne molte di più, ognuna dalla durata variabile e tutte ambientate nel corso della Prima Guerra Mondiale.
Dopo la breve ed angosciante parentesi di “Tempeste d’acciaio”, il piccolo ma efficace prologo che punta a coinvolgerci fin da subito nel tristemente noto periodo storico che l’opera si ripropone di ricreare e di cui non voglio in alcun modo spoilerare nulla, potremo poi immergerci nelle altre cinque ben più corpose avventure di cui il titolo fa sfoggio.
In “Sangue e Fango” assumeremo il ruolo del soldato britannico Danny Edwards, assegnato ad un carro armato Mark V per combattere durante la battaglia di Cambrai verso la fine del 1918; con “Amici nelle alte sfere” impersoneremo invece i panni del pilota d’aerei americano Clyde Blackburn che, insieme al suo copilota, si ritroverà ad affrontare diverse battaglie aeree nel cuore dell’estate 1917 contro i tedeschi; grazie ad “Avanti Savoia” potremo assumere il controllo di Luca Vincenzo Cocchiola, membro della forza armata degli Arditi alla disperata ricerca del suo fratello gemello, durante la difesa del Monte Grappa situato in Nord Italia contro le forze astro ungariche verso la fine del 1918; “Il portaordini” ci vedrà invece nei panni del portaordini australiano Frederick Bishop durante la Campagna di Gallipoli del 1915 mentre istruiamo una nuova ed inesperta recluta appena arruolatasi nell’esercito; “Nulla è scritto”, infine, ci permetterà di controllare la beduina ribelle Zara Ghufran, catapultandoci nel cuore della penisola arabica sotto il giogo delle forze ottomane nella primavera del 1918, dandoci inoltre la possibilità di combattere al fianco di T.E. Lawrence.
Questo continuo cambio di setting che ci vede, di volta in volta, in contesti narrativi totalmente differenti, ha permesso agli sceneggiatori di realizzare delle brevi ma intense storie di guerra che meritano un plauso per la grande varietà di possibilità offerte. Dal guidare un carro armato durante un violento assalto alle trincee nemiche con il preciso ordine di non lasciare in vita nessuno al doversi librare nei cieli in tesissimi scontri aerei nei quali le pallottole volano in ogni direzione, fino al ritrovarsi addosso pesantissime armature di fortuna da dover utilizzare per sfondare le linee nemiche, ognuna delle storie offerte riesce a diversificare lo stile di gioco con improvvisi e riusciti cambi di gameplay che, pad o mouse alla mano, hanno un forte impatto sull’economia di gioco.
Durante le circa sei ore necessarie per riuscire a completare tutto ciò che il single-player dell’opera aveva da offrire, non mi è mai capitato di annoiarmi neanche per un secondo, provando anzi il forte desiderio di continuare a proseguire nell’avventura fantasticando sulle nuove introduzioni di gioco che mi sarebbero state offerte nella missione successiva.
In più di un’occasione, Battlefield 1 si concede poi degli intriganti cambi registici che ci portano a dover passare da un approccio classicamente caciarone che spinge alla pura e semplice distruzione indiscriminata ad un più attento stile di combattimento votato alla strategia, il tutto condito da sezioni di gameplay puramente stealth durante le quali sarà possibile superare i numerosi ostacoli che ci sbarrano la strada senza farci notare.
Tenendo in considerazione l’elevata varietà di situazioni messe in campo ed il divertimento che l’esperienza offline di Battlefield 1 riesce ad d’offrire, è quindi un vero peccato dover ammettere che la generale brevità dell’avventura in singolo abbia inevitabilmente finito con il minare in maniera non poco evidente la godibilità generale dell’esperienza.
La breve durata di tutte e sei le campagne, con la più lunga che si assesta all’incirca sull’oretta di gioco abbondante, non permette infatti ai personaggi di farsi conoscere sufficientemente per riuscire a conquistare il videogiocatore, con alcuni protagonisti in particolare che vanno e vengono senza neanche accorgersene.
La mancanza di colpi di scena davvero memorabili o, ancora, la totale assenza di background narrativi capaci di avvicinarci agli eventi narrati nelle diverse fasi della guerra, le quali finiscono ben presto per susseguirsi una dietro l’altra in rapida successione senza che il giocatore sia effettivamente in grado di capire cosa stia succedendo sul campo di battaglia, portano a far perdere inevitabilmente interesse nei confronti di quanto accade su schermo, un’evidente problematica di fondo in parte ancor più accentuata dalla riproposizione di una Prima Guerra Mondiale che però, a conti fatti, in più di un’occasione sembra quasi perdersi per strada, riproponendo situazioni che si sarebbero meglio omologate in un periodo storico più moderno.
Sia chiaro che, ovviamente, nessuno si aspettava la fedele riproposizione della Grande Guerra in ogni suo più piccolo aspetto, ma a tratti risulta davvero fin troppo difficile rammentare il periodo storico in cui si sta combattendo, tra esplosioni e proiettili che volano in ogni dove.
Chiaramente non parliamo di problematiche che rovinano in toto l’esperienza di gameplay ed anzi, tutte le diverse storie proposte si faranno giocare con gran piacere, offrendo sempre un alto tasso di spettacolarità e divertimento perfetto per chiunque volesse passare qualche ora nella più totale spensieratezza, ma è indubbio che una maggior attenzione nei confronti di alcuni specifici aspetti ed una longevità generale più accentuata avrebbero permesso al titolo di risaltare con ben più preponderanza in un periodo videoludico in cui bisogna pagare con gl’interessi anche il più piccolo degli errori.
Insomma, DICE ha indubbiamente fatto passi da gigante nella costruzione di componenti offline di valore, soprattutto ripensando ai disastri del passato che ancora oggi infestano i nostri peggiori incubi, ma purtroppo non si può comunque negare che di strada da fare ce ne sia ancora parecchia.
Se la componente single-player di Battlefield 1 si è rivelata essere un buon antipasto, è la modalità multiplayer del gioco a rappresentare, com’è ormai da prassi per questo brand, il vero piatto forte dell’esperienza targata DICE. Innanzitutto, la software house svedese ha voluto aggiungere due nuove ed interessanti modalità pensate per espandere i contenuti ludici offerti dall’opera, con “Operazioni” a voler fare la parte da leone.
Riprendendo il concetto alla base di Conquista, dove una squadra di difensori deve cercare di proteggere alcuni punti strategici della mappa dalla squadra d’attaccanti, la quale avrà un numero di rientri limitato prima della sconfitta, gli sviluppatori hanno voluto perfezionarne ed ampliarne la struttura di base per fare sentire al videogiocatore l’incredibile senso di un’avanzata disperata verso il nemico che, armato di tutto punto, non si fa problemi a scaricare infinite quantità di piombo sui malcapitati.
Di base, le partite continueranno a lanciare sul campo di battaglia fino ad un massimo di sessantaquattro giocatori che dovranno combattere per conquistarsi la vittoria, un settore da occupare alla volta, ma nel caso in cui gli attaccanti non dovessero riuscire nel loro intento, ciò non comporterà necessariamente il game-over. In totale, infatti, la battaglia potrà proseguire per altre tre ondate, durante le quali la squadra con il compito di ottenere il controllo della mappa avrà la possibilità di ritentare l’impresa, con il behemoth in particolare, veicolo dall’incredibile potenza di fuoco che si alternerà tra uno Zeppelin, un treno ed una corazzata, che piomberà implacabile sul campo di battaglia nelle fasi finali dello scontro, pronto a far massacri di tutte le forze nemiche. Nel caso in cui, alla fine, gli attaccanti dovessero aver la meglio, si passerà ad una nuova mappa, fino ad un massimo di tre, in cui bisognerà ripetere l’operazione, ma con meno rientri a disposizione.
Se a prima vista il tutto potrebbe dar l’idea di un forte sbilanciamento in sfavore dei difensori, bisogna precisare che la mappa di gioco sarà costella di postazioni fisse che quest’ultimi potranno utilizzare per rallentare o fermare del tutto l’avanzata avversaria. Ciò da vita a violenti e divertentissimi scontri dove bisogna strisciare nel fango per evitare di rimetterci le penne, lottando con i denti per riuscire a conquistare anche solo pochi metri di terreno, il tutto nel bel mezzo d’imponenti battaglie che spesso e volentieri superano la mezz’ora abbondante di durata, tra carri armati, aerei e cannoni che non si concedono neanche un secondo di respiro.
È innegabile che le migliorie pensate per ampliare la portata degli scontri siano ben più che riuscite, e ciò anche grazie alle enormi mappe in cui ci si dovrà affrontare, tutte ben diversificate e dal level design mai banale, con zone perfette per i cecchini ed altre pensate appositamente per gli scontri ravvicinati, le quali daranno vita a combattimenti dall’elevata versatilità in cui ogni giocatore potrà adottare il suo stile di gioco preferito senza sentirsi penalizzato in alcun modo.
La seconda modalità aggiuntiva che va a completare l’ampliamento del contenuto ludico messo in campo da DICE, denominata “Piccioni di Guerra”, rappresenta invece una sorta di rivisitazione del caro e vecchio “Conquista la bandiera” e vedrà le due squadre avversarie intente a dover cattura dei piccioni addestrati, risorsa preziosa ai tempi della Grande Guerra nelle situazioni critiche in cui si fosse rivelato necessario inviare messaggi alle truppe alleate, all’interno di mappe dalla media/piccola grandezza senza l’ausilio di alcun veicolo da combattimento.
Una volta che uno dei due team avrà trovato il volatile, questo dovrà recuperarlo, scrivere delle coordinate le quali richiederanno una quantità variabile di tempo a seconda che siate in movimento o meno e, infine, fargli spiccare il volo, con quest’ultimo che dovrà riuscire a fuggire dalla mappa. Se dopo aver fatto tutto questo, il piccione riuscirà a scappare, allora la vostra squadra otterrà un punto e dovrà ripetere la procedura per altre due volte; alla fine, il primo gruppo che arriva a tre punti vince la partita.
La modalità, per quanto semplice nei concetti base, riesce nel suo compito di creare partite tese e molto veloci dove la vittoria o la sconfitta sono sempre appese ad un filo decisamente flebile, con match nei quali il team in vantaggio non deve mai abbassare la guardia per non rischiare di farsi recuperare rapidamente, una gradita aggiunta che saprà intrattenere per numerose ore di gioco.
Per quanto riguarda le altre modalità disponibili, invece, la situazione non è cambiata di una virgola rispetto al passato, con le ben note Deathmatch a squadre, Dominio, Conquista e Corsa a completare il pacchetto. Per il suo apparato multiplayer, di fatto, DICE ha preferito non stravolgere più di tanto lo stile di gioco, limitandosi a limarne qualche aspetto lasciando però invariato tutto il resto.
Innanzitutto, alle quattro classi che tutti già conosciamo (Assalto, Medico, Supporto e Scout), se ne aggiungeranno altre due, ovvero il Pilota ed il Carrista, utilizzabili solo nel caso in cui decidessimo di respawnare direttamente all’interno di uno dei mezzi disponibili durante lo scontro.
A queste, bisogna poi aggiungere alcuni kit speciali che raramente si renderanno disponibili nel pieno di una partita, i quali ci permetteranno di utilizzare delle potenti e pericolose unità d’Elite equipaggiate di tutto punto e protette da spesse armature che, se usate con criterio, si dimostreranno perfette per sfondare le linee nemiche. Lascia invece non poco a desiderare la varietà di bocche da fuoco utilizzabili, le quali potranno essere sbloccate dopo aver raggiunto un certo livello pagandole però con valuta in-game ottenibile giocando in multiplayer, tutte piuttosto simili tra loro e, nella maggior parte dei casi, anche fin troppo inutili, se non per qualche rara eccezione. Risulta essere decisamente insufficiente anche la libertà di personalizzazione del proprio alter-ego digitale, con il giocatore che si ritroverà a poter andare a modificare solo la livrea della sua arma con quelle riscosse nei battlepack, ottenibili aumentando di livello o pagandoli con moneta sonante.
Anche in termini di varietà dei mezzi non siamo messi troppo bene, con solo tre tipologie di carro armato (leggero, medio e pesante), che tra le altre cose si ripetono per ognuno dei diversi schieramenti presenti sul campo di battaglia senza che ad essi venga applicata alcuna modifica, e tre diversi velivoli, con il bombardiere perfetto per attaccare le postazioni nemiche a terra, il caccia da combattimento pensato per gli scontri aerei e, infine, una sorta d’incrocio tra i due capace d’offrire una certa versatilità sia negli scontri a terra che in quelli tra le nuvole.
A tutti questi, si aggiunge infine il cavallo, nuovo ed interessante mezzo di trasporto che però non è stato sfruttato a dovere, di fatto fin troppo resistente ai colpi nemici e attualmente piuttosto legnoso da utilizzare. Oltre a ciò, il gioco presenta allo stato attuale una lunga serie di bug e glitch che, per quanto non capaci di rovinare l’esperienza di gioco, riescono comunque a dare parecchio fastidio.
A ciò bisogna poi aggiungere la presenza di respawn che, per quanto migliorati rispetto al passato, tendono a creare ancora parecchi problemi al videogiocatore di turno, il quale si ritroverà spesso e volentieri a tornare in vita nel bel mezzo di uno scontro a fuoco, di fatto diventando facile preda degli avversari. In tal senso, va anche segnalato un time-to-kill praticamente invariato rispetto a quanto visto in passato, una decisione non poco opinabile che, spesso e volentieri, rende gli scontri fin troppo caotici e confusionari. A chiudere il tutto ci pensano, infine, delle hitbox dei colpi ancora ben poco rifinite, con situazioni in cui lo scaricare interi caricatori sull’avversario non porterà ad alcun risultato.
Graficamente parlando, Battlefield 1 è una vera e propria gioia per gli occhi. Dopo l’ottimo lavoro svolto con Star Wars Battlefront, DICE è riuscita nel non facile compito di dimostrare, per l’ennesima volta, la sua abilità nell’utilizzare il potente motore grafico Frostbyte, con il quale la software house è riuscita a creare uno dei titoli tecnicamente più sontuosi mai visti prima d’ora. Spesso e volentieri si rimane estasiati mentre si osservano i numerosi paesaggi presenti, tutti perfettamente ricreati e capaci di regalare degli scorci che mozzano il fiato.
Tra texture di eccellente qualità, giochi di luci ed ombre eccezionali, effetti particellari magnifici, un sistema d’illuminazione e rifrazione delle superfici impeccabile, animazioni credibili, una resa del fumo al limite del fotorealismo ed un’attenzione generale per ogni più piccolo dettaglio al limite del maniacale, i ragazzi di DICE sono riusciti nuovamente a sorprendere ricreando un mondo di gioco sostanzialmente perfetto che, pur dovendo pagare il prezzo di qualche bug più o meno fastidioso, riesce ad immergere completamente il videogiocatore in ogni singola ambientazione proposta, dalle verdi e lussureggianti foreste vicino Cambrai al torrido deserto dunoso del Sinai.
Merita di essere menzionato anche l’ottimo lavoro svolto in fase d’ottimizzazione della versione PC del gioco, il quale ha mantenuto i 60 frame per secondo granitici anche nelle situazioni più movimentate, il tutto settando ogni singola impostazione grafica su “Ultra”. A chiudere il cerchio ci pensa l’impeccabile comparto audio che il titolo sfoggia con orgoglio, tra una colonna sonora orchestrale a dir poco perfetta che accompagna sapientemente il videogiocatore nel corso di ogni battaglia, riuscendo a catturare in pieno il pathos emotivo che ogni situazione dovrebbe restituire, una fedele ed attenta riproduzione dei suoni che ogni bocca da fuoco dovrebbe produrre ed un doppiaggio italiano di buona qualità.
Con Battlefield 1, i ragazzi di DICE sono finalmente riusciti a fare quel tanto atteso passo in avanti che i videogiocatori richiedevano ormai da troppi anni. La componente single-player risulta divertente da giocare ed offre una varietà in termini ludici non poco invidiabile, seppur una maggior longevità del tutto, in tal senso, non avrebbe sicuramente guastato, mentre il multiplayer, da sempre vero cavallo da battaglia del brand, continua a fare piccoli passi in avanti estremamente apprezzabili e capaci di stupire il giocatore, che alla fine dei conti si ritroverà incollato allo schermo desideroso di giocare partite su partite. In tal senso, è quindi un vero peccato che la varietà delle bocche da fuoco disponibili sia piuttosto risicata, così com’è davvero desolante doversi scontrare con un livello di personalizzazione generale del proprio alter-ego digitale fin troppo povero di possibilità. Sarebbe stata molto apprezzata anche una maggior attenzione ai respawn che, in fin troppe occasione, finiscono con il farci rinascere direttamente davanti al nemico. Un comparto tecnico semplicemente mostruoso, seppur afflitto da qualche bug di troppo, ed una colonna sonora da urlo, la quale va ad amalgamarsi perfettamente con il buon doppiaggio italiano di cui l’opera fa sfoggio, chiudono il cerchio su di un titolo semplicemente ottimo, seppur qualche mancanza o problematica di troppo non gli permetta di raggiungere la perfezione.