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Recensione

Always Sometimes Monsters – Recensione

Un simulatore di vita sui generis che affronta tematiche adulte e complesse. Non perdetevi la nostra analisi!

Always Sometimes Monsters è un approccio al genere GDR diverso dal solito. Ci troviamo di fronte ad un prodotto narrativamente molto complesso, che fa dell’introspezione psicologica e dello studio sociologico un punto chiave dell’intera struttura di gioco. La critica internazionale (possiamo tra l’altro dire, non senza un certo orgoglio, di essere tra i primi in Italia a trattare a fondo questo interessante titolo) ha iniziato a parlare di empathy games: un concetto che vedremo meglio in sede di recensione.

Trama profonda, gameplay povero

Il pezzo forte di Always Sometimes Monsters è indubbiamente la trama e l’intreccio narrativo che si sviluppa attorno al protagonista. Impersonificheremo uno scrittore/scrittrice molto promettente, scegliendolo in maniera piuttosto casuale, tra le tante scelte offerte. Il gameplay infatti è il più povero e realistico possibile, ed a parte la schermata di scelta del nome, non avremo mai l’impressione di scegliere a tavolino il nostro eroe, come nei giochi di ruolo classici. La caratterizzazione psicologica di ognuno degli scrittori selezionabili è variegatissima: passeremo dalla progressista femminista omosessuale al classico bellimbusto donnaiolo. Una volta scelto il protagonista sceglieremo anche il nostro compagno. Compagno però che all’inizio dell’avventura vera e propria ci avrà lasciato. Ci ritroveremo perciò soli, con un affitto di cinquecento dollari che non riusciremo a pagare, con un contratto per un romanzo oramai pericolosamente in ritardo e con il matrimonio della nostra anima gemella alle porte. Sarà proprio questo evento a dettare i tempi di gameplay: entro trenta giorni dovremo infatti raccogliere i molti soldi necessari per poter affrontare il viaggio, e magari cercare di raddrizzare la nostra triste esistenza. Purtroppo però, ad ostacolarci ci saranno le spese e gli imprevisti, nonché gli strani intrecci sociali che si andranno a creare con il proseguo della storia. Questi spesso inattesi e sempre differenti, dettati dalle situazioni eterogenee e dalle scelte compiute, mai uguali e capaci di cambiare radicalmente l’evoluzione della trama. Il prodotto dei Vagabond Dog – presenti in uno splendido cameo – è una forma di intrattenimento che fa dell’empatia il vero punto centrale.

Un nostro caro amico, pieno di problemi...

Empatia intesa come capacità di relazionarsi, modalità di scelta delle frequentazioni sociali e dei propri approcci con gli altri. Il gioco infatti ci lascerà sempre liberi di scegliere cosa dire e come comportarsi, cambiando radicalmente l’evoluzione degli eventi. Importante e spaventosa è la capacità di rapportare il giocatore con la realtà virtuale di questa sottospecie di simulatore di vita, nel quale non sono presenti mai elementi distanti dalla brutale semplicità delle misere esistenze delle persone vere. Il protagonista, afflitto da tonnellate di banali problemi, li affronta secondo le nostre decisioni, in maniera più o meno ipocrita, più o meno malvagia, interfacciandosi con argomenti importanti come l’omosessualità, la droga e la criminalità sempre a suo (o meglio nostro) modo. Se quindi dal lato della trama siamo rimasti stupiti per la complessità proposta e la grande libertà e rigiocabilità, un po’ meno si può dire del comparto gameplay e tecnico. Il gameplay consta dei tasti di movimento (il gioco supporta il pad) e di due altri: quello azione e quello esc. Possiamo subito immaginare come in realtà quasi tutto si basi sui dialoghi, sempre molto importanti, e su qualche minigioco davvere poco interessante, ed a volte fin troppo noioso. Migliore la gestione degli oggetti, che saranno moltissimi e variegati, e che seguiranno lo stesso trattamento visto per la narrazione: non esisteranno items necessari o fondamentali, ma ognuno di essi potrà rivelarsi utile o meno in un successivo momento. Purtroppo però l’impressione generale è di grande spaesamento, dovuto ad un comparto di gioco che non spicca mai il volo, e che a volte, a fronte di una grande trama, ci darà l’impressione che molti degli elementi negativi presenti nel titolo siano in realtà solo narrativi (avere una casa o dormire su un materasso all’aperto, poco cambiano poi per l’evoluzione della nostra avventura).

Tecnicamente non ci siamo

Nonostante ci si renda subito conto che il gioco sia sotto il punto di vista del profilo tecnico sicuramente semplice e poco coinvolgente, ci siamo sentiti di andare controcorrente, rispetto a molte testate straniere che hanno pubblicizzato ed eccessivamente enfatizzato il comparto narrativo, a discapito di un gameplay e di una realizzazione tecnica comunque poco soddisfacenti. Il gioco consta di una visuale dall’alto, rigorosamente 2D. Ci si potrà muovere lungo ogni direzione e la mappa di gioco è discretamente grande, ambientando l’intero prodotto in un quartiere, nel quale troveremo personaggi ed oggetti di ogni tipo. Nonostante ciò è indubbio che le skin e la riuscita visiva del titolo siano, se non scadenti, quanto meno poco entusiasmanti. Anche i disegni scelti per le chat testuali sono lontani dallo stile effettivo del gioco, rendendosi quindi spesso contrastanti e creando una certa confusione nel giocatore.

La ex del nostro amico, neanche lei ci scherza...

Esistono ovviamente altri esempi, migliori, di come usare software quali Game Maker, in maniera tale da rendere però il risultato finale più maturo e fruibile. Mancano difatti elementi di contorno più dettagliati, ed anche i colori e le atmosfere scelte sono spesso un po’ piatte e monotone. Il comparto audio poi, è un vero cazzotto nelle orecchie, con delle musiche fin troppo simili agli RPG in Flash che si possono trovare spesso in rete. Ritmi sincopati e poco attinenti alla storia, cambi di tempo e di strumenti a seconda delle zone di gioco quasi sempre poco azzeccati ed estranianti, temi musicali scialbi e fin troppo ripetitivi, che danno subito l’impressione di stare ascoltando un disco rottoTendenzialmente quindi il gioco, pur essendo validissimo, e pur offrendo una giocata particolare e sicuramente coinvolgente, manca di quella verve e di quel quid in più tecnico che avrebbe potuto renderlo un vero capolavoro. Bisogna sempre ricordare che il videogioco è videogioco, non romanzo a puntate, ed è necessario che venga implementato con delle dinamiche o delle accortezze tecniche che lo distinguano ed appassionino.

I pro

  • Grandissima trama
  • Centinaia di diverse strade percorribili
  • Elevata rigiocabilità

I Contro

  • Gameplay troppo semplice e guidato
  • Tecnicamente scialbo
  • Musiche orribili

Voto Globale 6.5

Always Sometimes Monsters è una grande storia interattiva. Stranamente coinvolgente, brutalmente vero nella sua analisi empatica dell'uomo e dei suoi problemi. Rappresenta un vertice assoluto nel campo della narrazione videoludica indipendente. Allo stesso tempo però offre a ben 10 euro un prodotto con scarse componenti tecniche, dimenticandosi a volte di essere un videogioco. La lingua esclusivamente inglese, con periodi tutt'altro che facili, rendono forse il prodotto ancora più ostico. Il voto rispecchia quindi il titolo nella sua generale appetibilità: se siete amanti del genere o dell'introspezione psicologica compratelo subito, altrimenti rifletteteci su. 

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