Fin dalla conquista del Nord da parte dell’impero a cui abbiamo potuto assistere quattro anni fa, tutti noi che abbiamo giocato a The Witcher 2 fremiamo per scoprire come lo strigo affronterà il terribile nemico nei Northern Kingdoms. O meglio, come noi, giocatori, decideremo di affrontare l’avanzata. Se a parole o sguainando da subito la spada, facendoci degli alleati tra la popolazione oppure dei nuovi nemici. Insomma, The Witcher 3 è un altro RPG in uscita quest’anno a promettere faville già da ora, l’uscita, fortunatamente, non è così lontana.
Noi abbiamo avuto il modo di giocarlo e non immaginate neanche quanto la build provata era già enorme, troppo poco tempo e troppa voglia di cercare di provare ogni aspetto del titolo. Di sviscerarlo in ogni sua meccanica, di scoprire quanto sono vaste le macro aree, di completare le missioni secondarie e via dicendo. Abbiamo avuto la classica reazione di quando ci si trova davanti un gioco di ruolo pieno di possibilità e di scelta libera sul da farsi.
Non era però questa l’occasione, avremmo voluto, ma per esplorare tranquillamente il mondo dello strigo dovremo aspettare la recensione. Vi parleremo allora della nostra esperienza generale soffermandoci su alcune delle quest che abbiamo affrontato nell’ora di tempo che avevamo a disposizione.
Se Geralt vuole davvero affrontare il male che attanaglia i Regni del Nord, deve dimostrare di avere ancora la forza e l’abilità nell’uso dei segni. Per questo Vesemir, vecchia conoscenza nonché figura paterna per il witcher, ci sfida al nostro primo duello. Questo momento, seppur funga da tutorial, ci ha fatto ricordare le parole di Damien Monnier, Senior Game Designer di The Witcher 3, riguardo il sistema di combattimento. Ha rivelato infatti di come il team abbia preso ispirazione da quello dei Souls essendo responsivo e veloce.
Nel nostro primo approccio infatti, il primo gioco che ci è venuto in mente non è stato il secondo capitolo di The Witcher, ma proprio i “Souls game”. In particolare, visto che lo stiamo giocando ora per la recensione, Bloodborne. Abbiamo trovato come l’approccio dell’ultimo titolo di From Software sia sostanzialmente lo stesso di The Witcher 3.
Prima regola: non sottostimare i tuoi nemici, mai. In The Witcher 3, come nei precedenti capitoli, il combattimento non è da prendere alla leggera. Bisogna ben ponderare non solo chi ci troveremo ad affrontare, ma anche il solo “sono in grado di affrontarli in questo momento?”. Mentre esploravamo una delle macro aree disponibili, ci siamo imbattuti in un branco di lupi. A testa bassa, pensando fosse un gioco da ragazzi, ci siamo tuffati nell’azione. Per questo, siamo quasi morti. Ancora una volta, ogni azione deve essere ponderata. Proprio come nei “Souls game” attaccare senza criterio premendo a ripetizione il tasto dell’attacco vuol dire morte certa. L’idea migliore è memorizzare i pattern del nemico e partire con l’offensiva nel esatto istante la sua animazione finisca.
Abbiamo prima citato Bloodborne perché anche qui si favorisce la schivata piuttosto che la parata, la quale comunque ci fa subire danni. Essendo un branco, abbiamo anche sfruttato Igni, il segno di fuoco, efficace quando ci troviamo ad affrontare più nemici insieme.
Proprio per il fatto di essere impegnativi, gli scontri regalano molta soddisfazione e funzionano nel mettere il giocatore in una situazione dove non può abbassare la guardia, ma deve rimanere concentrato e scegliere la strategia migliore secondo la situazione. Il tutto è dovuto anche dall’energia che, al solito, non si rigenera durante gli scontri, dovremo avere un tempismo perfetto per curarci. Punti vita che comunque vengono recuperati nel tempo e non immediatamente.
Ciò che ci auguriamo prima dell’uscita è che venga migliorata la mappatura dei comandi, non proprio comodissima quando ci si trova in uno scontro, soprattutto per quanto riguarda i segni. Oltre a questo, ciò che non ci ha dato vita facile, è il “lock on” dei nemici, “l’aggancio” che serve a tenere la telecamera puntata su un bersaglio non funziona adeguatamente, risultando macchinosa.
In molti si chiedono quanto sia “reale” l’open world di The Witcher 3, spesso chiacchierato sia dal suo annuncio. Chiariamolo: il mondo di gioco è diviso in macro aree, quindi non è una singola ambientazione, come per esempio quella di Skyrim, ma piuttosto il tutto ricorda Dragon Age: Inquisition. La mappa del mondo presenta le aree selezionabili ed esplorabili. Noi abbiamo seguito Vesemir a Bianco Frutteto, una zona verdeggiante fatta di lunghe distese d’erba e piccoli stagni.
Al centro un villaggio, dove ci dirigiamo per parlare con gli abitanti del posto. Chi ci racconta la loro storia e chi ci prega di trovare il piromane che gli ha bruciato la casa. Ad altri invece non va a genio la nostra presenza, minacciandoci di darcele di santa ragione. Da buon strigo, possiamo ragionare a parole, oppure menare le mani. Le scelte sono quindi quelle che conosciamo, possiamo rispondere in svariati modi, sfruttando anche i segni.
La bacheca degli incarichi è già piena di compiti da portare a termine, chi ci chiede di ritrovare una persona a lui cara, altri ci implorano di trovare un oggetto prezioso. Missioni classiche del genere, ma come detto in apertura non era l’occasione per provarle tutte approfonditamente per valutarne la qualità o la ripetitività. Ne abbiamo scelta una che ci ha incuriosito. “Il diavolo al pozzo”, così si chiamava la missione secondaria. L’unica fonte d’acqua del posto è proprio un pozzo poco distante dal villaggio, peccato che da tempo ormai i corpi privi di vita degli abitanti rendano questa imbevibile.
Uno spirito infesta la zona e miete vittime. Arrivati sul posto sfruttiamo i sensi dello strigo per investigare sull’accaduto. Un primo indizio lo troviamo su una carcassa poco distante. Si tratta sicuramente di un Wraith. Continuando ad investigare il nemico non si palesa, ma non torniamo a casa a mani vuote, bensì con un bracciale di chi, probabilmente, ha cercato di combatterlo. Lasciamo scoprire a voi come andrà a finire la faccenda una volta uscito il gioco, noi abbiamo continuato ad esplorare Bianco Frutteto.
Chiamiamo il nostro cavallo per spostarci rapidamente e in sicurezza. Troviamo quindi un uomo disteso a terra, mal ridotto. Ci racconta la sua disavventura: mentre con il suo carro stava consegnando delle merci al villaggio, è stato attaccato da delle bestie, ha perso il controllo ed è finito fuori strada. Ci chiede quindi di recuperare il suo prezioso carico. Usiamo i nostri sensi per trovare le tracce che ci indichino dove è avvenuto l’incidente, continuiamo a seguirle fino a quando non troviamo il carro distrutto in una palude poco più avanti. Riusciamo a salvare il salvabile, non prima di aver liberato la zona dalle creature marine che la popolano.
Questa è stata la nostra prima esperienza con The Witcher 3, ancora una volta, un gioco così immenso con così tanto da fare in poco tempo, avremmo altro da dire e da raccontare, ma troviamo più corretto sbilanciarci una volta che il titolo sarà disponibile. Ciò che possiamo dire ora è che il titolo di CD Projekt promette di essere uno dei più grandi RPG in uscita quest’anno.