Come ci si sente quando si perde tutto? Quando si viene strappati all’improvviso dal mondo? Con false promesse, per giunta. E quindi, a questo punto, com’è vivere rinchiusi in un ospedale psichiatrico? Quali gli effetti e quali i cambiamenti in una persona? The Town of Light ci sbatte in faccia, senza scrupoli o mezze misure, le risposte a queste domande facendocele vivere in prima persona.
The Town of Light è un progetto tutto italiano, dove l’Italia è anche la protagonista del gioco stesso grazie al manicomio di Volterra, in Toscana. Qui vi si svolgono le vicende che ci terranno impegnati per molto tempo.
L’esperienza creata dai ragazzi di LKA.it è tutta fa scoprire, per questo, vi racconterò il meno possibile della demo stampa provata in attesa della recensione, facendovi sì capire di cosa si tratta, ma senza andare troppo a fondo nella trama che si prospetta già ricca di sorprese.
Ci troviamo in una stanza, non sappiamo cosa stia succedendo, dei rumori, delle urla ci svegliano. È Renée, la protagonista, evidentemente intontita, sorpresa di ritrovarsi in una minuscola cella. Questo è evidentemente un ricordo, un flashback, di quando lei era stata rinchiusa all’ospedale.
Sono passati gli anni, ora ci troviamo all’esterno, in un giardino fatiscente con altalene e scivoli ormai arrugginiti. Ci incamminiamo fino a ritrovarci di fronte allo stesso ingresso dove una volta Renée venne trascinata con forza al suo interno. È il manicomio di Volterra, i suoi ricordi iniziano ad affiorare.
Ricorda Charlotte, la sua bambola, dobbiamo ritrovarla. Il posto è in rovina, decadente ormai, la vernice è stata sostituita con dei graffiti che ampliano la sensazione di degrado. Esploriamo le stanze dove venivano eseguite le operazioni ai pazienti: tra lobotomie e disarticolazioni. Seppur abbandonate e con i macchinari ormai non più funzionanti, le illustrazioni che descrivono i passaggi di queste rendono ancora inquietanti quelle mura e non fanno che farci immaginare le torture che avvenivano in quel posto.
Trovata Charlotte, scopriamo come Renée vide la bambola come una figlia, coccolandola e accudendola. Pur trattandola nel miglior modo possibile, “la mamma” temeva che essa potesse farle del male.
Una volta tra le nostre braccia, la protagonista, teme che Charlotte si possa ammalare a causa del freddo. Prendiamo una sedia a rotelle e la portiamo alla sala chirurgia dove le luci, una volta usate per le operazioni, sono ancora in funzione, ottime per tenere al caldo Charlotte.
Ora è tempo di raggiungere il luogo dove tutto ebbe inizio, la sala osservazione. Entriamo, è qui che la faccenda inizia a farsi inquietante. Il lungo corridoio che ci troviamo davanti sembra non finire mai, le porte delle stanze a fianco si chiudono al nostro passaggio. Un viaggio tra le mura dell’inferno che l’hanno tenuta imprigionata attraverso la sua mente ormai distorta.
Con un flashback scopriamo che essa era stata portata qui a soli sedici anni, promettendogli che l’avrebbero aiutata a risolvere i suoi problemi. Il vero motivo per cui sia stata portata all’ospedale psichiatrico di Volterra, è un mistero. Ciò che è sicuro è che Renée visse un vero e proprio incubo tra quelle mura. Come detto in apertura, non è corretto svelarvi cosa vi accadde, è meglio vi godiate lo stupore da soli.
Il gameplay è semplice, è quello “inventato” da Amnesia, il tutto però è più incentrato sull’esplorazione, all’obbedire quello che la testa di Renée ci comanda. Senza tutta la parte di sopravvivenza e fuga da creature che contraddistingueva il gioco del 2010. Anche se la prova è stata effettuata su una versione non definitiva, The Town of Light mi ha stuzzicato parecchio, sia per l’intrigato racconto sia per l’atmosfera che l’ospedale psichiatrico di Volterra è in grado di trasmettere. Il 26 febbraio è vicino, ancora un paio di giorni e scopriremo la verità sul passato di Renée.